QUADRIO, Maurizio
QUADRIO, Maurizio. – Nacque a Chiavenna il 6 settembre 1800 da Carlo e da Angelica Pestalozzi, terzo di sette figli.
Il padre era uno stimato medico e ricoprì anche cariche amministrative, dapprima a Chiavenna e poi nel borgo avito di Chiuro.
Quadrio rimase orfano di madre nel 1814. Fin dall’adolescenza volitivo e «facilmente ribelle a tutto ciò che crede[va] oppressione» (Pelosi, 1920, I, p. 25), fuggì più volte dai diversi istituti cui fu affidato; l’ultima nel 1817, ritornando al capezzale del padre morente. Dall’anno accademico 1819-20, frequentò la facoltà giuridica dell’Università di Pavia, alunno del collegio Ghislieri: in questo ambiente ricco di fermento ideale, si sviluppò in lui la passione liberale e patriottica. Forse affiliato alla società dei Federati, subì un primo arresto nel 1820; nel marzo del 1821, varcato il Ticino, si arruolò volontario nel battaglione studentesco Minerva. Partecipò quindi alla drammatica ritirata verso la Liguria, da dove ebbe inizio il suo lungo esilio.
Raggiunta la Spagna per servirvi il governo costituzionale, dopo mesi di peregrinazioni, malato e privo di mezzi, fece faticosamente ritorno in patria, sfuggendo anche a un tentativo di arresto austriaco in Svizzera. Ricercato e sottoposto al sequestro dei beni, emigrò in Russia: per diversi anni, si impiegò come precettore presso distinte famiglie di Pietroburgo e poi di Odessa. I contorni della vicenda sono quasi leggendari, ma è certo che fra il 1830 e il 1831 partecipò alla rivolta antizarista in Polonia. Nel 1834, infine, rimpatriò volontariamente; processato e condannato a morte per alto tradimento, ottenne la commutazione della pena in sei mesi di carcere, scontati i quali tornò a Chiuro. Sottoposto a vigilanza fino al 1838, si dedicò all’amministrazione locale, al commercio e poi a un impiego sul piroscafo Lombardo, viaggiando tra la Francia, le coste tirreniche e l’Adriatico.
Nel 1848 Quadrio fu nominato commissario in Valtellina per il governo provvisorio di Milano e si espresse, seppur riluttante, in favore dell’unione con il Regno di Sardegna. «Credetti più ai cannoni che ai principii» (Di Porto, 1975, p. 133), si sarebbe in seguito rammaricato: la successiva disillusione rappresentò quindi un punto di non ritorno nella scelta repubblicana. Mentre l’esercito sardo si ritirava, fu tra coloro che cercarono di proseguire la difesa dei passi alpini con truppe volontarie, ma la repubblica proclamata in valle si dissolse in pochi giorni. Ripresa la via dell’esilio, a Lugano incontrò Giuseppe Mazzini, con il quale da allora coltivò un’amicizia e una collaborazione destinate a durare tutta la vita.
«Benché egli di alcuni anni più giovane di me», ricordò nel 1872, «io ho amato e venerato quel Santo come padre e maestro mio» (Epistolario, I, 1876, p. 10). La stima era peraltro ricambiata: «ottimo amico mio, ha dato pegno di sacrifici alla causa Nazionale per tutta quanta la vita, e merita affetto e stima [...] per doti di mente e di core» (G. Luseroni, Mazzini e i democratici nel Quarantotto lombardo, Roma 2007, p. 313), scrisse di lui Mazzini già nel 1848.
Dopo l’infruttuoso tentativo di riaccendere la lotta in Val d’Intelvi, Quadrio approdò dapprima in Toscana, dove collaborò con il governo provvisorio, quindi a Roma: servì la Repubblica in qualità di segretario di Mazzini, lavorando e vivendo fianco a fianco con questi e con Aurelio Saffi. In seguito alla vittoria della controrivoluzione, fuggì in Svizzera, per poi unirsi nel 1851 alla colonia mazziniana di Londra: per guadagnare «un povero lunario attraversato spesso da ore di fame», fu «coscienzioso ed esigente quanto gentile precettore» (Scritti politici..., 1998, p. 215) dei ragazzi della famiglia di Moses Meyer Nathan, divenendone intimo amico. Segretario del Comitato nazionale italiano in Inghilterra, fu attivo nella creazione della rete europea del movimento, grazie alla vasta conoscenza delle lingue acquisita in esilio.
Dal 1852 si stabilì a Genova, dove condusse una vita disagiata (nel Lombardo-Veneto, dopo il moto del 6 febbraio 1853, gli era stato inflitto un nuovo sequestro dei beni), contraendo anche il colera. La sua missione divenne l’organizzazione dell’associazionismo operaio, cui si dedicò come a un vero apostolato, ma fu implicato anche in diverse cospirazioni in tutta la penisola. Temporaneamente riparato in Svizzera nel 1853, collaborò con Felice Orsini per un mancato moto in Valtellina; nel 1857 fu tra i promotori della fallita rivolta di Livorno; nel 1858 prese contatti con i gruppi insurrezionali di Sicilia e Malta.
