GONZAGA, Maurizio
Nacque a Venezia il 21 sett. 1861, figlio di Antonio, del ramo (l'unico vivente) dei Gonzaga di Vescovato, e di Domenica Priamo. Entrato diciottenne nella scuola militare di Modena, ne uscì nell'aprile 1881 come sottotenente, assegnato al 44° reggimento fanteria ad Alba. Promosso tenente nel luglio 1883, sposò, nell'ottobre dello stesso anno, Ferdinanda Alliana. Dal matrimonio nacquero due figli, Maria Giuseppina nel 1884 e Ferrante nel 1889.
Conseguita la promozione a capitano, il G. frequentò la scuola di guerra di Torino, transitando, nel 1890, nel corpo di stato maggiore. Assegnato al comando della divisione militare territoriale di Piacenza e, successivamente, a quello del IV corpo d'armata, il G. fu promosso, a scelta, maggiore nel 1898, tornando in fanteria per comandare il II battaglione del 22° reggimento.
Nel luglio del 1900, transitato di nuovo nello stato maggiore, fu trasferito a Torino, alla scuola di guerra, dapprima come insegnante e poi anche come relatore del consiglio di amministrazione, fino al novembre 1906. Nel giugno 1904 fu promosso tenente colonnello.
Probabilmente agli studi condotti in questi anni torinesi si deve il volume I generali Ettore e Giuseppe di Gerbaix de Sonnaz. Cenni biografici e documenti famigliari (Torino 1913), redatto dal G. e da C.-A. Gerbaix de Sonnaz.
Dopo un breve periodo come capo di stato maggiore della divisione militare territoriale di Livorno, il G. rivestì, dal febbraio 1907, la medesima carica nella divisione militare territoriale di Novara, che lasciò nell'agosto 1909 per esser poi promosso colonnello e destinato al IV corpo d'armata, sempre come capo di stato maggiore.
Passato a comandare il 42° reggimento fanteria nel marzo 1912, il G. fu successivamente inviato in Cirenaica e sbarcò a Tobruk, nel luglio 1913, con un reggimento misto. Comandante della zona di Tobruk sino al gennaio successivo, dimostrò notevoli capacità militari e politiche, tanto da essere destinato a Bengasi per sostituirvi, interinalmente, il governatore della Cirenaica, generale G. Ameglio.
Dall'aprile 1914 assunse il comando della zona di el-Merg (Barce), battendo i ribelli a Kasr Tecassis e a Lezga, e a luglio fu promosso maggior generale, continuando a reggere il comando della zona. I successivi scontri vittoriosi di Gerdes e Benia gli meritarono la proposta a cavaliere dell'Ordine militare di Savoia.
Rimpatriato a ottobre, il 1° novembre il G. prese il comando della brigata di fanteria Salerno, comando che lasciò nel febbraio 1915 per passare a disposizione dello stato maggiore ed essere poi nominato intendente della 2ª armata alla vigilia dell'entrata in guerra dell'Italia.
Nell'ottobre 1915 il G. assunse il comando della 9ª divisione, impiegata dapprima sul Podgora e sul Peuma e poi sul fronte trentino, in Val d'Astico, distinguendosi come trascinatore dei suoi fanti, cui offrì sempre l'esempio, esponendosi senza risparmio nelle trincee e intervenendo anche in prima persona per combattere, nell'inverno, un'epidemia di colera. Ferito e decorato di medaglia d'argento per la riconquista del monte Cimone, in Val d'Astico, dopo la "spedizione punitiva" del gen. F. Conrad, il G. fu promosso tenente generale il 1° giugno 1916 e restò in linea con la 9ª divisione sino alla fine dell'anno; nel gennaio 1917 assunse il comando della 53ª divisione.
In questa circostanza il G. riuscì nell'importantissima conquista del monte Vodice e, successivamente, nella sua vittoriosa difesa dai contrattacchi nemici, protrattisi per un mese, dirigendo e spronando i soldati fin sulle prime linee.
Il suo comportamento gli meritò la medaglia d'oro al valor militare. Nell'agosto dello stesso anno, durante l'undicesima battaglia dell'Isonzo, la 53ª divisione fu impegnata sul monte Cucco (Kuk) in aspri combattimenti che le permisero di raggiungere le pendici dell'altopiano della Bainsizza. In questa occasione il G. riportò due leggere ferite, ottenendo una seconda medaglia d'argento. Subito dopo Caporetto il G., alla testa della sua divisione, si portava su Stupizza per cercare di arrestare l'avanzata nemica.
Il 25 ottobre, mentre si spingeva avanti insieme con alcuni cavalleggeri in ricognizione delle posizioni nemiche, fu seriamente ferito. Rimase comunque al suo posto fino a quando le condizioni fisiche glielo permisero; quindi fu rilevato dal comando per essere ricoverato nell'ospedale di Udine. Da qui, il giorno precedente l'occupazione austriaca, fu trasportato a Genova dove rimase per le cure e per una lunga convalescenza.
L'Ordine militare di Savoia per la sua condotta nei primi due anni di guerra e, successivamente, una seconda medaglia d'oro (unico caso, allora, nel regio esercito) per il suo comportamento a Stupizza ne fecero uno degli ufficiali più decorati delle forze armate italiane. Ritornato al fronte nell'agosto 1918, alla testa della 14ª divisione nella zona del Grappa, il G. ebbe ancora modo di distinguersi, sul monte Valbella, durante l'offensiva finale, meritando una terza medaglia d'argento.
