ARNOLD, Matthew
Poeta e critico inglese, nato il 24 dicembre 1822 a Laleham (Middlesex), morto il 15 aprile 1888 a Liverpool. Figlio del dottor Thomas Arnold, direttore della scuola di Rugby dal 1828, crebbe in un ambiente accademico. La sua prima pubblicazione fu un poema premiato a scuola, Alaric at Rome (1840), ove è notevole l'influsso del Byron. Con un altro poema, Cromwell, vinse il premio Newdigate a Oxford: ivi si laureò nel 1844 con onori di secondo grado, e nel 1845 ottenne una fellowship a Oriel College. Insegnò come assistente a Rugby, e infine da lord Lansdowne, di cui era stato segretario dal 1847 in poi, fu nominato ispettore scolastico nel 1851. Nello stesso anno si unì in matrimonio con la figlia d'un magistrato, Frances Lucy Wightman. Fin dal 1849 aveva attirato l'attenzione di pochi ma eletti intenditori con un volumetto di versi anonimi (by A.), The strayed reveller and other poems (stampato a Londra come i volumi citati più oltre), ove figurano alcune delle sue poesie più ammirate, The Forsaken Merman, Mycerinus e Resignation. Poeta maturo appare nel secondo volume di versi pubblicato con quella stessa sigla (A.), Empedocles on Etna and other poems, 1852, pregevole soprattutto per i passi lirici (i canti di Callicles nel poema drammatico Empedocles): l'influsso di Byron ha fatto luogo all'influsso di Wordsworth e specialmente di Goethe. ll contenuto di questo volume, eccetto l'Empedocles, riapparse in Poems by Matthew Arnold, a new edition, 1853, insieme con Sohrab and Rustum (suggerito dalla lettura di Firdūsi), The Scholar-Gipsy e Requiescat. Notevole la prefazione, ove l'autore, condannando la soverchia attenzione data dai critici contemporanei alle bellezze particolari, e insistendo sulla necessità di giudicare un'opera di poesia come un tutto, si può dire dia principio a quella campagna contro il gusto corrente degl'Inglesi, che fu la più cospicua attività della sua vita. Il critico e il polemista già prendevano la mano al poeta, ma questo fa ancora udir la sua voce nella seconda serie dei Poems, 1855, contenente, tuttavia, due sole composizioni nuove, Separation e Balder Dead (nel quale un argomento tolto dalla mitologia scandinava è trattato omericamente). Dopo questo volume la sua riputazione di poeta, nei circoli accademici, poteva considerarsi stabilita; a ciò si deve la sua nomina nel 1857 alla cattedra di poesia a Oxford, che egli tenne per dieci anni. Inaugurò i suoi corsi con una tragedia, Merope, meno notevole come opera d'arte che come manifestazione di critica militante, meno per i versi, assai freddi che per la prefazione-programma: il poeta opponeva canoni di classicità al romanticismo tuttora prevalente, ed esaltava il dramma greco.
Questo atteggiamento dell'A. può confrontarsi con l'atteggiamento che proprio in quegli anni aveva assunto tra noi il Carducci, e coi tentativi di metrica barbara del Carducci si possono paragonare simili tentativi, spesso infelicissimi, dell'Arnold. A entrambi nocque fino a un certo punto l'eccessiva cultura, meno però al poeta italiano.
L'ispirazione poetica tornò a quando a quando, ma sempre più raramente, a visitare l'A.; però A Southern Night, poesia scritta nel 1859 per commemorare la morte di alcuni parenti, e l'elegia Thyrsis, 1861, in memoria dell'amico A. H. Clough, entrambi pubblicate in New Poems (1867), sono tra le sue migliori.
