SPINELLI, Matteo
– Presunto autore di una compilazione cronachistica in volgare della seconda metà del XIII secolo, i cosiddetti Diurnali, che coprono un arco di ventuno anni, dagli ultimi anni di vita dell’imperatore Federico II di Svevia all’avvento di Carlo I d’Angiò (1247-68), ma sono frutto con certezza di una falsificazione cinquecentesca, quanto meno nella forma giunta sino a noi.
La prima menzione di Annotamenti di Matteo da Giovinazzo (quindi senza riferimenti al cognome) viene da Angelo Di Costanzo (Historia del Regno di Napoli, L’Aquila 1581, Proemio), che lo adoperò per la prima parte della sua narrazione; dopo di lui anche Scipione Ammirato e Giovanni Antonio Summonte (Historia della citta e Regno di Napoli, 1675, II, p. 134) ne fecero uso.
La prima edizione integrale del testo si deve a Daniel Papebroch che, nell’inserire l’opera nel Propylaeum ad Acta Sanctorum Maji (1685), decise di tradurla in latino; il testo edito era estratto da un codice conservato a Viterbo e proveniente dalla biblioteca del cardinale Cobellutius (Scipione Cobelluzzi), bibliotecario e archiviario di Sancta Romana Ecclesia dal 1618 al 1626. La prima edizione del testo in volgare si deve invece a Ludovico Antonio Muratori nel 1725, il quale utilizzò una copia inviata da Giovan Battista Tafuri, erudito, ma anche noto falsario salentino, che a sua volta espresse dubbi sull’autenticità nella Censura premessa all’edizione muratoriana. La successiva edizione di Giovanni Gravier contribuì a normalizzare ulteriormente il volgare usato nella cronaca. Nello stesso secolo cominciarono con più costanza a essere sollevati dubbi sull’autenticità della cronaca da parte di Francesco Capecelatro e del marchese Andrea De Sarno (1778). La querelle venne ripresa dopo la nuova edizione curata da Honoré De Luynes, che aveva utilizzato un ulteriore testimone manoscritto, sempre del XVI secolo e conservato in Francia. Peraltro De Luynes, cogliendo i numerosi problemi di cronologia che la successione degli avvenimenti narrati nel testo poneva, decise di non utilizzare la successione e le indicazioni degli anni presenti nelle tardive copie manoscritte, ma tentò di ripristinare un ordine verosimilmente sconvolto dai copisti. Seguì nel 1866 l’edizione nei Monumenta Germaniae Historica (MGH) per le cure di Hermann Pabst, che utilizzò un ulteriore nuovo testimone conservato a Berlino e accreditò l’autenticità del testo.
Quasi contemporaneamente, nel 1868, Wilhelm Bernhard pubblicò uno studio che con un’analisi puntuale del testo ne evidenziava tutte le incongruenze e concludeva con un giudizio piuttosto categorico sulla non autenticità del testo; l’opera sarebbe stata composta dallo stesso Di Costanzo nel XVI secolo per campanilismo e soprattutto per attribuire patenti di nobiltà grazie all’inserimento nei Diurnali di antenati poco plausibili di famiglie della nobiltà regnicola in età moderna. Nei decenni successivi si schierò a favore della genuinità del testo Camillo Minieri Riccio, mentre ne attaccò l’autenticità Bartolomeo Capasso che attribuiva la falsificazione a eruditi napoletani del XVI secolo e non più a Di Costanzo. La polemica si è poi trascinata ancora per tutto il XX secolo soprattutto con difese da parte di storici locali, senza trovare una definitiva soluzione.
Nell’assenza di testimoni manoscritti medievali e dunque nell’impossibilità pure di un’analisi linguistica (anche per l’inquinamento normalizzante), la discussione si è svolta inevitabilmente sul piano dell’analisi contenutistica. Le indiscutibili inesattezze (ad esempio, a proposito di un viaggio in Sicilia di Federico II nel 1249), il disordine cronologico e le incongruenze cronologiche (ad esempio, la menzione di festività successive al Duecento, calchi da Giovanni Villani e Biondo Flavio), non consentono comunque di escludere categoricamente l’esistenza di un nucleo originario pesantemente interpolato. Per giungere a una più ponderata presa di posizione sulla redazione del testo sarebbe necessaria una nuova edizione critica, dopo quella insoddisfacente di Pabst, che tenga conto, oltre che dei diversi e tardi testimoni superstiti, anche della stratificazione del testo stesso e delle ipotetiche fasi redazionali, senza avere l’ossessione positivistica di dimostrare l’autenticità o falsità del testo così come a noi giunto.
In tale contesto ha un suo significato l’esistenza nell’obituario della chiesa di Giovinazzo di defunti cognominati Spinelli, anche se nulla si sa né della famiglia né di un Matteo per il Duecento.
Il testo cronistico collocherebbe la nascita di Matteo nel 1230-1231, confermando anche un suo stretto legame con la città di Giovinazzo e ancor più con tutta l’area del Nord-Barese e con Barletta, vero centro di riferimento dell’area pugliese nella sua narrazione.
Nel cap. 55 (dell’edizione MGH) l’autore scrive espressamente «In questo tiempo io era de 23 anni et me trovai a Barletta» con riferimento all’ingresso di papa Innocenzo IV a Napoli nel giugno del 1254; la sua nascita sarebbe quindi da collocare tra la fine del 1230 e gli inizi del 1231. Riferisce inoltre di essere stato in buoni rapporti con Francesco Loffredo, nominato giustiziere di Terra di Bari sotto Manfredi, e di aver militato nel partito svevo; un suo zio di nome Coletta Spinello sarebbe stato sindaco della città di Giovinazzo nel 1250 (cap. 32). Dopo la vittoria di Carlo I d’Angiò, Spinelli non avrebbe comunque esitato a passare prontamente sul carro del vincitore: infatti sarebbe stato eletto sindaco di Giovinazzo e avrebbe partecipato al «general parlamento» che si tenne l’anno seguente nella città di Napoli per ordine di re Carlo I d’Angiò, nel 1266, o meglio nel 1267; più tardi, con molti baroni del Regno si sarebbe recato a Sora, per confermare l’appoggio a re Carlo contro Corradino.
