SACRIPANTI, Maurizio
SACRIPANTI, Maurizio. – Nacque a Roma, nel quartiere Prati, l’8 agosto 1916 da Giuseppe e da Olga Bartolani. Il padre, ingegnere, presentò nel 1896 un progetto di concessione di una tranvia elettrica da Porta San Giovanni all’Acqua Santa e pubblicò nel 1913 un piano di trasformazione di Valle Violata presso il lago di Albano in stabilimento balneare; nel 1920 aprì a Roma, in via Emanuele Filiberto n. 138, una fabbrica di ceramiche, apprezzata alla Settimana dell’industria nazionale di Torino per la «ricca e bellissima esposizione di prodotti di maioliche e di terre cotte patinate» di varie fogge, «dalle classiche alle più moderne» (G. M., 1920, p. 176).
Presto orfano del padre, Maurizio fu nel convitto nazionale fino a sedici anni (memoria autobiografica in Pisani, 1987, p. 148). Già apprendista orafo, diplomato al liceo artistico si iscrisse nel 1936 alla facoltà di architettura; frequentò la scuola libera del nudo di via Ripetta e studi di architetti, collaborando dopo la metà del decennio con Mario De Renzi per anni, nonché con Mario Ridolfi, Pierluigi Nervi «ed altri» (p. 148).
Laureatosi nel 1941 e iscrittosi all’Ordine nel 1945, fu assistente al corso di elementi di architettura e rilievo di De Renzi alla facoltà di architettura di Roma. Ottenuto nel 1946 il primo premio ex aequo al concorso per la sistemazione dell’ex piazza d’Armi a Perugia, nel 1947 progettò con Ciro Cicconcelli (collaborazione durata sino al 1949) una schiera di casette prefabbricate per il quartiere sperimentale milanese QT8, realizzate nel 1948 essendo commissario straordinario per l’VIII Triennale Piero Bottoni. Nel 1949 aprì a Trastevere uno studio in via degli Orti d’Alibert. Partecipò al concorso internazionale per il Palazzo di giustizia di Beirut e all’elaborazione di soluzioni tipologiche per l’INA-Casa col direttore dell’ufficio progetti, Adalberto Libera, entrando quindi nelle «commissioni di esami progetti dello stesso Ente», per il quale, invitato da Rocco Scotellaro, disegnò un complesso di case per Tricarico (p. 149). Nacque allora l’amicizia con il pittore Mario Mafai; e l’incontro con l’architetto Venturino Ventura gli rivelò un «maestro» (p. 149). Un soggiorno a Parigi fra il 1949 e il 1950 stimolò la visione integrale di architetto e artista. Ne è espressione il saggio del 1953 sulla storia del disegno, inteso quale atto intrinseco «al processo di definizione dell’idea compositiva» (Purini, 2011, p. 33).
Fra gli irrealizzati progetti concorsuali dei decenni seguenti, la «piastra scavata» per l’auditorium di S. Cecilia al Borghetto Flaminio (1950) offrì «suoli artificiali a più livelli»; per l’ospedale di Empoli (1954-55, 1° premio) un’assoluta serialità unificò le gropiusiane ramificazioni ortogonali di bracci; la dilatata sinusoide del ponte olimpico per Tor di Quinto (1958) – il ponte fu un metamorfico leitmotiv nella «poetica» sacripantiana – propose di superare l’archetipa simmetria; un combinatorio concretismo astratto informò le tipologie residenziali per il concorso CECA (1959, 1° premio), teso a «distruggere l’idea della facciata», reintegrata nel tessuto connettivo «dell’organismo» progettato (Maurizio Sacripanti sulla linguistica..., 1974, pp. 531 s.).
