MAURIZIO Galbaio
MAURIZIO Galbaio. – Nacque intorno al quarto decennio del secolo VIII; fu eletto doge dei Venetici nel 764 dall’assemblea appositamente riunitasi a Malamocco, il centro politico del Ducato, dopo la deposizione del predecessore Domenico Monegario.
M., originario di Civitas Nova Heracliana, era esponente del ceto di possessores e, almeno secondo il cronista Giovanni Diacono (che scrisse tra il X e l’XI secolo), si segnalava come uomo esperto nell’arte di governo («peritissimus seculari studio», p. 98). La sua elezione, avvenuta senza contrasti, secondo le poche fonti superstiti, sembra aver posto fine a una lunga stagione di lotte intestine al Ducato, che aveva visto esprimersi un’aspra competizione fra gli interessi dei diversi gruppi dell’aristocrazia locale e anche, sul piano degli assetti istituzionali, una contrapposizione tra le famiglie che si riconoscevano nell’antica magistratura dei tribuni, favorevoli a una gestione decentrata del potere, e la più accentrata autorità ducale, in via di rafforzamento. La stessa scelta, per lui originario di Eraclea, di insediarsi nel centro tendenzialmente concorrente di Malamocco (la sede del Ducato era stata trasferita da Civitas Nova a Malamocco nel 742-743) è stata interpretata come segno di una nuova volontà di pacificazione interna.
Nel trentennio precedente l’elezione di M. si era dovuto assistere dapprima all’assassinio del doge Orso nel 737, poi a un quinquennio in cui il potere era stato retto da magistri militum con carica annuale, quindi alla rielezione di un doge nel 742 nella persona di Deusdedit (Diodato), figlio di Orso, che fu deposto e accecato nel 755 da Galla, il quale subì la medesima sorte appena l’anno successivo; mentre Domenico Monegario, subentrato a Galla, fu affiancato nell’esercizio della sua funzione da due tribuni, con una soluzione istituzionale che sembra il frutto di un compromesso fra l’autorità ducale e le prerogative del ceto dei possessores. Fu infine anch’egli deposto e accecato.
Il lungo governo di M., durato ben trentatré anni, è presentato dalle fonti cronachistiche veneziane medievali (tutte tradizionalmente inclini a riprodurre in sostanza il punto di vista ufficiale dell’autorità politica) come un periodo di concordia e di buon governo, specie se confrontato con le turbolenze che lo avevano preceduto (e con quelle che sarebbero seguite). Se Giovanni Diacono sottolinea come M. seppe reggere i Venetici «sapienter et honorifice» (p. 99), il più tardo doge cronista Andrea Dandolo (p. 119), oltre a ricordarne la nobiltà non solo di nascita ma anche di condotta, ne esalta l’azione di governo improntata alla giustizia, riconoscendogli il merito di aver ricomposto le discordie fra i cittadini e di aver mantenuto il Ducato estraneo alle convulse vicende del quadro politico europeo, tra la fine del Regno longobardo, l’avvento di Carlo Magno, il nuovo attivismo politico del Papato e le difficoltà in Occidente dell’Impero bizantino.
M. contribuì al processo, da tempo in atto, di irrobustimento della carica ducale, che tendeva a trasformarla da mera funzione burocratico-militare in autorità di tipo principesco, in prospettiva dinastica, secondo dinamiche comuni alle varie province occidentali dell’Impero bizantino nell’VIII secolo. In Italia, dopo il crollo dell’Esarcato di Ravenna a opera dei Longobardi nel 751, tutti i ducati imperiali, incluso quello venetico, si erano trovati privi di un centro di comando unitario e, pur rimanendo indiscussa la loro dipendenza formale da Costantinopoli, avevano progressivamente sviluppato una sostanziale autonomia. M. stesso dal 795, negli ultimi due anni del suo governo, associò a sé come coreggente il figlio Giovanni Galbaio, con un’opzione allora inedita e in seguito ripresa più volte, certamente non senza opposizioni da parte dell’aristocrazia locale.
