LUPI, Mattia
Nacque da Nuccio di Lupo a San Gimignano, nel 1380. Secondo Traversari la famiglia del L. era ragguardevole e aveva dato alla città uomini che avevano partecipato alla vita pubblica o si erano distinti nelle armi.
Nella ricostruzione di Pecori è indicata infatti la discendenza da un Chelino Lupi che, nel secolo XIII, fu tra i consiglieri del Comune, mentre Coppi sottolinea il valore militare di alcuni parenti del L. durante la guerra contro Volterra del 1308.
Notizie sull'infanzia e sulla famiglia del L. si apprendono dagli Annales Geminianenses, poema in dieci libri - consta di circa 12.500 esametri latini - che il L. iniziò a comporre nell'ottobre del 1463.
Dedicato alla storia del Comune toscano dalle origini al 1460 circa, il testo, rimasto incompiuto, è tradito da due codici: il ms. II.II.12 della Biblioteca nazionale di Firenze, vergato alla fine del XVI secolo, e il ms. 72 della Biblioteca comunale di San Gimignano, realizzato per conto del Coppi nel 1701 a partire dal codice conservato a Firenze.
Stando al V libro dell'opera, in particolare, sappiamo che il padre del L. era scampato giovanissimo alla peste del 1348; in quell'occasione aveva perso il genitore che, dopo essersi "provato nelle armi" conquistando, a detta del nipote, la rocca di Nocera, era tornato in patria, si era ammogliato "con la figlia di un tal Cino, soprannominato Berretta" e aveva costruito una casa "iuxta Prunellum" (Traversari, p. 12). Il L. fu probabilmente l'unico figlio di Nuccio, del quale rimase orfano in tenera età.
Il L. compì i primi studi nella città di nascita, sotto la tutela della madre, apprendendo le basi delle lettere e della musica. Quindi dovette soggiornare a Firenze e frequentare Leonardo Bruni: un passo del III libro degli Annales è tuttavia "the sole support for the assertion made by all who have written on Lupi that he was in some formal way Bruni's pupil" (Davies, p. 12).
Il L. vestì l'abito talare; una sottoscrizione nel ms. 19 della Biblioteca comunale di San Gimignano, c. 84v, contenente il Doctrinale di Alexandre de Villadei con commento di anonimo, dichiara che il testo fu trascritto nel 1398 dal L., al tempo già parroco "ecclesie de larniano nec non capelle sancti laurentij plebatus de peccioli in comitatu pisarum" (Catalogo dei manoscritti().
Nel 1403 il L. insegnava grammatica: fu infatti attivo a Pistoia, come attesta il colophon (che porta la data del 9 giugno di quell'anno) del ms. 30 della Biblioteca comunale di San Gimignano, c. 13r, anch'esso di mano del L., contenente il commento di Francesco da Buti all'Ars poetica oraziana. Di lì a qualche mese passò a Prato. In particolare, dà notizia del soggiorno un documento del luglio 1403, conservato presso l'Archivio di Stato di Prato (Comune, 80, c. 48, 1403 giugno-luglio; ora in Pampaloni), nel quale si legge che il L., in qualità di maestro, avrebbe ricevuto dagli allievi "salaria debita et consueta". Conferma inoltre la sua docenza una sottoscrizione del 12 novembre, apposta sul codice del De raptu Proserpinae di Claudiano (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Laur., 33.8, c. 17) che, appunto, copiò un allievo del Lupi.
Nel 1407 (ma tale esperienza era destinata a ripetersi nel 1417, nel 1442 e nel 1454) il L. fu chiamato a insegnare per due anni consecutivi grammatica a San Gimignano. Dalla risposta in esametri che l'autore inviò al Comune in occasione del suo secondo mandato (riportata da Pecori, pp. 618 s.) si comprende come l'insegnamento di grammatica potesse risultare, "se non ravvivato dall'arte del maestro, di una desolante monotonia" (Traversari, p. 16). E tuttavia la città di San Gimignano ebbe a cuore l'opera del L., che, nel 1442, non soltanto ottenne privilegi ed esenzioni per sé e per il figlio naturale Lupo, morto nel 1465, ma, con la nomina a maestro di grammatica, si assicurò uno stipendio di 60 fiorini d'oro, destinato a diventare di 100 fiorini, più il diritto di percepire un adeguato compenso dagli studenti forestieri.