Nel 1960, avuta la libera docenza in elementi di architettura e rilievo, che insegnò alla Sapienza di Roma dal 1963-64 nella riorganizzata facoltà di architettura, Sacripanti trasferì lo studio a piazza del Popolo, dove rimase sino al 1995: luogo di incontri collaborativi con artisti quali, oltre a Mafai, lo scultore Umberto Mastroianni, i pittori Giuseppe Capogrossi, Giulio Turcato e i giovani Achille Perilli e Gastone Novelli, con scrittori, intellettuali e critici come Luca Canali, Renato Pedio, Bruno Zevi e Gillo Dorfles; al bar Rosati proseguivano confronti su temi artistici, fra esiti neoespressionisti della scuola romana e astrattismo: fra gli altri, con Sante Monachesi, Renato Marino Mazzacurati, Nino Franchina, Pietro Consagra, Pietro Cascella, Antonio Corpora.
Il 1961 vide l’exploit dell’architetto-artista al concorso per il grattacielo Peugeot a Buenos Aires (menzione d’onore; con Fabrizio Frigerio, Mafai, Romeo Nigro, Luciano Tombini).
Divulgato dalla pubblicistica, colpì l’ipertecnologismo del «quartiere in verticale» che mutava la consueta «scatola uniforme [...] in una molteplicità di blocchi sospesi» variamente aggettanti, integrati al «dispositivo pubblicitario» (Zevi, 1962). Esordiva «il più importante contributo italiano alla stagione dell’Utopismo mondiale degli anni Sessanta» (Purini, 2011, pp. 36 s.) con la prima di una serie di visionarie proposte, ambiguamente dotate della «forte concretezza» (pp. 36 s.) «d’una poesia realizzabile» (Giancotti - Pedio, 2000, p. 6).
Se per un voto non vinse l’innovativo spazio per il teatro lirico di Cagliari (1964-65, 2° premio; con Andrea Nonis, Giovanni Pellegrineschi, Giulio Perucchini, Franco Purini, Achille Perilli), struttura modulare polivalente trasformabile «per comandi elettrici», e se «brillante e geniale» fu nel 1967 per Zevi (1970, p. 476) la proposta di «grappoli» di uffici su pilotis per la Camera dei deputati a Montecitorio (ma per Manfredo Tafuri, 1986, p. 121, la «poetica dell’aleatorio» vi consumava un’«orgia di spazi esplosi»), il progetto per il padiglione italiano dell’Esposizione internazionale del 1970 di Osaka (1968; con Nonis, Maurizio Decina, Perucchini, Antonio Latini, Perilli, Renato Pedio, Giancarlo Leoncilli), enigma meccanomorfo non abbastanza apprezzato dalla giuria (composta da Franco Albini, Giulio Carlo Argan e Luigi Moretti), parve a Tafuri un emblematico ritratto «dell’angoscia contemporanea»: una junk sculpture (p. 121), sebbene il congegno costruttivista sostituisse «il movimento all’immagine, la fruizione ininterrotta alla contemplazione» (Pedio, 1969).
Le occasioni espositive (prima Triennale itinerante d’architettura italiana contemporanea, Firenze 1965; personale alla galleria Marlborough, Roma, 1969: cinque progetti ripresentati nel 1970 a Mosca; mostra Immagine per la città, Genova 1972), la prestigiosa acquisizione dei disegni per il teatro di Cagliari da parte del MoMA (Museum of Modern Art) di New York nel 1967, la monografia del 1967 dell’Istituto di architettura di Venezia e quella bilingue «straordinariamente d’avanguardia» del 1973 dello stesso Sacripanti (Maurizio Sacripanti maestro..., 1998, p. 203), contribuirono a fare della sua «poetica» una fonte d’ispirazione per i gruppi radicali delle neoavanguardie, che apprezzarono l’interdisciplinare sintesi di high tech e arte.