Nel 1859 Quadrio fu tra i firmatari della dichiarazione di Londra del 28 febbraio contro la guerra al fianco di Napoleone III: dopo un nuovo soggiorno inglese, tornò in Italia animato dalla speranza che l’azione democratica togliesse il campo all’iniziativa piemontese. Nel 1860, tuttavia, constatata l’accettazione della linea sabauda da parte di Giuseppe Garibaldi, decise di non seguirlo nel Sud e concluse così la lunga attività di «viaggiatore di commercio, ramo rivoluzioni» (Vassallo, 1911, p. 232). Nonostante i dubbi di natura politica, fu comunque attivo collaboratore di Agostino Bertani nel sostegno morale e materiale all’impresa dei Mille.
Il campo in cui Quadrio lasciò più profondamente il segno fu il giornalismo, in cui si accreditò come una delle penne più autorevoli e combattive dell’intransigenza repubblicana. Dopo avere collaborato con L’Italia del popolo a Roma e in Svizzera nel 1849, animò da protagonista la vivace scena mazziniana ligure, lavorando fino al 1858, tra le persecuzioni e i sequestri del governo piemontese, a L’Italia e popolo, a La libera parola e infine alla rifondata Italia del popolo. Fu tra le firme di punta del londinese (poi genovese) Pensiero e azione, quindi, nel 1860, assunse la guida de L’Unità italiana, che rappresentò secondo Mazzini la sua «grande fatica» (G. Mazzini, Scritti editi e inediti, LXVIII, Imola 1934, p. 205), con la collaborazione di Vincenzo Brusco Onnis (il quale in seguito lo affiancò come condirettore).
Dopo il trasferimento del giornale a Milano, nel 1861, Quadrio condusse un’incessante offensiva antimoderata a mezzo stampa, che gli procurò continui contrasti con le autorità e nel 1862 sfociò in un duello (incruento) con Emilio Visconti Venosta, difensore della Perseveranza. Partecipò alla preparazione dell’infruttuoso moto del 1864 nel Veneto, sempre tenacemente fedele a Mazzini e spesso ospite dei Nathan a Lugano con lui. Quello stesso anno, mentre si trovavano insieme a Londra, condivise le sue critiche per l’esito del viaggio di Garibaldi in Inghilterra; nel 1866, tuttavia, la strenua avversione alla monarchia lo portò a firmare, con Brusco Onnis e Giuseppe Marcora, la dichiarazione del 17 maggio, con cui prese le distanze perfino dal maestro (sebbene solo per un brevissimo periodo), a causa dell’avallo di questi alla guerra regia a fianco della Prussia.
Nel 1872, alla morte di Mazzini, fu uno dei ‘triumviri’ che ne raccolsero il testimone: molti avrebbero da allora visto in lui l’incrollabile «patriarca dell’idea Repubblicana» (G. Garibaldi, Scritti e discorsi politici e militari, III, Bologna 1937, p. 226). In quella veste, osteggiò le aperture politiche di Federico Campanella, propugnando un rigoroso astensionismo elettorale, e soprattutto difese i valori religiosi del mazzinianesimo.
«Senza il pensiero di Dio, punto di partenza e fine da raggiungersi, senza il popolo alla base», scrisse nel 1875, «tutto è abbandonato al caso, all’inganno, alla forza brutale» (Epistolario, I, 1876, p. 77). A più riprese, tra il 1871 e il 1874, polemizzò anche con Garibaldi, per i suoi attacchi a Mazzini: la raccolta delle sue critiche, edite e inedite, al Libro dei Mille del Generale fu pubblicata postuma nel 1879. Dopo la collaborazione con la Roma del popolo, dal 1872 diresse L’Emancipazione, di connotazione marcatamente operaista, critico tanto delle derive interne ai repubblicani, quanto delle idee di anarchici e internazionalisti, in cui vedeva «la cancellazione di ogni senso morale, a cui si sostitui[va] l’interesse materiale» (Lucarelli, 1949, p. 10).
Quadrio trascorse gli ultimi anni a Roma, in condizioni di ristrettezza economica, ma sempre sostenuto dai Nathan, con i quali collaborò per iniziative di educazione popolare, come, per esempio, le lezioni presso la sala Mazzini. Nel 1874 presiedette il XIII Congresso nazionale delle società operaie: le numerose lettere indirizzate in quel periodo a organizzazioni di tutto il Paese testimoniano la sua importanza come figura di riferimento per l’associazionismo repubblicano.
Morì celibe nella capitale, ospite della famiglia Nathan, il 13 febbraio 1876.
La sua sepoltura al Verano originò una vertenza politico-legale a seguito della quale, dopo un iniziale divieto, Sara Nathan poté infine apporre sulla tomba un’epigrafe di ‘fede mazziniana’.
