SACCHI, Maurizio
– Nacque a Sampierdarena, in provincia di Genova, il 9 novembre del 1864, figlio di Achille e di Elena Casati.
All’età di due anni si trasferì con la famiglia a Mantova, città natale del padre. Achille infatti, patriota, medico e membro dell’Accademia nazionale virgiliana, aveva assunto la direzione dell’ospedale civile locale, dove lavorò a lungo sulla malattia della pellagra, che si propagava fra i contadini mantovani a causa di un’alimentazione monopolizzata dal granoturco, e su cure più umane ed efficaci per i malati di mente (Rinaldi, 1927, p. 96).
Sacchi compì a Mantova i propri studi, fino alla fine del liceo. Si iscrisse in seguito alla facoltà di scienze fisiche naturali dell’Università di Pavia, dove seguì i corsi, tra gli altri, di Torquato Taramelli, Pietro Pavesi e Felice Casorati.
Nel Fondo Sacchi, presso il Museo Galileo - Istituto e Museo di storia della scienza di Firenze, sono conservati gli appunti manoscritti di Sacchi relativi alle lezioni di matematica tenute da Felice Casorati all’Università di Pavia nel 1886: Appunti sulle funzioni, Delle equazioni differenziali, Delle funzioni algebriche e trascendenti, Calcolo infinitesimale. Si tratta di testi manoscritti molto documentati e precisi, quasi sempre datati (se si eccettuano alcune pagine all’interno del primo e del terzo documento citato), che ben mostrano da una parte la chiarezza espositiva del docente e dall’altra la capacità analitica e di apprendimento del giovane studente.
Sacchi si laureò in fisica all’Università di Pavia e divenne in seguito assistente di Antonio Roiti presso la cattedra di fisica dell’Istituto superiore di Firenze. Nel 1891 vinse il concorso come assistente presso l’Ufficio centrale di meteorologia e geodinamica a Roma e si trasferì quindi nella capitale. La passione per i viaggi e le spedizioni in Africa orientale lo portarono a iscriversi, nel 1892, alla Società geografica italiana, su proposta dei senatori Stanislao Cannizzaro, patriota, politico e celebre chimico italiano, e Giacomo Doria, botanico e presidente della Società geografica dal 1891 al 1900. Sacchi pubblicò a Roma nel 1893 uno studio meteorologico che ebbe una certa risonanza negli ambienti scientifici: Una legge sulla distribuzione della grandine. Si tratta dell’unico volume scientifico di argomento meteorologico pubblicato direttamente dall’autore.
Fra i membri della Società geografica italiana si dibatteva animatamente sulle spedizioni italiane nel Corno d’Africa, in particolar modo sulla prima spedizione di Vittorio Bottego (Viaggi di scoperta nel cuore dell’Africa: il Giuba esplorato, sotto gli auspici della Società geografica italiana, Torino 1895) e su quella di Antonio Cecchi poi descritta nel libro Da Zeila alle frontiere del Caffa (Roma 1885-1887), che avevano avuto una certa risonanza in tali ambienti. Uno degli aspetti che più incuriosiva esploratori, geografi e semplici appassionati era rappresentato dall’esito del percorso del fiume Omo, già in parte esplorato da Bottego e Cecchi e sulla cui conformazione gli esperti erano ancora incerti: vi era chi ne ipotizzava la foce nell’Oceano Indiano, chi lo considerava un affluente del Nilo oppure chi pensava che affluisse in seguito in bacini interni. Su tale argomento Sacchi pubblicò uno studio nel 1894, all’interno del Bollettino della Società geografica italiana (XXV (1894), 6, pp. 1-9) dal titolo I fiumi Omo e Baro secondo una carta abissina.
Nell’articolo Sacchi scrisse come, «malgrado i gravi errori che si riscontrano nelle distanze sulla Carta abissina», operando un confronto con altre carte italiane ed europee «si ha quindi un motivo valido per ritenere la carta abissina buona» (p. 5), anche per i settori non ancora esplorati dalle spedizioni italiane. La novità della carta abissina, rispetto a quella disegnata da Cecchi, riguardava in particolare la parte meridionale del percorso del fiume Omo: mentre per Cecchi il fiume descriverebbe una grande curva prima verso sud e poi verso sud-est, secondo il geografo abissino autore della carta l’Omo proseguirebbe invece verso ponente. Il fiume quindi sarebbe sfociato in un lago, come in parte si pensava già all’epoca, facendolo terminare nelle acque del lago Rodolfo (oggi lago Turkana), e non nel bacino del Nilo. La carta abissina del fiume Omo presentava altresì diversi elementi in comune con i dati tratti dalle spedizioni di Cecchi del 1885, di Bottego del 1891 e di Eugenio Ruspoli del 1893, e con le affermazioni ricorrenti di Menelik II, anche se quest’ultimo lo presentò più volte come un diretto affluente del Nilo. Ruspoli, che a Bardera nel 1893 concluse una convenzione confermando il protettorato italiano nella regione del Giuba, pubblicò all’interno del Bollettino della Società geografica italiana nello stesso anno, sotto forma di lettere, delle preziose informazioni e una carta sul corso del fiume Omo che si sarebbero rivelate decisive per gli studi di Sacchi (La spedizione Ruspoli. Lettere, in Bollettino della Società geografica italiana, X (1893), pp. 688-708).