Terminata la guerra, nel febbraio 1919 fu nominato comandante della divisione militare territoriale di Genova e rimase nel capoluogo ligure sino all'aprile 1922, dopo aver inutilmente tentato di essere eletto deputato nelle file di una lista di ispirazione liberale nell'autunno del 1919. Trasferito al comando del corpo d'armata di Firenze, il G. fu nominato senatore nel giugno del 1922, e nel gennaio 1923 promosso generale di corpo d'armata e trattenuto in servizio, dal febbraio 1924, quale invalido di guerra, sempre continuando nel suo incarico.
All'incirca a quest'epoca, alla fine del 1924, sembrano risalire i primi contatti accertati con B. Mussolini allorché, discutendosi in Senato il progetto Di Giorgio sul riordinamento dell'Esercito, il capo del governo gli chiese di non allinearsi al parere contrario espresso, in pratica, da tutti i generali nominati al Senato, ciò che, almeno inizialmente, il G. fece.
Nel settembre 1925 gli fu proposto di assumere il comando della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale in luogo del generale A. Gandolfo, improvvisamente deceduto; il G. accettò, ma soltanto dopo aver chiesto, e ottenuto, l'autorizzazione da parte del re e del generale A. Diaz.
La sua nomina era dovuta a una precisa scelta del regime che, nel periodo critico seguito all'assassinio di G. Matteotti, aveva ritenuto utile porre alla testa della Milizia un altro militare di carriera piuttosto che un politico, orientandosi sul generale più decorato. A differenza di Gandolfo, però, notoriamente fascista e uno degli organizzatori delle squadre d'azione, il G., estraneo all'ambiente, dovette incontrare notevoli difficoltà nell'espletamento del proprio mandato. Le sue idee sul riordinamento dell'istituzione, che tendevano ad accentuarne il carattere militare riducendo quello politico, finirono col non coincidere con quelle di Mussolini che nel frattempo, con il passare dei mesi, vedeva progressivamente indebolirsi l'opposizione al regime. Così, dopo un anno, con una lettera del 24 sett. 1926, preso atto delle difficoltà del G. e volendo "fare della Milizia volontaria un'organizzazione sempre più fascista […] una Milizia di Partito, perché altro non può essere" (Segr. particolare del duce), Mussolini gli comunicava che ne avrebbe assunto direttamente il comando, ciò che si verificò di lì a pochi giorni, il 9 ottobre.
I rapporti con Mussolini rimasero comunque buoni com'è dimostrato da alcuni interventi del capo del governo in favore del G.; così, nel 1927, quando questi venne collocato in posizione ausiliaria per motivi di età, Mussolini provvide a farlo richiamare in servizio effettivo temporaneo; nel 1932 il G. venne, poi, insignito dal re del titolo di marchese del Vodice (aggiungendo questo titolo nobiliare agli altri di principe del Sacro Romano Impero, signore di Vescovato, patrizio veneto, conte di Castelnuovo e conte di Villanova).
In questa occasione, su richiesta del G., fu la presidenza del Consiglio a pagare le onerose spese della speciale tassa di concessione, oltre 36.000 lire. Sempre a valere sui fondi della presidenza del Consiglio vennero poi accordate al G. due sovvenzioni, per complessive lire 200.000, nel dicembre 1934 e nel settembre 1935. Con ogni probabilità è da attribuire a un ulteriore intervento di Mussolini la conservazione del trattamento economico di richiamato in servizio temporaneo anche dopo il suo collocamento nella riserva avvenuto, per limiti di età, nel settembre 1935.
Il G. morì a Roma il 24 marzo 1938, esprimendo il desiderio di essere tumulato sulla cima del Vodice.
Anche il figlio del G., Ferrante (Torino, 6 marzo 1889 - Battipaglia, 8 sett. 1943), seguì la carriera militare. Uscito come sottotenente dall'Accademia di Torino, prese parte alla guerra di Libia e alla Grande Guerra, restando ferito due volte e meritando una medaglia d'argento e due di bronzo al valor militare. Maggiore nel 1918, frequentò nel 1923-25 la scuola di guerra, prestando successivamente servizio di stato maggiore presso grandi unità e comandando il 49° e poi il 1° reggimento artiglieria. Tenente colonnello nel 1926 e colonnello nel 1936, venne promosso generale di brigata nel settembre 1940.
Dopo aver servito sul fronte greco-albanese come comandante dell'artiglieria del XXV corpo d'armata, rientrato in Italia ebbe, dal febbraio 1943, il comando della 22ª divisione costiera dislocata nella zona di Salerno: la sera dell'8 settembre, mentre accennava a resistere alla loro intimazione di resa, venne ucciso dai Tedeschi. Alla sua memoria venne accordata la medaglia d'oro al valor militare.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio riservato, b. 12; Presidenza del Consiglio dei ministri, 1926, pos. 1-1-12-382; 1928-30, pos. 1-1-19-8014; 1931-33, pos. 1-1-9-373/65; 1934-36, pos. 2-3-2883, 3-2-2-5371; 1937-39, pos. 3-3-13-437; Ibid., Consulta araldica, fascicoli personali e familiari, b. 1294; Min. degli Interni, Affari gen. e riservati, bb. 111, 112; Roma, Arch. dell'Ufficio storico dello stato maggiore dell'Esercito, Biografie 34/63, 62; Fondo L.8 (Libia), bb. 5, 218; Memorie storiche, b. 0264; Foglio d'ordini della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, annate 1925 e 1926; A. Aquarone, L'organizzazione dello Stato totalitario, Torino 1965, p. 249; R. De Felice, Mussolini il fascista, II, L'organizzazione dello Stato fascista 1925-29, Torino 1968, p. 59; V. Ilari - A. Sema, Marte in orbace. Guerra, esercito e milizia nella concezione fascista della nazione, Ancona 1988, pp. 300 s.