BERTI, Mauro
Nacque a Bologna l'11 genn. 1772. Pittore decorativo e scenografo, si occupò anche di architettura e meccanica. Il padre Carlo, architetto, del quale non si hanno notizie - tranne quella che, in passato, il Comune gli aveva affidato lavori di responsabilità - fu il suo primo maestro, almeno da un punto di vista tecnico. Negli anni 1789-1796 frequentò i corsi dell'Accademia Clementina. Studiò prospettiva con M. Braccioli ed ebbe da V. Martinelli le prime nozioni di "paesaggio", necessarie al nuovo gusto scenografico che andava decisamente affermandosi.
Cominciò, giovanissimo, la sua attività presso D. Zanotti. Nel 1791, a diciannove anni soltanto, realizzò per il Teatro Formagliari (già Zagnoni) un "tempio pagano", che mostrava intenti chiari di rinnovamento rispetto al gusto corrente; risalgono a questo periodo le sue prestazioni scenografiche non più occasionali, ma regolari e continuate, per quel teatro. Nel 1796, in occasione della processione del Corpus Domini, ideò l'addobbo di via degli Orefici, servendosi della collaborazione patema per risolvere i più ardui problemi meccanici. Del 1802 è il progetto, peraltro non accettato, che il B. presentò per la ricostruzione del Teatro Formagliari che si era incendiato. La sua opera fu ripetutamente richiesta dal Teatro Comunale dove, valendosi spesso dell'aiuto di altri scenografi, curò l'allestimento di opere e di balli.
Tra le sue scenografie al Teatro Comunale si ricordano: Zenobia in Palmira di P. Anfossi (autunno 1792), Morte di Cleopatra di S. Nasolini (primavera 1797), Paolo e Virginia, ballo di G. Onorati (primavera 1797), L'assalto e resa di Mantova, ballo di G. De Rossi (estate 1799), Il sotterraneo e Ginevra degli Altnieri, balli di L. Pangieri (primavera 1803), Il Giulio Sabino, ballo eroico di R. Ronzi (autunno 1803), Giulietta e Romeo di G. Generali (autunno 1807); Il principe di Taranto (carnevale 1807) e La locanda dei vagabondi (carnevale 1809) di F. Paer, Traiano in Dacia e Artemisia di G. Nicolini (estate 1809), il Sargino e La Griselda, dramma serio di F. Paer (estate 1811), Tancredi di G. Rossini (estate 1814), La Pamela nubile, dramma in musica di vari maestri e altri balli (carnevale 1815-16), Olato e Tancredi di G. Rossini (carnevale 1816-17), Arminio di S. Pavesi (primavera 1821), La Cenerentola (autunno 1821) e, infine, La gazza ladra (carnevale 1822) di G. Rossini.
Sempre per il Comunale di Bologna progettò la "gran sala pe' veglioni" e, nel 1819, "modificò tutto l'arco della bocca d'opera e presentò ben otto pensieri… per fingere più alto che nel fatto il punto centrale della volta" (S. Muzzi, p. 12). Posteriore di poco è l'ideazione del partito decorativo della volta e delle pareti esterne dei palchi, eseguiti però da aiuti, nel nuovo teatro di Fossombrone architettato da A. Antaldi. Solamente nel 1836, succedendo al vecchio F. Santini, ottenne l'ambito onore della cattedra di prospettiva presso l'Accademia Clementina di Bologna. Fece testamento il 23 luglio 1840, lasciando intera la sua sostanza alla moglie Anna Sabbioni, e morì nella città natale il 31 genn. 1842.
L'attività del B., che si esplicò quasi esclusivamente nell'ambito ristretto di Bologna (di scarso rilievo sono le rare chiamate a Forlì, Modena, Ferrara), si pone, anche stilisticamente, sulla linea della più ortodossa tradizione scenografica bolognese. Per la sua educazione artistica, al di là dei discepolati presso il Braccioli, il Martinelli e lo Zanotti di cui ci parlano le fonti, egli attinse sostanzialmente all'opera dei Bibiena e di M. Tesi, ai cardini cioè della più solida cultura prospettica. Un certo gusto arcaicizzante, dovuto appunto a questa devozione palese per i grandi scenografi di più antica formazione, si avverte costantemente nell'opera del B., nonostante i propositi di rinnovamento che, sulla scia di A. Basoli, egli andava coscientemente attuando. Essi consistevano soprattutto in una maggiore "noncuranza" nell'uso dei colore e del chiaroscuro, che avrebbe consentito un'impaginazione più impressionistica della scena e accentuato il risalto luministico di alcuni dettagli. Una concezione, questa del B., decisamente pittorica e moderna, ma che egli non riuscì mai a realizzare liberamente, rimanendo sempre la sua scenografia saldamente strutturata, bibienesca nel fondo, e golo superficialmente intinta di un romanticismo poco convinto.
Alla sua scuola si formarono F. Cocchi, G. Badiali, G. B. Bassi e, più noto di tutti, D. Ferri.
Fonti e Bibl.: Bologna, Accad. di Belle Arti, Atti dell'Accademia Clementina, III, 1789, c. 342; IV, 1789, c. 8; 1795, cc. 258, 278, 280; 1796, c. 285; L. Ruggi, Raccolte ipiedite di cinquanta scene teatrali le più applaudite nei teatri italiani, Bologna s.d., passim; S. Muzzi, Notizie della vita e delle opere di M. B…,Bologna 1842; G. Giordani, Intorno al Gran Teatro del Comune e ad altri minori in Bologna…, Bologna 1855, pp. 33, 77 n. 68; L. Bignami, Cronologia di tutti gli spettacoli rappresentati nel gran teatro Comunale di Bologna…, Bologna 1880, pp. 19-50, Passim; C.Ricci, I teatri di Bologna nei secoli XVII e XVIII, Bologna 1888, p. 113; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, III, p. 496; Encicl. d. Spettacolo, II, coll.397 s. (con elenco di altre scenografie).