Intorno al 1408 il L. ottenne - probabilmente per intercessione del Bruni, in quegli anni al seguito di papa Gregorio XII - la pieve di San Pietro d'Aiuolo nel territorio di Prato, del cui benefizio godette fino al 1462 circa, quando, nel tentativo di difendersi dalle pretese di chi avanzava diritti di patronato sulla chiesa e sui beni di collazione pontificia, decise di concedere la pieve a un tal Antonio, a patto che continuasse a difendere i suoi diritti.
Un altro passaggio importante della biografia del L. riguarda il biennio 1423-24, allorché, secondo la ricostruzione di Traversari, il L. insegnò nello Studio senese. Lì ebbe per allievo Enea Silvio Piccolomini, il futuro papa Pio II, anch'egli ricordato negli Annales. In tale circostanza sarebbe avvenuto pure l'incontro con Antonio Beccadelli, il Panormita, che, negativamente colpito dalle qualità intellettuali e fisiche del grammatico (tra l'altro, era claudicante), gli indirizzò undici epigrammi, decisamente mordaci, del suo Hermaphroditus (I 10, 11, 16, 17, 26, 36; II 15, 16, 19, 24, 27).
Due documenti in particolare attestano la presenza del L. a Siena tra il 1420 e il 1424: un passo di una lettera del Bruni a Giannicola Salerno conservata presso la Biblioteca comunale di San Gimignano, ms. 27, c. 120v (cit. in Davies, p. 1) e un atto conservato presso l'Archivio di Stato di Siena (Biccherna, Battezzati, n. 1032, cit. in Corso), da cui si evince che il L., il 31 marzo 1424, fu compare in un battesimo. Una missiva di Gregorio Lolli a Iacopo Ammannati Piccolomini, invece, conferma che tra i primi maestri di Pio II figurò quello stesso L. preso a bersaglio dal Panormita (Davies, p. 18). L'ipotesi che il Panormita, nato nel 1394, potesse davvero essere tra gli allievi del L. ha suscitato qualche perplessità: Davies ha dunque preferito individuare la causa degli attacchi contenuti nell'Hermaphroditus in una rivalità professionale o poetica.
Dopo il 1440 il L. divenne vicario del vescovo di Pistoia; nel 1450 (o 1454), inoltre, fu nominato canonico della collegiata di San Gimignano. Presente ad Aiuolo ancora nell'aprile del 1459, il L. venne laureato poeta poco prima del 1463: oltre a un passo contenuto nel proemio degli Annales, confermano l'evento un carme ad Lupium poetam composto da Leonardo di Piero Dati (che forse conobbe il L. mentre studiava a Pistoia), tradito dal ms. 1027 della Biblioteca Riccardiana di Firenze, cc. 38v-39r; e un ritratto del grammatico cinto d'alloro, eseguito nel 1487 da Sebastiano Mainardi nella chiesa di S. Agostino in San Gimignano.
È probabile che il L. abbia trascorso i suoi ultimi anni di vita a Prato, dove morì prima del 24 sett. 1468, data in cui il Comune di San Gimignano deliberò di far trasportare il suo corpo in patria.
Si conserva l'Oratio habita in funere praestantissimi viri et venerandi viri Mathiae Lupii per M.B. (Biblioteca Medicea Laurenziana, Laur., 89.27, cc. 83-84: al di là delle proposte di identificazione dell'autore (un Bartolo Mainardi, esecutore testamentario, secondo Traversari; messer Bartolommeo Nerucci, secondo Davies), il testo conferma l'ammirazione che i concittadini ebbero per il L., distintosi sia come insegnante e umanista sia come bibliofilo. La sua biblioteca, infatti, confluì in parte nella Biblioteca comunale, in parte nella raccolta Laurenziana ai tempi di Cosimo I.
