SALVUCCI, Matteuccio
– Nacque a Bettona nel 1575 (Teza, 1982, pp. 61 nota 3, 64 doc. 1). Documentato a Perugia dal 1594, anno in cui prese in subaffitto dal pittore Giulio Cesare Angeli, insieme a Vincenzo di Giuseppe, una bottega nel centro cittadino, nel 1595 fu compensato dal Comune «per le pitture sopra la porta Eburnea» (Teza, 1982, pp. 43, 62 nota 13, 64 doc. 4), ricevendo negli anni successivi (1595-97) ulteriori pagamenti per lavori di carattere essenzialmente decorativo. Suggellò il suo pieno inserimento nella società perugina con l’acquisto di una casa, il raggiungimento della cittadinanza (1603) e l’iscrizione alla matricola dei pittori (1604) (ibid., pp. 43, 62 note 13-15, 64 docc. 3-8, 10, 12, 13, 17-19).
A parte la segnalazione di alcune sue opere fornite dalla periegetica locale, fu lo scrittore e collezionista d’arte Lione Pascoli a tratteggiarne l’unico profilo biografico esistente, che, al netto di inesattezze e imprecisioni, si rivela interessante per una brillante intuizione del biografo, che spiega l’estroso e personalissimo stile dell’autore come un riverbero del suo singolare profilo umano (Pascoli, 1732, 1965, p. 171). Fin dagli anni della formazione giovanile, avvenuta all’interno del cantiere della basilica di S. Maria degli Angeli ad Assisi, risulta chiara in Salvucci una decisa inclinazione per i modi barocceschi e particolarmente per quella linea espressiva che sviluppa in toni divertiti e umoreschi le indicazioni narrative di eclettici divulgatori come Giovanni Battista Lombardelli (Mancini, 1987, p. 69). Ciò si evince, in effetti, nelle prime prove superstiti dell’artista: i due riquadri con Miracoli francescani, al centro del sottarco della cappella Coli-Pontani nella basilica di S. Maria degli Angeli, composito cantiere della cultura baroccesca umbra, e nei successivi affreschi della sala di S. Francesco in palazzo Giacobetti ad Assisi (1602 circa), dove Salvucci realizzò una vela del soffitto con grottesche e paesaggio che, negli esiti brilliani, ricorda la decorazione della torre dei Venti in Vaticano. In ragione di ciò, è plausibile collocare nel periodo giovanile e non nella maturità il presunto soggiorno romano ricordato da Pascoli (1732, 1965, pp. 172 s.), come hanno ragionevolmente supposto Teza (1982, pp. 43, 62 nota 12) e Mancini (1987, p. 69).
A ciò si può aggiungere che un significativo cantiere per l’apprendimento di modelli fiamminghi è rappresentato da palazzo Vitelli a S. Egidio a Città di Castello, dove Salvucci eseguì delle grottesche nel vano del ricetto, accanto ai paesaggi brilliani del bolognese Cesare Baglione (Rosini, 1986). Significativo, a questo riguardo, è anche il recente rinvenimento dell’Inventario delle cose e beni rimasti nell’eredità di Mattiuccio di Francesco Salvucci, redatto dal figlio Francesco Maria, alla morte del padre, e conservato presso l’Archivio di Stato di Perugia (Notarile, notaio Baldassarre Bonacquisti, 3168, cc. 1261r ss.; Civitareale, 1989-1990, pp. 200-210). Della lista colpiscono il cospicuo numero di quadri ‘a guazzo’, cioè a tempera, oggi tutti perduti, che farebbero supporre l’uso di tale tecnica come base preparatoria dei dipinti a olio secondo l’uso degli artisti veneti e fiamminghi, o come modelli. Inoltre la presenza nell’inventario di dipinti raffiguranti paesaggi, cacce, descrizioni di fenomeni naturali, oltre che di numerose stampe con scene di caccia e pesca, di uccelli, di volume a carattere geo-descrittivo, di disegni con scene di guerre e di volumi a carattere miscellaneo, costituisce una conferma esplicita del forte influsso esercitato dall’arte fiamminga e nordica in genere, attraverso dipinti, disegni e stampe, nella formazione artistica di Salvucci. Di una sua attività nell’Umbria settentrionale permane testimonianza nella decorazione con Santi vescovi e Profeti della chiesa del monastero di S. Pietro a Gubbio, purtroppo assai danneggiata e interessata da estese ridipinture (Teza, II, 1988, p. 831).
