OLIVIERI, Maurizio Benedetto
OLIVIERI, Maurizio Benedetto. – Nacque ad Acelle (Savoia) il 24 febbraio 1769; non si conoscono i nomi dei genitori.
Dopo i primi anni di formazione nella casa paterna, si dimostrò incline allo studio delle lettere e a 15 anni entrò nell’ordine dei frati predicatori a Modena. Si trasferì quindi a Bologna per studiare filosofia e teologia presso il collegio domenicano e lì venne ordinato sacerdote il 17 dicembre 1791. Presso l’Università di Bologna studiò greco con fra Dionigi Remedelli da Ragusa ed ebraico con il padre domenicano Luigi (Aloisio Maria) Bacchetti con il quale, nel 1793, si laureò discutendo una dissertazione sul testo ebraico della Bibbia.
L’opera (De sacro hebraico textu disputationem publice instituit, atque divo Raymundo de Pennafort ordinis praedicatorum P. stud. F. Mauritius Benedictus Oliveri eiusdem Ordinis in Bononiensi Archigymnasio sacrae facultatis auditor, Bologna 1793) – che Olivieri ampliò nei mesi successivi pubblicandola dopo un’ulteriore discussione a Parma, con dedica a Fernando I infante di Spagna (De sacro hebraico textu sub augustis auspiciis Ferdinandi I R. Hispaniarum Infantis..., Parma 1793) – è scientificamente disomogenea, se paragonata con ciò che la filologia ebraica europea del tempo stava producendo. Lo scritto, articolato in punti, affronta diversi temi della storia e origine del testo sacro ebraico. Le questioni discusse, dall’ebraico come lingua adamitica all’origine dei punti masoretici e all’interpretazione cristologica di alcuni passi veterotestamentari, non si discostano dalle opere tradizionali di argomento analogo. Uno degli aspetti più interessanti è la discussione sulle tecniche per emendare le corruzioni del testo dell’Antico Testamento, compiute, secondo Olivieri, dopo la morte di Cristo dagli Ebrei della diaspora. In questo caso egli sostiene la necessità di un esercizio comparativo non solo tra diversi manoscritti ebraici, ma anche con tutte le altre versioni in siriaco, aramaico, greco o latino, con le opere dei Padri che conoscevano bene la lingua ebraica e con le citazioni bibliche presenti nei testi rabbinici, manifestando in ciò l’influenza del grande studioso di testi ebraici Giovanni Bernardo De Rossi, attivo proprio in quegli anni a Parma e impegnato nell’emendazione del testo ebraico della Bibbia.
Nello stesso periodo Olivieri fu mandato a insegnare filosofia a Cagli e al convento domenicano di Ancona; insegnò poi teologia morale a Colorno e teologia dogmatica a Parma. Nel 1800 venne chiamato a Roma come professore di Antico Testamento all’Università della Sapienza e contemporaneamente insegnò greco al Pontificio collegio urbano di Propaganda Fide.
L’8 maggio 1806 entrò a far parte dell’Accademia di religione cattolica al posto del cardinal Cosimo Corsi. A partire dal 1807 non solo ricoprì incarichi importanti all’interno dell’Accademia, come quello di direttore dei dialoghi, ma partecipò attivamente alla vita dell’istituzione con una serie di conferenze. Dal 1808 al 1841 tenne 12 relazioni che avevano come fine quello di contrastare il razionalismo illuminista con strumenti interpretativi aggiornati ai tempi.
I suoi interessi andavano dal confronto con i risultati raggiunti dalla geologia per confermare il diluvio descritto nel libro del Genesi (Le più esatte novissime teorie fisico-chimiche delle arie, e della composizione, e decomposizione dell’acqua ci somministrano il modo di spiegare: a) come degli elementi preesistenti potè al Divino comando crescer l’acqua fino a sorpassare le cime dei più alti monti sopra tutta la superficie terrestre nel Diluvio Universale; b) come diminuirsi senza annichilazione fino al presente livello possiluviano, 1828) ai più recenti dibattiti sull’astronomia, che avrebbero giustificato in seguito il suo intervento in difesa della teoria copernicana.