Un progetto come quello del quartiere operaio Cynthia per l’Italsider di Bagnoli (1964; con Nonis, Giovanni Lo Jacono, F. Medin, Antonio Martinelli) mediò fra arte concreta e informale; l’idea concorsuale per l’ospedale psichiatrico di Bergamo (1970; con Nonis, Perucchini, Latini, Leoncilli) fissò i padiglioni nel sito quadro come microchip su un circuito stampato. Suggestionò soprattutto l’ultramoderna proiezione megastrutturale: dai corruschi hardware dei ricordati progetti argentino e giapponese alla struttura diafana reticolare dell’ospedale per silicotici di Domodossola (1966). In tema d’architettura sacra, il centro parrocchiale ideato per Partanna (Trapani, 1972) armonizzò la matrice quadra partita in croce e il suo combinatorio sviluppo compositivo, mentre instaurò un più diretto colloquio con il contesto l’analogo progetto concorsuale romano per Tor Tre Teste (1994; con Carlo Serafini e Marco Menegotto), di antica umiltà conventuale. Estesi organismi d’articolata compattezza furono studiati per il concorso di un complesso educativo a Montebello (Perugia, 1976, 2° premio) e per l’incarico del Comune di Roma per un Museo della scienza in via Giulia (1982-83): idea di «palcoscenico dell’universo» che fu giudicata aliena dallo storico contesto romano. Affrontò la cruciale «simbiosi tra passato e futuro» il progetto del concorso del 1968 per un nuovo museo nell’area del convento degli Eremitani a Padova (1° premio; con Nonis, Pellegrineschi, Perucchini), rivoluzionando le convenzioni museografiche con «una grata di ponti [...] sorretti uno dall’altro», per «oggetti da esporre come nuclei sospesi nel vuoto» (Il nuovo museo..., 1968).
Suggestive formulazioni di «poetica» meta-architettonica prendono corpo nella scuola media di Sant’Arcangelo di Romagna (1977; con Perucchini), nella piazza e parcheggio antistante al complesso di S. Domenico a Forlì (1980), per il quale fu vinto il concorso di rifunzionalizzazione come teatro comunale (1978), e nel «museo-ponte» realizzato sul fiume Giona a Maccagno (Varese, 1979-98; con Giuseppe Noris; premio In-Arch 1991-92).
Corrispondente dell’Accademia Clementina di Bologna dal 1958, accademico aggregato dal 1967 e corrispondente dal 1992 dell’Accademia delle arti del disegno di Firenze, nel 1979 Sacripanti fu aggregato all’Accademia nazionale di S. Luca. Sposata il 6 agosto 1951 Mirella Putti, ebbero quattro figli: Paolo, Marco, Francesca e Andrea. Scomparso tragicamente nel 1976 Paolo, pittore, l’architetto ne aggiunse il nome al suo.
Morì il 25 settembre 1996, mentre lavorava (con Alfonso Giancotti, Emanuela Guerrucci, Serafini) a un’alternativa «proposta per un nuovo Auditorium a Roma, in polemica risposta alle scelte dell’Amministrazione comunale» (Giancotti, 1998, p. 203).
Scritti. L’evoluzione dell’organismo teatrale, in Rassegna critica di architettura, III (1950), 13, pp. 3-16; Il disegno puro e il disegno nell’architettura, Roma 1953; La Villa Borghese in Roma, Roma 1953; Appunti per una struttura urbana, in Domus, 1966, n. 437, pp. 12 s.; Il mausoleo di S. Costanza in Roma, in L’architettura. Cronache e storia, XI (1966), 125, pp. 750-757; Un geroglifico spazio-temporale, in Lineastruttura, I (1966), p. 43; Introduzione, in Sacripanti architettura, a cura di M. Garimberti - G. Susani, Venezia 1967, p. 8; Il nuovo museo di Padova, in Domus, 1968, n. 467, pp. 5-12; Il Totalteatro. Proposta di ambiente plasmabile, polivalente, trasformabile attraverso il movimento (per comando elettrico) degli elementi mobili della platea e del soffitto, in I problemi di Ulisse, X (1969), 65, n. monografico: Il teatro e il suo domani, pp. 32-34; Per Osaka. L’idea di uno spazio in movimento, uno spazio pulsante, in Domus, 1969, n. 473, pp. 1-8; Città di frontiera, in L’architettura. Cronache e storia, XVII (1971), 187, pp. 56-59; Discorso sull’architettura, in L. Savioli - D. Santi, Problemi di architettura contemporanea. L’architettura delle gallerie d’arte moderna. Con interventi di G.C. Argan..., a cura di A. Breschi - N. Avvi, Firenze 1972, pp. 56 s.; Città di frontiera-Frontier City, Roma 1973; M. S. sulla linguistica architettonica, in L’architettura. Cronache e storia, XX (1974), 230, pp. 531-533; Restauro, museo e sala mostre nella Calcografia nazionale di Roma, dello Studio Labirinto, in L’architettura. Cronache e storia, XXII (1976), 247, pp. 24-30; Commenti al «Post-Modern», ibid., XXVI (1980), 301, p. 610; Deus ex machina, in Technology review, 16 (1989), pp. 42-45; Peccata Mundi, a cura di L. Canali, Poggibonsi 1989; Museo civico di Maccagno, Varese, in L’industria delle costruzioni, 2001, n. 353, pp. 4-15; Le immagini verranno. Antologia di scritti di Maurizio Sacripanti, a cura di A. Giancotti, Roma 2015.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio del Moderno e del Contemporaneo dell’Accademia di S. Luca, Fondo Maurizio Sacripanti (http://www.fondosacripanti.org).
