CATTANEO, Maurizio
Nacque a Genova probabilmente nel terzo decennio del sec. XV, secondo alcuni geneologisti più tardi, da Benedetto.
Appartenente a una famiglia di origine nobile, che aveva fornito magistrati e diplomatici, fu esclusivamente commerciante e capitano di navi e non partecipò mai alla vita pubblica. Mentre infatti alcune famiglie genovesi, come i Fregoso, gli Adorno, i Fieschi, continuavano nella loro accanita lotta per il potere, favorendo in questo modo l’instaurarsi della sovranità francese o milanese, altre casate, come i Giustiniani, i Centurione, i Cattaneo, avevano rinunziato a ogni ambizione politica per dedicarsi totalmente al commercio e divenire così i detentori del potere economico della città. Anche il C., con i fratelli Demetrio e Benedetto, seguì questa strada, alternando però iniziative private ad altre svolte sotto la bandiera genovese, come capitano di galee armate o come abile corsaro.
La prima notizia sicura su di lui risale al 1451: nell’aprile di quell’anno era a Southampton, dove imbarcò sulla sua nave 730 sacchi di lana inglese, merce particolarmente richiesta sul mercato genovese. Nel 1451, o forse già l’anno prima, era in Levante dove, muovendo dalla colonia genovese di Pera o da Chio, percorse l’Egeo per dare la caccia alle imbarcazioni dei Catalani, tradizionali avversari e rivali dei Genovesi. Alle inevitabili rimostranze aragonesi seguite alla cattura di una nave effettuata dal C., il doge Pietro Fregoso rispose, il 4 maggio del 1451, sostenendo che l’episodio era spiaciuto anche a Genova e che si attendevano delucidazioni dagli ufficiali di Pera. È probabile che le spiegazioni non siano mai giunte a Genova, in quanto in quell’anno ben più gravi minacce incombevano sulla colonia.
I Turchi di Maometto II avevano infatti compiuto per terra e per mare la loro opera di accerchiamento nei confronti dell’Impero bizantino e avevano posto l’assedio a Pera e a Costantinopoli. In questo frangente il C. venne assoldato a Chio con la sua nave, sulla quale furono imbarcati cento uomini armati e altri trentacinque stipendiati, per portarsi alla difesa di Pera. Poiché i funzionari genovesi preposti all’arruolamento non avevano disponibilità di danaro, il C. pagò con soldi propri parte degli uomini e fornì il vitto ai 171 che erano imbarcati sulla sua nave, spendendo 208 ducati durante, i ventuno giorni che la nave impiegò a raggiungere Pera. La località era però già validamente difesa e il C. fu dirottato verso Costantinopoli: alla sua nave, i cui effettivi furono portati a 200 uomini, se ne aggiunsero altre due ed egli, a capo di queste tre navi genovesi e di un bastimento greco, riuscì ad aprirsi un varco attraverso la flotta turca, forte di quasi 200 unità, e a penetrare nel Corno d’Oro. Durante l’assedio diede prova di notevole ardimento combattendo prima sul mare e poi a terra nella difesa delle mura di Costantinopoli. Nella sfortunata battaglia che portò alla caduta della città, il C. perse la nave, valutata circa 1.500 ducati (in seguito egli chiese il risarcimento dei danni e il pagamento delle spese sostenute dall’epoca dell’arruolamento a Chio; ma, nonostante che le sue richieste fossero state ritenute legittime, nel marzo 1463, quasi dieci anni dopo il fatto, il C. non aveva ancora ottenuto soddisfazione).
Padrone successivamente di un’altra nave, perse anche questa nel febbraio del 1455 nel porto di Genova in seguito ad una collisione. Ritroviamo ancora citato il suo nome nella supplica rivolta alla Repubblica da Gaspare Cattaneo l’11 luglio 1457; nella supplica il C. e il fratello Demetrio erano accusati di aver recato a Gaspare ingenti danni. In quel periodo, comunque, il C. si recava solo saltuariamente a Genova e trascorreva la maggior parte del suo tempo in mare, avendo come base principale Chio.