Negli stessi anni mostrò interesse anche per la letteratura diventando membro dell’Accademia dell’Arcadia, con il nome di Anassimandro Lisio, e delle Accademie letterarie di Milano e Firenze.
Quando nel 1808 Napoleone entrò a Roma e il papa Pio VII fu costretto all’esilio, Olivieri si rifiutò di prestare il giuramento cui furono sottoposti tutti i pubblici ufficiali della città, ma non per questo fu rimosso dal suo incarico; venne però costretto, per tutto il periodo del dominio francese, a rinunciare all’abito religioso.
Compose allora una Storia ecclesiastica del secolo decimoottavo (Roma 1808) che intese come completamento dell’opera Storia universale sacra e profana di Giacomo Hardion, nella quale, seguendo un rigoroso elenco cronologico dei papi, da Clemente XI a Pio VI, focalizzò la sua attenzione sui mutamenti di culto che avevano coinvolto la Chiesa e attaccò direttamente il pensiero illuminista.
Dopo il ritorno del pontefice, oltre al suo impegno come professore all’Università della Sapienza, pubblicò una serie di lavori d’occasione, legati ai suoi studi veterotestamentari.
In uno criticò il prefetto della Biblioteca Vaticana Francesco Antonio Baldi per aver scoperto indicazioni profetiche sulla croce di Cristo nel testo ebraico (De croce chen in truncum et trunco in crucem versis, unde incognita hactenus de cruce vaticinia in sacro hebraico textu clarissimus vir Franciscus Antonius Baldi a se detectaexhibuit lucubratiuncula fr. M. B. Olivieri..., Roma 1817); in un altro si impegnò a traslitterare in ebraico alcuni versi di Dante per svelarne il vero significato (Notizie del Giorno, 11 giugno 1819, n. 21, p. 4).
Si cimentò poi nella confutazione del tentativo dell’abate Marco Mastrofini di svelare attraverso il ragionamento filosofico il mistero della Trinità: in Dell’opera intitolata Methaphysica sublimior de Deo Trino... (Roma 1821) Olivieri rifiutò in toto l’opera Methaphysica sublimior de Deo Trino (Roma 1816) del professore di Frascati, giudicandola vicina a posizioni semirazionaliste.
Nel 1820 fu nominato commissario del S. Uffizio, ruolo che ricoprì fino al 1845. Nello stesso anno venne direttamente coinvolto nelle vicende che portarono la Chiesa di Roma ad accettare la teoria copernicana.
Il caso si aprì quando Giuseppe Settele, professore di ottica e di astronomia alla Sapienza di Roma, compose il secondo volume dei suoi Elementi di Ottica e di Astronomia (Roma 1818-19), nei quali affermava esplicitamente che la Terra si muoveva. L’opera venne bloccata dal maestro del Sacro Palazzo Filippo Anfossi, aprendo il dibattito all’interno della Curia pontificia sulla liceità di accogliere la teoria eliocentrica di Nicolò Copernico. Il più strenuo difensore dell’apertura della Chiesa alla teoria copernicana fu proprio Olivieri. Nei tre anni successivi organizzò la difesa della legittimità della teoria eliocentrica attraverso una serie di argomentazioni che si fondavano su due pilastri: 1) le condanne ecclesiastiche dei secoli precedenti erano il frutto delle limitate conoscenze del periodo; 2) né la Bibbia né i Padri della Chiesa, nei loro testi vollero mai impartire insegnamenti di carattere scientifico e astronomico; tanto più – aggiungeva – che alcuni passi dei Testi sacri andavano riconosciuti come poetici e retorici. Il dibattito, anche se non arrivò a una decisione ufficiale sulla questione né da parte dell’Inquisizione, né da parte del pontefice, condusse di fatto all’accettazione della teoria eliocentrica da parte della Chiesa. Olivieri ritornò sulla questione venti anni dopo in una relazione all’Accademia di religione cattolica il cui titolo esplicitava la sua posizione: Meriti dei Romani Pontefici verso l’astronomia (1841), testo che riprese in una opera più ampia, che fu pubblicata dopo la sua morte con il significativo titolo Di Copernico e Galileo (Bologna 1872).