In realtà una serie di episodi narrati si riferiscono ad avvenimenti databili tra il 1230 e il 1247, ma vengono presentati sotto forma di ricordi autobiografici o anche sotto forma di narrazione di terzi. Ad esempio, si può citare il fortunoso salvataggio (cap. 57 nell’edizione MGH) che nel 1246 avrebbe operato Donatiello de Stasio di Matera, al servizio di casa Sanseverino, a favore del giovane Ruggero Sanseverino dopo la rotta di Canosa, per seguirne rapidamente le vicende dopo il salvataggio, segnate dall’alleanza con papa Innocenzo IV; l’episodio è ricco di dettagli e vivido e, per quanto apparentemente del tutto decontestualizzato rispetto a quanto segue e precede, quasi fosse un ricordo messo a un certo punto su carta dall’autore, pare però funzionale a giustificare la ricchezza di informazioni sul ruolo che negli anni successivi avrebbe giocato Ruggero Sanseverino per i fuoriusciti filopapali.
Sempre sulla base delle informazioni del testo, la morte di Spinelli si collocherebbe presuntivamente nel 1269 perché a questa altezza cronologica la sua narrazione si interrompe.
Fonti e Bibl.: Conatus chronico-historicus, in Propylaeum ad Acta Sanctorum Maii, a cura di G. Henschen - D. Papebroch, Antverpiae 1685, pp. *40-*49 (ed. in latino), ristampata con il titolo Matthei Spinelli de Juvenatio Chronicon da G. Caruso, Biblioteca Historica Regni Siciliae, II, Palermo 1723, pp. 1089-1103; L.A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, VII, Venezia 1725, coll. 1055-1108; G. Gravier, Raccolta di tutti i rinomati scrittori dell’Istoria generale del regno di Napoli, XVI, 4, Napoli 1770; H.Th. de Luynes, Commentaire historique et cronologique sur les ephemérides intitulées Diurnali di Matteo da Giovinazzo, Parigi 1839; L. Loparco, I Diurnali di Messer Matteo Spinelli, Bari 1864; Gli Diurnali di Messer Mattheo di Giovenazzo, a cura di H. Pabst, in MGH, Scriptores, XIX, Hannover 1866, pp. 464-493; I Diurnali di Matteo Spinelli di Giovinazzo con note storiche e cronologiche tratte dall’opera del conte di Luynes, in G. Del Re, Cronisti e scrittori sincroni napoletani editi e inediti, II, Napoli 1868, pp. 631-644; S. Daconto, I Diurnali di Matteo Spinelli da Giovenazzo, Giovinazzo 1950.
A. De Sarno - G. Chiarito, Esame di tre pergamene, Napoli 1778, p. XXX; F. Capecelatro, Storia del regno di Napoli, I, Napoli 1840, p. 374; C. Minieri Riccio, Confutazione dell’opera del conte di Luynes, in G. Del Re, Cronisti e scrittori..., cit., pp. 717-735; W. Bernhard, Matteo di Giovenazzo, eine Fälschung des XVI. Jahrhunderts, Berlino 1868; C. Minieri Riccio, I Notamenti di M. S. da Giovenazzo difesi ed illustrati, Napoli 1870; Id., I Notamenti di M. S. novellamente difesi, Napoli 1874; B. Capasso, Historia Diplomatica regni Siciliae ab anno 1250 ad annum 1266, Napoli 1874; C. Minieri Riccio, Ultima confutazione agli oppositori di M. S., Napoli 1875; B. Capasso, Sui Diurnali di Matteo da Giovenazzo, Firenze 1895; Id., Ancora i Diurnali di Matteo da Giovenazzo, Firenze 1896; G. De Ninno, M. S. da Giovinazzo. Scritti due di Giuseppe De Ninno, Bari 1882; R. Morghen, S., M., in Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, XXXII, Roma 1936, pp. 376 s.; F. Roscini, Il mio M. S., Bari 1965; B. Andriani, I Diurnali di M. S. da Giovinazzo, Molfetta 1967; F. Roscini, Così parlava M. S., Bari 1968; A. Zazzaretta, Sui Diurnali di M. S. Premessa per un riesame della questione spinelliana, in Archivio storico pugliese, XXIII (1970), pp. 199-214; G. De Troia, Gli annotamenti di M. S. da Giovinazzo: frammenti di cronaca del XIII secolo, osservazioni critiche, in La Capitanata, XXVIII (2001) pp. 167-205; S. Palmieri, Bartolommeo Capasso e l’edizione delle fonti storiche napoletane, in Napoli nobilissima, III (2001), pp. 147-162; R. Carlucci, I Diurnali di Matteo da Giovinazzo: una Cronaca del XIII secolo?, in Studi bitontini, LXXV (2003) pp. 41-58; F. Tateo, Storiografia (federiciana) fino all’Illuminismo, in Enciclopedia federiciana, II, Roma 2006, p. 779; P. Stipo, I “ Notamenti” di Messer M. S. da Giovenazzo, tra vero e falso, frammenti di cronaca del 13. secolo (I Diurnali), Bisceglie 2013.