Nel 1460 la sua nave, insieme con altre due, fu armata a Chio per fronteggiare alcune imbarcazioni catalane nel Mediterraneo. Nel golfo di Tunisi le navi assalirono alcune imbarcazioni veneziane con il pretesto di cercarvi eventuali merci catalane: ne seguì uno scontro violento durante il quale venne catturata proprio la nave del C., della quale il govermatore francese a Genova si affrettò a chiedere a Venezia la restituzione nel settembre. Evidentemente il C. esercitava la guerra di corsa al servizio della Repubblica: nel 1462 a Chio si unì a Meliaduce Cicala e a Melchiorre Gentile, sotto il comando di Edoardo Grillo, per raggiungere Alessandria, dove insieme dettero origine a un vera e propria associazione di corsari. Sembra che il governo genovese favorisse l’attività del C.; nel maggio e nel giugno del 1463, infatti, il doge si rivolse a lui e al fratello Benedetto con l’appellativo di “dilectis nostris”; nel giugno, poi, indirizzò al C. una sorta d’impegno personale in cui gli assicurava la sua benevolenza e il suo appoggio. Tuttavia, quando nel giugno del 1465 il C. rientrò a Genova, non poté evitare di essere incarcerato a richiesta di alcuni suoi creditori; ben presto, comunque, riuscì a farsi rilasciare, appellandosi al privilegio goduto da chi entrava in città per lucrare l’indulgenza in occasione della natività di s. Giovanni Battista.
Dopo il 1465 mancano notizie su di lui fino al 1481, quando compare come uno dei ventun patroni genovesi di galee che, sotto la guida dell’arcivescovo Paolo Fregoso, risposero all’appello di Sisto IV per una spedizione contro i Turchi. Il 24 marzo sottoscrisse, con gli altri patroni, l’accordo con il rappresentante pontificio, il quale si impegnava a pagare a ciascun patrono 580 ducati mensili per sei mesi. Il 26 giugno le galee raggiunsero Civitavecchia e, dopo una sosta a Ostia per ricevere la benedizione papale, si portarono a Otranto che venne liberata dai Turchi. Genova ricorse ancora al C. nel settembre del 1484 quando, in conseguenza della morte di Costantino Doria, lo nominò capitano dell’armata genovese, composta da quattro navi e da dieci galee, spedita contro Livorno per distogliere Firenze dall’assedio a Pietrasanta. Non si conoscono molti particolari sulla spedizione, che si inserisce nel tradizionale conflitto che opponeva Genova e Firenze per il predominio in Lunigiana. Si sa che la flotta genovese bombardò ripetutamente con le proprie artiglierie il porto di Livorno, ma non sappiamo quando ritornò a Genova. Questa è anche l’ultima notizia reperita sul C., del quale si ignora l’anno di morte.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova: Diversorum Comunis Ianue, 85/580, c. 59v; Diversorum, filza 3040, 4 maggio 1453; filza 3042, II, luglio 1457; filza 3044, 9 sett. e 29 ott. 1460; filza 3047, 11 marzo e 26 apr. 1463; Litterarum, 1778, docc. 1632, 1643, 1645; Genova, Civ. Bibl. Berio, IX., 2, 24, t. 1: E. Ganduccio, Origine delle case antiche nobili di Genova; A. Giustiniani, Annali della Rep. di Genova, a cura di G. B. Spotorno, Genova 1854, II, pp. 534 s., 538 s.; Adamo di Montaldo, Della conquista di Costantinopoli per Maometto II, a cura di C. Desimoni, in Atti d. Soc. ligure di st. patria, X (1874). 3, pp. 303, 305 s.; L. T. Belgrano, Prima serie di documenti riguardanti la colonia di Pera, in Atti della Società ligure di storia patria, XIII (1877), 2, pp. 231, 241, 270 s.; G. Grasso, Docum. riguardanti la costituz. di una lega contro il Turco nel 1481, in Giornale ligustico, VI (1879), pp. 345-50, 391, 393; B. Aldimari, Memorie histor. di diverse famiglie nobili, Napoli 1691, p. 749; B. Candida Gonzaga, Mem. delle famiglie nobili delle provincie merid. d’Italia, Napoli 1876, III, p. 76; G. Heyd, Storia del commercio del Levante nel Medio Evo, Torino 1913, pp. 871-73; A. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, Milano 1936, p. 161; J. Heers, Gênes au XVe siècle, Paris 1961, pp. 299, 301 s., 461, 554; F. Babinger, Maometto II il conquistatore, Torino 1967, p. 94; La caduta di Costantinopoli..., a cura di A. Petrusi, Milano 1976, p. 153.