La disamina attenta e le intuizioni a partire dalle informazioni tratte da Ruspoli risultarono una delle ragioni per le quali Sacchi fu chiamato a dirigere le osservazioni geografiche e naturalistiche, con un’attenzione specifica al campo meteorologico, all’interno della seconda spedizione Bottego nel bacino dell’Omo, che ebbe inizio nel 1895 e venne interamente finanziata dalla Società geografica italiana. Oltre a Bottego e Sacchi, la spedizione contava il sottotenente di vascello Lamberto Vannutelli e il sottotenente di fanteria, nipote di Bottego, Carlo Citerni, che pubblicarono in seguito, morto nell’impresa anche Bottego, il resoconto della spedizione (Citerni - Vannutelli, 1899).
Iniziata nell’estate del 1895, la spedizione ebbe come obiettivi principali l’esplorazione del corso orientale del fiume Omo per comprendere con esattezza attraverso quale percorso giungesse infine nel suo bacino del lago Rodolfo, non diversamente da quanto previsto da Sacchi nel 1894, e l’esplorazione di alcune regioni fino ad allora sconosciute delle attuali Somalia ed Etiopia, nonché la campionatura della foce dell’Omo nel lago Rodolfo. La spedizione intendeva inoltre soddisfare interessi di tipo economico, strategico e commerciale, concernenti in particolare la località di Lugh, dove vi era l’intento di fondare una stazione commerciale.
Nell’ottobre del 1895, considerando di aver raggiunto i propri obiettivi principali, la spedizione si divise. Sacchi prese dunque la guida di una parte del gruppo che per prima avrebbe intrapreso la via del ritorno, portando con sé i reperti raccolti fino a quel momento (collezioni geologiche e mineralogiche affidategli da Bottego) in vista di analisi tecniche successive. Il 7 febbraio 1897 fu però ucciso in uno scontro con le popolazioni locali nei pressi del lago Margherita, scoperto durante l’esplorazione e così chiamato in onore della Regina d’Italia.
Secondo quanto raccontano Paolo Giudici (Giudici, 1935, p. 34) e i compagni di spedizione Citerni e Vannutelli (Citerni - Vannutelli, 1899, p. 69), Sacchi dal 5 al 6 ottobre si era spinto, proprio in compagnia di Citerni, fino a Cherre per acquistare un ingente carico di avorio. Fu proprio mentre era intento al recupero di alcune zanne d’elefante lasciate in deposito presso una tribù amica che i predoni Amara lo assalirono e lo uccisero. A Mantova lo attendeva la fidanzata Pia, con la quale aveva già programmato il matrimonio. In onore della celebre spedizione, durante la colonizzazione italiana, il fiume venne ribattezzato Omo Bottego.
L’imperatore d’Etiopia Menelik II riconsegnò alcuni mesi dopo, verso la fine del 1897, alla Società geografica italiana parte del diario di viaggio di Sacchi, scritto quasi quotidianamente, insieme alle collezioni zoologiche e mineralogiche che gli erano state affidate da Bottego e che furono oggetto di studio negli anni immediatamente successivi (De Angelis d’Ossat, 1900). A Sacchi vennero in seguito intitolati, nella città di Mantova, il ricreatorio civile con sede nell’attuale palazzo Soardi, la via adesso denominata Isabella d’Este e una scuola media inferiore.
Fonti e Bibl.: Altre notizie sul ruolo di Sacchi nella seconda spedizione Bottego si trovano in C. Citerni - L. Vannutelli, Conferenza sulla seconda spedizione Bòttego nell’Africa Orientale, con una breve introduzione di G. Roncagli, in Bollettino della Società geografica italiana, VIII (1898), pp. 199-223; è però soprattutto con l’opera successiva che Citerni e Vannutelli fanno luce su quanto accaduto a Sacchi in Africa: C. Citerni - L. Vannutelli, L’Omo: viaggio di esplorazione nell’Africa orientale, Milano 1899. Fondamentale per comprendere i materiali raccolti da Sacchi è il volume di G. De Angelis d’Ossat, Studio geologico sul materiale raccolto da M. S. nella seconda spedizione Bottego, Roma 1900. Meno utile dal punto di vista scientifico, ma importante per alcuni aneddoti relativi alla vita familiare, risulta L. Marson, Commemorazione dell’esploratore africano dr. M. S. nel V° anniversario della sua morte, Mantova 1902. Al padre di Sacchi, con brevi accenni all’infanzia del figlio, è dedicato il testo di E. Rinaldi, Achille Sacchi, il medico che si batte (1827-1890), Modena 1927. Il testo più completo sull’attività di esplorazione di Sacchi rimane quello di P. Giudici, M. S. e la seconda spedizione Bottego, Pavia 1935. Sporadici accenni su Sacchi sono contenuti anche in G. Narducci, Diario inedito di Vannutelli e Citerni sulla seconda spedizione Bottego, in Rivista delle colonie, XVII (1943), pp. 123-126.