Per la sua autorevolezza intellettuale e morale nel 1834 fu eletto generale dei domenicani, ruolo che lasciò dopo solo un anno, perché in disaccordo con Gregorio XVI il quale voleva affiancargli alcuni religiosi affinché partecipassero collegialmente al governo dell’Ordine. Durante il periodo romano approfondì anche altre lingue orientali oltre all’ebraico, quali l’arabo, il siriaco e l’armeno, tanto da essere annoverato fra i consultori della Congregazione dell’Indice per la correzione dei libri orientali.
Morì a Roma il 27 settembre 1845.
Opere: Oltre a quelle citate: De linguarum eruditarum cultu graviorum disciplinarum studiis iungendo, Roma 1806; Travels of an Irish Gentleman in search of a Religion with notes and illustrations,cioè Viaggi di un gentiluomo Irlandese in cerca di una religione con note e schiarimenti, opera di Tommaso Moore editore delle Memorie del capitano Rock, Parigi, presso A. e G. Galignani 1823, inAnnali delle Scienze Religiose, II (1836), 4, pp. 26-54; Sopra le Origines biblicae, or Researches on Primeval History etc., Origine Bibliche, ovvero Ricerche sopra l’Istoria primitiva: op. di Carlo Tilstone Beke, Londra, 1834, ibid., VIII (1839), 22, pp. 45-61; 23, 1839, pp. 197-208.
Fonti e Bibl.: Roma, S. Sabina, Arch. generale Ordinis Praedicatorum, V, 19: P. Bernardino da Ferentino, Necrologio; D. Ricci, Al molto reverendo Padre M. O., professore di Ebraico nell’Archiginnasio Romano sull’articolo letterario pubblicato nelle Notizie del Giorno nr. 21, Roma 1819; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, XIII, Venezia 1842, p. 132; LV, 1852, p. 96, LX, 1853, pp. 305 s.; G. Govoni, Il Sant’Uffizio, Copernico e Galileo, a proposito di un opuscolo postumo del P. O. sullo stesso argomento. Appunti, Torino 1872; I. Taurisano, Hierarchia Ordinis Praedicatorum, Roma 1916, pp. 15, 17; A. Piolanti, L’Accademia di Religione Cattolica. Profilo della sua storia e del suo tomismo, Città del Vaticano 1977, p. 94 e ad ind.; D.A. Mortier, Histoire des maîtres généraux de l’ordre des Frères Précheurs, VII, Paris 1914, p. 475; M. D’Addio, Considerazioni sul processo a Galileo, Roma 1985, p. 118; P. Maffei, Giuseppe Settele, il suo diario e la questione galileiana, Foligno 1987, passim; Copernico, Galilei e la Chiesa. Fine della controversia (1820). Gli atti del Sant’Uffizio, a cura di W. Brandmüller - E.J. Greipl, Firenze 1992, ad ind.; N. Mayaud, La condamnation des livres coperniciens et sa révocation à la lumière de documents inédits des Congrégations de l’Index et de l’Inquisition, Roma 1997, pp. 235-280; D. Penone, I domenicani nei secoli: panorama storico dell’Ordine dei Frati Predicatori, Bologna 1998, p. 393; Ph. Boutry, Souverain et pontife. Recherches prosopographiques sur la curie romaine à l’âge de la Restauration (1814-1846), Roma 2002, pp. 727 s.; P. Vismara, Oltre l’usura. La Chiesa moderna e il prestito a interesse, Soveria Mannelli 2004, ad ind.