Opere. Oltre alla cospicua attività giornalistica firmata o anonima di Quadrio, si segnalano: Catechismo popolare del Partito d’Azione, Londra 1858; Della lettera del generale Garibaldi a Giuseppe Petroni: osservazioni, Genova 1871; Il libro dei Mille del generale Giuseppe Garibaldi. Commenti, Milano 1879.
Fonti e Bibl.: Per i procedimenti austriaci contro Quadrio: Archivio di Stato di Milano, Fondo Processi politici; per l’attività in Valtellina nel 1848: Milano, Civiche raccolte storiche, Carte Bertani. Carteggi di, a o su Quadrio sono disseminati in molti archivi, in particolare: Roma, Museo centrale del Risorgimento nazionale (circa novanta lettere a vari corrispondenti, in particolare F. Zannoni e A. Lemmi); Torino, Fondazione Rosselli, Archivio della famiglia Rosselli; Pisa, Domus Mazziniana, Fondo Brusco Onnis; Carte della famiglia Nathan; Genova, Istituto Mazziniano - Museo del Risorgimento, Carte Dagnino; Sondrio, Biblioteca civica, Fondo E. Quadrio; Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Fondo Cironi; Milano, Civiche raccolte storiche, Archivio Marcora; Pavia, Archivio storico civico, Archivio Cairoli; Carte Mantovani. Oltre all’Epistolario (I, Roma 1876; II, Milano 1879) e alla corrispondenza con Mazzini, scritti e lettere di e a Quadrio sono stati pubblicati in modo diffuso, ma frammentario. Tra i molti contributi, si segnalano: G.U. Oxilia, Di M. Q. e d’una sua lettera inedita, in Nuova Antologia, XLIX (1914), 1019, pp. 446-456; E. Rinaldi, M. Q. nelle lettere ad Elena Casati, in Rassegna storica del Risorgimento, XXIII (1936), 2, pp. 1526-1562; A. Lucarelli, Internazionalisti e mazziniani in un autografo di M. Q., in Movimento operaio, I (1949), 1, pp. 9-11; E. Costa - L. Morabito, Lettere di Bartolomeo Francesco Savi e di M. Q. al mazziniano genovese Emanuele Rossi (1811-1872), in Scritti in onore di Bianca Montale, Genova 2000, pp. 277-326. Tra i molti studi e biografie, fondamentali il lavoro di S. Pelosi, Della vita di M. Q., I-II, Sondrio 1920-1922, e gli Atti del II Convegno su Mazzini e i mazziniani dedicato a M. Q., Pisa, 23-24 ottobre 1976, Pisa 1978. Inoltre: E. Vollo, M. Q., Roma 1884; L.A. Vassallo, Gli uomini che ho conosciuto e Memorie di uno smemorato, Milano 1911, pp. 119-131, 231 s.; M. Rosi, Q. M., in Dizionario del Risorgimento nazionale, IV, Milano 1933, ad vocem; M. Levi Della Vida, M. Q. dal 1860 alla morte, in Nuova rivista storica, XVIII (1934), 6, pp. 526-554; G.A. Belloni, M. Q. 1800-1876, Milano 1947; B. Di Porto, Q., l’intransigente, in M. Colucci et al., Democrazia repubblicana. Profili storici da Mazzini a Conti, Milano 1975, pp. 129-152; Atti dei convegni regionali sui democratici lombardi: M. Q., Cremona 1976; G. Tramarollo, M. Q. cent’anni dopo, in Nuova Antologia, CXI (1976), 2105, pp. 83-93; L. Mascilli Migliorini, M. Q., in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico (1853-1943), a cura di F. Andreucci - T. Detti, IV, Roma 1978, pp. 251-256; L. Cattanei, M. Q. e un processo genovese, in L’osservatore politico letterario, XXIX (1983), 6, pp. 82-94; G. Monsagrati, M. Q., in Giuseppe Garibaldi. Due secoli di interpretazioni, a cura di L. Rossi, Roma 2010, pp. 338-341. Informazioni utili anche in: F. Orsini, Memorie politiche, Torino 1862, pp. 122-125, 129 s.; B. Montale, La Confederazione operaia genovese e il movimento mazziniano in Genova dal 1864 al 1892, Pisa 1960, ad ind.; L. Ravenna, Il giornalismo mazziniano, Firenze 1967, ad ind.; L’associazionismo mazziniano, Roma 1979, ad ind.; A.M. Isastia, La laicizzazione della morte a Roma: cremazionisti e massoni tra Ottocento e Novecento, in Dimensioni e problemi della ricerca storica, I (1998), 2, pp. 55-97; Scritti politici di Ernesto Nathan, a cura di A.M. Isastia, Foggia 1998, pp. 215-217; A. Bistarelli, Gli esuli del Risorgimento, Bologna 2011, ad ind.; M. Pellegrino Sutcliffe, Victorian Radicals and Italian Democrats, Suffolk-New York 2014, ad indicem.