G. M., Le industrie romane, IV, L’arte delle ceramiche, in Bollettino dell’ufficio municipale del lavoro di Roma, III (1920), 6, pp. 173-176; Metron, IV (1948), 26-27, n. monografico: Il Quartiere sperimentale modello QT8 della Triennale di Milano, a cura di P. Bottoni, pp. 13-73 (in partic. pp. 28 s., Case a schiera a sei letti); M. Mafai, Ospedale di S. Giuseppe ad Empoli, architetto M. S., in L’architettura. Cronache e storia, II (1956), 13, pp. 502-506; B. Zevi, Grattacielo Peugeot a Buenos Aires: vince un fusto pavido e inespressivo, in L’Espresso, 12 agosto 1962; G. Chiari, Il grattacielo Peugeot, in L’architettura. Cronache e storia, VIII (1963), 87, pp. 602-607; Concorso nazionale per il teatro comunale di Cagliari, ibid., XII (1966), 123, pp. 582-591; S. architettura, a cura di M. Garimberti - G. Susani, Venezia 1967; R. Pedio, S. per Osaka: eppur si muove, in L’architettura. Cronache e storia, XV (1969), 163, pp. 53-55; B. Zevi, Cronache di architettura, VI, Dalla scomparsa di Le Corbusier all’habitat di Montreal, Roma-Bari 1970, pp. 76-79, 468-479, 496-499 (nn. 598, 686, 691); Architektur als Zeichensystem, a cura di A. Carlini - B. Schneider, Tübingen 1971, pp. 136-149; P. Lanzara, S.: «Penso a un palcoscenico dell’Universo», in Il Corriere della sera, 3 novembre 1983; M. Tafuri, Storia dell’architettura italiana 1944-1985, Torino 1986, pp. 116, 119, 121, 198; S.: Mafai ed altre storie, in M. Pisani, Dove va l’architettura. Interviste a Bohigas, Fuksas, Gabetti e Isola, Gregotti, Natalini, Pagliara, Portoghesi, Rossi, Sacripanti, Ungers, Roma 1987, pp. 145-156; R. Pedio, Maccagno, Varese: Museo-ponte. Architetto Maurizio Paolo Sacripanti, in L’architettura. Cronache e storia, XXXVII (1991), 432, pp. 778-791; M. S. maestro di architettura (catal.), a cura di A. Giancotti et al., Roma 1997; M. S. maestro di architettura 1916-1996, a cura di M.L. Neri - L. Thermes con A. Giancotti - C. Serafini, in Bollettino della biblioteca della facoltà di architettura dell’Università degli studi di Roma «La Sapienza», 1998, n. 58-59, pp. 7-206; A. Giancotti, Biografia, ibid., pp. 201-204; Id. - R. Pedio, M. S. Altrove, Torino 2000; F. Purini, M. S. e il disegno di architettura, in Architettura disegno modello. Verso un archivio digitale dell’opera dei maestri del XX secolo, a cura di P. Albisinni - L. De Carlo, Roma 2011, pp. 33-44; M. S. Expo Osaka ’70 (catal.), Roma 2016.