Collocabile nel primo quinquennio del secolo XVII è la decorazione ad affresco con Storie di s. Benedetto nei peducci delle volte e monocromi con Episodi della vita di s. Giovanni Battista nell’oratorio della Confraternita di S. Benedetto a Perugia, opera per la quale, a detta di Pascoli (1732, 1965, p. 172), Salvucci riscosse «sommo applauso», ottenendo, in virtù di ciò, l’iscrizione onoraria alla lista degli affiliati all’oratorio. Nel 1606 Salvucci realizzò le miniature per i nuovi catasti della cattedrale di S. Lorenzo e della chiesa di S. Maria di Monteluce, conservate a Perugia rispettivamente negli archivi capitolare e diocesano, attribuzione quest’ultima suffragata, oltre che dal dato stilistico, anche dalla restituzione all’artista di una parte degli affreschi della chiesa, databili, in base a un’iscrizione, al 1602 circa (Teza, 1982, pp. 46-48). Nello stesso anno ricevette dal Collegio del Cambio l’incarico di eseguire una «cartella dipinta» per il nuovo Catasto del Cambio, oggi purtroppo perduta (Teza, 1982, pp. 46, 62 nota 22, 65 doc. 23). Nel 1608 realizzò una tela raffigurante il Salvatore in gloria e i ss. Benedetto e Scolastica per la chiesa di S. Maria Maddalena a Perugia, oggi irrintracciabile ma ricordata da Pascoli (1732, 1965, p. 172) e da Orsini (1784, 1973, pp. 54 s.), che al dipinto, firmato e datato, riservò un lusinghiero giudizio. Nel 1611 mise mano anche al frontespizio degli Annali decemvirali del secondo semestre del 1611, rivelando una non comune «capacità di organizzare gli spazi entro una rete serrata di motivi decorativi tracciati con scioltezza disegnativa, sensibilità cromatica, coerenza stilistica» (Mancini 1987, p. 72). Nel 1612 eseguì la decorazione della sagrestia della chiesa di S. Fiorenzo a Perugia, su probabile chiamata di Fulvio Paolucci, protonotario apostolico e conservatore della chiesa, ricordato in un’iscrizione del 1612 riportata da Orsini (1784, 1973, p. 200), rappresentando nelle lunette, contornate da vele decorate a grottesche, spartite da peducci con paesaggi, episodi della vita del santo titolare. In questo ciclo, caratterizzato da una maniera romano-senese cui si uniscono suggestioni della cultura fiamminga tratte probabilmente da esemplari incisi di Hendrick Goltzius e dell’assisiate Francesco Villamena, l’artista esplicò al meglio la sua brillante verve narrativa. Nello stesso anno, egli realizzò la doratura dell’organo della chiesa di S. Maria Nuova e la decorazione a monocromi e grottesche degli specchi della balaustra (Lancellotti, ante 1671, c. 208v). Sempre nella chiesa, Salvucci avrebbe eseguiti nella cappella dell’Addolorata, a detta di Orsini, che desume la notizia da Lancellotti, «i grotteschi che sono dipinti nel volto della nave» (ibid., c. 53r; Orsini, 1784, 1973, p. 234). A parte gli affreschi, purtroppo perduti a seguito dei restauri ottocenteschi, permane la decorazione interna del celetto di un pulpito di legno della navata centrale, non distante dalla cappella dell’Addolorata, con grottesche, paesaggi e alcuni stemmi di famiglie nobili perugine.