Ma l'A. s'era nel frattempo orientato definitivamente verso la critica. Frutto del suo ufficio accademico furono le tre conferenze On Translating Homer (1861; un quarto saggio nel 1862) ancora consultate e citate più che altro per le loro considerazioni sul tradurre in genere, e le conferenze On the Study of Celtic Literature (1867), ove, cercando di definire le qualità che contraddistinguono la poesia inglese, l'A. adopera la formula Celtic magic, tanto fortunata quanto etnograficamente fantasiosa. Le più notevoli digressioni che l'A. - d'idee liberali conservatrici - fece nel campo della politica furono per sostenere la necessità dell'indipendenza italiana con l'opuscolo England and the Italian Question, 1859, e per invocare nella politica inglese un metodo più scientifico con Friendship's Garland (1871), raccolta di lettere pubblicate nella Pall Mall Gazette, che si distinguono dagli altri scritti dell'A. per il tono vivace e satirico col quale egli vi critica caratteristici difetti dei suoi connazionali.
Degl'Italiani moderni l'A., nel suo viaggio del 1865, riportò l'impressione che essi imitassero troppo i Francesi, e aggiungeva: "Giova a noi Inglesi trarre esempio dai Francesi, che sono così diversi da noi, ma non giova agl'Italiani, che appartengono a una nazione sorella".
Più volte per incarico governativo l'A. fece viaggi all'estero, visitando scuole e università, e riportò relazioni sullo stato dell'educazione in Francia, in Germania, in Olanda, ecc.: la mole di osservazioni ch'egli raccolse durante i trentacinque anni del suo ispettorato (1851-1886) forma un notevole contributo alla storia della pedagogia del secolo scorso, e non fu senza influsso sullo sviluppo dell'istruzione inglese, soprattutto elementare. L'A. era per un'educazione umanistica anziché per un'educazione che trascurasse gli elementi formativi per gl'informativi, e invocava l'intervento statale nella organizzazione scolastica inglese, troppo abbandonata alla libera iniziativa. Nel 1883 all'A. fu conferita da Gladstone una pensione di 250 sterline annue per i suoi meriti letterari. Nel 1883 e nel 1886 fece conferenze negli Stati Uniti. Dopo una vita professionalmente brillante, addolcita nell'intimità da un armonioso ambiente familiare (purtroppo funestato dalla morte di tre figli), l'A., che dal 1873 aveva preso residenza a Cobham, morì a Liverpool di mal di cuore. Fu alto e solenne nella persona, energico e quasi militare nel volto, franco e amabile nei modi, arguto nella conversazione.
Il merito principale dell'A. è di essere stato un potente strumento di cultura. Le sue campagne contro il barbarismo, il materialismo e il "filisteismo" (Philistinism, parola che, presa a prestito dai tedeschi e messa in circolazione dall'A., ebbe grande fortuna) della beata Inghilterra vittoriana, soddisfatta delle proprie magnifiche sorti e progressive, e quindi intellettualmente apatica, si possono adeguatamente valutare, oggi, solo collocandosi da un punto di vista storico, che la maggioranza delle conferenze e dei saggi in cui egli andò esponendo le sue idee, in modo non sempre esente da certa cattedratica sicumera, e cercando d'inculcarle nelle menti dei suoi contemporanei, come in quelle d'una scolaresca cocciuta e distratta, hanno perduto ora gran parte del loro valore attuale, senz'acquistare una patina di classicità. Le sue famose raccolte di Essays in Criticism (1865, ed. definitiva 1889, Second Series 1888) e gli altri suoi scritti critici (Culture and Anarchy, 1869, Discourses in America, 1885, ecc.) sono ricchi di pregi di stile, nonostante le eccessive ripetizioni (l'A. ebbe a modello soprattutto le causeries del Sainte-Beuve), ma non sono tutti ugualmente pregevoli per sicurezza di giudizio.