In questo contesto M. sembra essersi mosso con piena coerenza, in anni assai difficili, nella fedeltà all’Impero bizantino, cui il Ducato venetico apparteneva pur godendo di crescenti margini di autonomia. Insignito della titolatura di magister militum e di consul et imperialis dux Venetiarum provinciae, che ribadiva al contempo il riconoscimento da parte dell’Impero della sua figura ma anche la sua subordinazione formale a Costantinopoli, M. partecipò alla vana difesa dell’Istria occupata dai Longobardi attorno all’anno 770, evento che produsse una grave cesura in seno a un ambito territoriale altoadriatico che, sin dalla lontana costituzione della X regio Venetia et Histria con Augusto, era sempre stato politicamente unitario. Dandolo rammenta come M. avesse condiviso l’appello al papa Stefano III del patriarca di Grado, Giovanni, che perorava la causa degli Istriani oppressi dai Longobardi e soprattutto denunciava l’indebita sottrazione all’autorità metropolitica gradense delle Chiese istriane (pp. 119 s.). In una lettera al pontefice lo stesso patriarca Giovanni sottolineava l’energico impegno profuso da M. (cfr. Kehr, p. 39).
Secondo la testimonianza del Liber pontificalis, non ripresa dalle fonti veneziane (con ogni probabilità in maniera intenzionale), in occasione di quella guerra il figlio di M., Giovanni, negli anni 772-773 fu catturato dai Longobardi del re Desiderio e trattenuto prigioniero.
Il quadro internazionale si fece ancor più pericoloso per i Venetici dopo la conquista del Regno longobardo per mano di Carlo Magno nel 774, allorquando il Ducato lagunare si trovò a essere incalzato dall’ancor più minaccioso espansionismo della nuova potenza dei Franchi, che agiva in sintonia con il Papato.
In questa situazione di forte instabilità si inserì un’iniziativa riguardante l’ambito ecclesiastico, di cui parlano le fonti e che ebbe rilevanti e durevoli conseguenze: attorno al 775 M. promosse la fondazione di una nuova sede episcopale a Olivolo, una delle isole interne della laguna, affidandola a Obeliebato, proveniente da una famiglia di tribuni di Malamocco.
La nuova diocesi (futura S. Pietro di Castello), lagunare in senso pieno non solo per la sua ubicazione, ma anche perché il suo presule non deteneva la titolarità di una diocesi di Terraferma, come si ritiene facessero invece tutti gli altri prelati anticamente riparati in laguna di fronte ai Longobardi, trovandosi in così stretto raccordo con l’autorità politica doveva inevitabilmente porsi alla lunga in termini di concorrenza nei confronti del patriarcato di Grado, parallelamente all’inasprirsi dei rapporti fra quest’ultimo (che si andava vieppiù schierando con il fronte franco-papale) e il Ducato.
Nel 787-788 si completò l’occupazione franca dell’Istria, che aggravò l’accerchiamento territoriale del Ducato, e nello stesso anno 787 i mercanti venetici furono espulsi dalle regioni di Ravenna e della Pentapoli, mentre furono confiscati i loro possedimenti fondiari in tutta la giurisdizione ecclesiastica di Ravenna, con un atto, condiviso dal monarca franco e dal pontefice, che era teso a danneggiare gli interessi economici delle genti lagunari e che colpiva una realtà evidentemente percepita come espressione della rivale Costantinopoli.
M. morì nel 797.
Fonti e Bibl.: A. Dandolo, Chronica per extensum descripta, a cura di E. Pastorello, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XII, 1, pp. 119-121; Iohannes Diaconus, Cronaca veneziana, a cura di G. Monticolo, in Cronache veneziane antichissime, I, in Fonti per la storia d’Italia [Medio Evo], IX, Roma 1890, pp. 98-100; P.F. Kehr, Italia pontificia, VII, 2, Berolini 1925, pp. 39, 127; Documenti relativi alla storia di Venezia anteriori al Mille, a cura di R. Cessi, I, Padova 1942, pp. 46-49, 55 s.; Le liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, I, Paris 1981, p. 491; G. De Vergottini, Venezia e l’Istria nell’Alto Medioevo, in Le origini di Venezia, Firenze 1964, pp. 100 s.; A. Carile - G. Fedalto, Le origini di Venezia, Bologna 1978, pp. 231 s., 381-385; G. Ortalli, Venezia dalle origini a Pietro II Orseolo, in P. Delogu - A. Guillou - G. Ortalli, Longobardi e Bizantini, in Storia d’Italia (UTET), I, Torino 1980, pp. 375 s.; M. Pavan - G. Arnaldi, Le origini dell’identità lagunare, in Storia di Venezia, I, Origini-Età ducale, Roma 1992, pp. 441-443, 446 s.; A. Bedina, Giovanni Galbaio, in Diz. biografico degli Italiani, LVI, Roma 2001, pp. 48 s.