Spettano sempre a Salvucci due paesaggi, le Storie della vita di s. Francesco e di s. Domenico, e le immagini dei Ss. Ercolano e Ludovico, purtroppo molto ridipinte, nella sala Gialla del palazzo dei Priori a Perugia. Dal 1615 e per l’ultimo decennio della sua attività, l’artista partecipò assiduamente alla vita politica e amministrativa della città (Teza, 1982, pp. 57, 63 nota 52, 65 doc. 45, 66 docc. 70, 73, 78-81): negli anni in cui fu eletto maestro di Strada (1615-24) portò a conclusione la costruzione della fonte di Veggio (1615-16), realizzata su suo disegno (Siepi, 1822, II.1, p. 698). Dal 1620 al 1627, anno della sua morte, avvenuta il 24 dicembre (Teza, 1982, pp. 47 s.) ma riportata erroneamente al 1628 da Pascoli (1732, 1965, p. 173), Salvucci fu chiamato nella chiesa perugina di S. Ercolano a illustrare un ambizioso progetto, che prevedeva il completo rinnovamento della cappella maggiore, come ricorda il biografo: delle sette tele previste, quattro con episodi della vita del santo, tre con le Virtù teologali, ne vennero in realtà realizzate solo quattro (I Goti sotto le mura di Perugia e decollazione di s. Ercolano, Rinvenimento del corpo del santo, Allocuzione del santo ai cittadini, Traslazione di alcune reliquie del santo nella sua chiesa), menzionate già da Morelli (1683, p. 72), di cui l’ultima incompiuta, in cui l’artista compose «un pastiche tra l’impianto compositivo nordico, esempi manieristi contemporanei (Giovanni De’ Vecchi, Cesare Sermei) e recuperi arcaizzanti dei più consacrati testi figurativi locali sulla vita di s. Ercolano, e cioè gli affreschi di Benedetto Bonfigli nella cappella dei Priori» (Teza, II, 1988, p. 831). A conclusione del catalogo di Salvucci si pongono le lunette di palazzo Cavaceppi a Perugia, datate 1627, interessante antologia degli episodi più significativi della storia di Perugia, anche se il tono generale delle pitture, indurite da ridipinture e dall’esteso intervento di aiuti, solo raramente recupera quella frizzante capacità narrativa che aveva caratterizzato i cicli precedenti.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Perugia, Notarile, notaio Baldassarre Bonaquisti, 3168, cc. 1261r ss.; Perugia, Biblioteca Augusta, ms. B.4: O. Lancellotti, Scorta sagra, ante 1671, cc. 53r, 208v.
G.F. Morelli, Brevi notizie delle pitture e sculture che adornano l’augusta città di Perugia, Perugia 1683, p. 72; L. Pascoli, Vite de’ pittori, scultori ed architetti perugini (1732), III, ed. anast. Amsterdam 1965, pp. 171-173; B. Orsini, Guida al forestiere per l’augusta città di Perugia (1784), a cura di B. Toscano, Treviso 1973, pp. 54 s., 79, 199 s., 228, 234; S. Siepi, Descrizione topologico-istorica della città di Perugia, I, Perugia 1822, p. 174, II.1, pp. 277, 294, 350, 469, 538, 698; L. Teza, Un protagonista del tardo manierismo perugino: M. S., in Esercizi. Arte musica spettacolo, V (1982), pp. 41-66; C. Rosini, Dietro la moda delle grottesche: Prospero Fontana e Paolo Vitelli, Città di Castello 1986, p. 197, figg. 383-384; F.F. Mancini, Miniatura a Perugia tra Cinquecento e Seicento, Perugia 1987, pp. 69-72; L. Teza, S., M., in La pittura in Italia. Il Cinquecento, a cura di G. Briganti, II, Milano 1988, p. 831; M.G. Civitareale, Committenza e collezionismo a Perugia nei primi anni del Seicento, tesi di laurea, Università degli Studi di Perugia, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1989-1990, pp. 200-210; C. Galassi, M. S., in Nel segno di Barocci. Allievi e seguaci tra Marche, Umbria, Siena, a cura di A.M. Ambrosini Massari - M. Cellini, Milano 2005, pp. 326-329.