Prescindendo dai versi composti per la morte (avvenuta nel 1411) di Antonio da San Gimignano, maestro di retorica a Pistoia (Firenze, Biblioteca Riccardiana, Riccard., 906, cc. 30-31), sono soprattutto gli Annales Geminianenses a dare testimonianza dell'attività letteraria del L., che, per altro, assunse a modello le Historiae Florentini populi del Bruni. E tuttavia, il suo sforzo "doveva riuscire e riuscì infatti una mostruosità" (Traversari, 1903, p. 27): il poema incompiuto appare privo di coerenza, unità e proporzione, con un andamento annalistico "tale, per cui i fatti, per quanto varî, si susseguono nella loro nudità gli uni agli altri senz'altro legame che di tempo" (ibid., 1904, p. 121). Assente è anche il minimo afflato poetico: sicché l'"esametro il più delle volte suona come suonerebbero i versi di colui che contasse sulle dita le sillabe, non guardando alle pause e agli accenti" (ibid., p. 122).
Quanto alla passione per i libri, è degno di nota il fatto che il L. copiò di sua mano - anche in età avanzata - diversi codici: oltre ai due già menzionati della Biblioteca comunale di San Gimignano, si segnalano i manoscritti Laurenziano 37.18, la cui seconda parte, contenente le Puniche di Silio Italico, fu trascritta dal L. nel 1453-54, e il Laurenziano 53.8, contenente il commento di Donato a Terenzio, copiato nell'aprile 1459. Alcuni manoscritti furono inoltre realizzati per suo conto da allievi o conoscenti, come i Laurenziani 36.23 (Fasti di Ovidio, Catullo) e 51.9 (Saturnalia di Macrobio, De deo Socratis di Apuleio), il cui copista è stato identificato con quel Bartolommeo di Pietro Nerucci di San Gimignano, citato come possibile autore dell'orazione funebre del Lupi.
Nel 1449 il L. stabilì di offrire al Comune di San Gimignano la sua biblioteca a patto che nella sacrestia della pieve fosse edificato un locale adatto a ospitarla. La città accolse le condizioni del L. che, nel maggio del 1456, fece nuove dichiarazioni per spiegare quelle date in precedenza. I lavori per la costruzione della libreria furono completati nel 1460.
Fonti e Bibl.: A. Beccadelli, Hermaphroditus, a cura di D. Coppini, Roma 1990, pp. LXXXIV, LXXXIX, 22 s., 30 s., 46, 60, 100 s., 105, 112 s., 118; G.V. Coppi, Annali, memorie ed huomini illustri di Sangimignano(, Firenze 1695, p. 193; L. Pecori, Storia della terra di San Gimignano, Firenze 1853, pp. 485, 618 s.; F. Flamini, Leonardo di Piero Dati poeta latino del secolo XV, in Giorn. stor. della letteratura italiana, XVI (1890), pp. 76 s.; L. Barozzi - R. Sabbadini, Studi sul Panormita e sul Valla, Firenze 1891, p. 19; E. Casanova, La libreria di M.L. da San Gimignano, in Riv. delle biblioteche e degli archivi, VIII (1897), 1-5, pp. 64-68; G. Traversari, Di M. L. (1380-1468) e de' suoi Annales Geminianenses, in Miscellanea storica della Valdelsa, XI (1903), pp. 10-27, 108-128; XII (1904), pp. 117-136; V. Cian, La satira, I, Dal Medioevo al Pontano, Milano 1939, pp. 434 s.; C. Corso, Il Panormita in Siena e l'Ermafrodito, in Bull. senese di storia patria, LX (1953), pp. 147 s.; Catalogo dei manoscritti della Biblioteca comunale di San Gimignano, a cura di G. Garosi, Firenze 1972, p. 111; F.P. Luiso, Studi sull'epistolario di Leonardo Bruni (1899), a cura di L. Gualdo Rosa, Roma 1980, p. 33; G. Pampaloni, Prato nella Repubblica fiorentina. Sec. XIV-XVI, in Storia di Prato, II, Prato 1980, p. 196 n.; G.C. Alessio, "Hec Franciscus de Buiti", in Italia medioevale e umanistica, XXIV (1981), pp. 71, 75 s., 78; M.C. Davies, The senator and the schoolmaster: friends of Leonardo Bruni Aretino in a new letter, in Humanistica Lovaniensia, XXXIII (1984), pp. 1-21.