SCHELER, Max
Filosofo, nato a Monaco di Baviera il 22 agosto 1874, morto a Francoforte il 19 maggio 1928. Proveniente dalla scuola di R. Eucken, divenne ben presto uno dei più indipendenti e produttivi collaboratori del gruppo fenomenologico, guidato da E. Husserl. Nel Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung di questo gruppo comparve anche il primo suo lavoro: Der Formalismus in der Ethik und die materiale Wertethik (1916). Un proseguimento di questa critica positiva all'etica formale di Kant è rappresentata dalle penetranti analisi del Wesen und Formen der Sympathie (1923 e 1926) e dai saggi contenuti nel vol. I degli scritti postumi: Zur Ethik und Erkenntnistheorie (1933), dei quali quelli sul pudore e sulla morte sono esempî caratteristici della sua capacità di analizzare esperienze sensibili. I suoi lavori non formano un sistema unitario, ma constano di frammenti e abbozzi ricchi di contenuto. Tutta la sua produzione è prevalentemente orientata verso i problemi della civiltà e si preoccupa della "ricostruzione culturale dell'Europa" (Krieg und Aufbau, 1916), sebbene l'ultima meta del suo pensiero fosse un'antropologia filosofica, della quale, nel 1928, comparve un riassunto: Die Stellung des Menschen im Kosmos. Questa tendenza a una nuova "Bestimmung des Menschen" derivava dalla intuizione dell'universale "Umsturz der Werte" (1915 e 1919) e dalla consapevolezza dei problemi dell'uomo moderno, come si sono presentati dopo il Nietzsche e il Dilthey. Lo Sch. cercò dapprima di risolverli mediante una "teologia naturale" (Vom Ewigen im Menschen, 1923) sulla base dell'agostinianesimo; dopo la guerra però si volse a un panenteismo acristiano.