Accanto alle eccellenti interpretazioni di Wordsworth, Byron, Goethe, Heine, Leopardi (nel quale ultimo egli ammirava quello stesso lucido stoicismo che gli faceva scoprire anime fraterne in Epitteto, Marco Aurelio e Sénancour), altre difettano di simpatia (cfr. giudizio su Shelley), o addirittura peccano di errori di prospettiva e di valutazione, in gran parte dovuti all'eccessiva importanza data dall'A. al contenuto di pensiero in sé stesso (nel caso, p. es., di Maurice de Guérin, che egli non esita a ritener superiore al Keats).
Lodevole in ogni modo ed efficace fu lo sforzo dell'A. nel presentare un ideale di serena saggezza, di luce intellettuale alla Goethe, e nell'allargare il campo d'osservazione dei suoi connazionali dall'Inghilterra a "quanto di meglio s'era pensato e detto nel mondo". L'incertezza del gusto l'A. non poteva compensarla con solidità di fondamento filosofico, poiché apparteneva a un'ingrata età di trapasso, in cui l'enunciazione, ancor troppo cruda, di nuove vedute scientifiche stava sconvolgendo la coscienza europea. Di questo stato di trapasso soffrono soprattutto gli scritti dell'A. che hanno attinenza alla religione, nei quali egli sembra inclinare verso una concezione liberale della teologia e una sorta di panteismo etico (in questo campo l'A. risentì l'influsso di Ewald e di Renan).
Non più felice era il clima in cui fiorì la poesia dell'A. Quel conflitto tra arte e vita che si nota nel Tennyson e in altri poeti di quest'età, assume forma più acuta in un A., natura ambigua fra di critico e di poeta. Un Tennyson, un Rossetti, incapaci di attingere quella suprema conciliazione tra i due elementi della quale soltanto nei grandi poeti si ha esempio, trovano una soluzione, negando uno degli elementi e rifugiandosi nell'altro: cercando nell'arte, nel sogno, uno schermo dalla vita e dai suoi tormentosi enigmi. A questa condizione il loro mondo è in sé perfetto, sebbene esiliato, frammentario, non universale, e, in quanto non tale, irreale. Ma l'A. sentiva, come critico, che la poesia dev'essere a criticism of life. una quintessenzialità della vita, secondo la sua felice e fortunata definizione. Appunto per questo egli non poteva esiliarsi nel mondo del puro sogno, ma neppure sapeva conciliare il sogno con la vita, il mondo del desiderio col mondo dell'esperienza, che per giungere a tal conciliazione avrebbe dovuto di troppo esser superiore a quell'età di transizione in cui visse. Ma la coscienza critica, sempre desta, gl'impedì di toccare quella sia pur relativa e circoscritta perfezione a cui giunsero altri poeti suoi contemporanei. Onde, in conclusione, in fondo a questa poesia che si richiama ai classici come a modelli, è un angoscioso contrasto, per eccellenza romantico, tra il pensiero raziocinante del critico e la nostalgica aspirazione del poeta a un clima di serena beatitudine. Poche volte l'A. lascia libero sfogo alla sua vena, esigua ma spontanea, e il suo tono naturale è allora l'elegiaco.
Ediz.: Works, Londra 1903-4, 15 voll. (ediz. di lusso), con bibliografia di T. B. Smart. Vedi anche l'ediz. Oxford deì Poems (1840-1867) a cura di A. Quiller-Couch, 1913. Un'utile edizione degli Essays è quella di Oxford 1914. V. anche Letters of M. Arnold (1848-88), raccolte da G. W. E. Russell, Londra 1895 (incluse nell'ediz. completa).
Bibl.: G. E. B. Saintsbury, M. A., in Modern English Writers, Londra 1899; H. W. Paul, M. A., in English Men of Letters, Londra 1907; W. H. Dawson, M. Arnold and his Relation to the Thought of his Time, New York 1904; O. Elton, Tennyson and M. Arnold, Londra 1924. Per l'attività pedagogica, J. Fitch, Thomas and M. Arnold, in Great Educators Series, Londra 1897.