RICCI PETROCCHINI, Matteo
RICCI PETROCCHINI, Matteo. – Nacque a Macerata il 6 dicembre 1826 dal marchese Domenico e da Elisa dei conti Graziani.
Perse la madre a sei anni e fu allevato dalla nonna materna e dallo zio paterno Amico a Bologna. Nel 1838 fu accolto nel collegio dei padri barnabiti: in quegli anni si appassionò agli studi classici e a quelli filosofici. Frequentò poi l’Ateneo bolognese, continuando a coltivare la filosofia, gli studi storici e la letteratura greca; si dedicò con passione e profitto alla traduzione dei classici greci, come la Terza Olintiaca di Demostene (Bologna 1846). L’anno successivo si stabilì con il padre a Torino, dove proseguì gli studi classici con l’abate Amedeo Peyron, e quelli filosofici.
Nella capitale subalpina ebbe modo di constatare la differenza fra la più aperta e liberale aristocrazia piemontese e quella legittimista pontificia frequentata per anni a Bologna con lo zio, storico dell’arte. Conobbe e strinse amicizia con le più importanti personalità del tempo: Cesare Balbo, Massimo d’Azeglio, Carlo Promis, Ercole Ricotti, Ilarione Petitti di Roreto e Luigi Provana. Non prese parte attiva alla rivoluzione del 1848-49, ma già l’anno successivo, pubblicando a Firenze la Lettera filosofico-politica, rese manifeste le sue preferenze per gli ordinamenti politici liberal-rappresentativi, seppure involte in uno stile classicheggiante.
Nel 1852 si sposò a Genova con Alessandrina (Rina), figlia di Massimo d’Azeglio e di Giulia Manzoni, con la quale ebbe due figlie: Clotilde e Caterina. D’Azeglio era allora presidente del Consiglio del Regno di Sardegna: il matrimonio proiettò Ricci in un ambiente politicizzato in senso nazionale e ciò contribuì allo sviluppo delle sue simpatie verso il partito liberale moderato. Nel 1853 si stabilì a Firenze, ma nel 1855 fu nominato direttore della Biblioteca comunale di Macerata; proprio nell’Università della città natale, l’anno successivo Ricci chiese di tenere un corso libero di filosofia del diritto, ricevendo il diniego delle autorità pontificie. Ciò non gli impedì di tenere lezioni private di filosofia nei locali della civica biblioteca.
Negli studi pubblicati negli anni Cinquanta, nel confronto diretto con i classici latini e greci, Ricci Petrocchini ebbe modo di analizzare le questioni politiche in chiave storica, facendo filtrare nei commentari alle varie traduzioni che andò pubblicando chiari riferimenti a una politica liberale, ma moderata e quindi critica delle sette segrete, dei metodi di lotta rivoluzionari e di una concezione troppo radicale della sovranità popolare. I suoi studi filosofici, inoltre, erano debitori di un costante confronto con i testi di Antonio Rosmini, al cui pensiero Ricci Petrocchini attinse copiosamente mutuandone il rigetto di alcuni fondamenti delle costituzioni moderne (soprattutto francesi) a favore delle più solide costituzioni antiche.
Pur non avendo mai preso parte attiva ai movimenti politici del periodo preunitario, nel confronto dialettico con lo zio Amico, fiero papalino, Ricci Petrocchini evidenziava le sue idee a favore della causa nazionale. Caduto infatti il regime pontificio a seguito della battaglia di Castelfidardo, fece parte della giunta provvisoria di governo e guidò la commissione provinciale che il 9 ottobre 1860 rese omaggio al re Vittorio Emanuele II di passaggio a Macerata. Nell’ottobre del 1860 contribuì a fondare L’Annessione Picena, periodico patriottico da cui poco dopo si staccò a causa di alcune critiche ivi comparse all’opera del regio commissario Lorenzo Valerio.
Entrato una prima volta in Parlamento nel febbraio del 1861 nel collegio di Tolentino, la sua elezione venne annullata per incompatibilità con l’impiego di docente di filosofia del diritto nonché di rettore dell’Università di Macerata. Rieletto nelle suppletive dell’aprile successivo, Ricci Petrocchini, deputato della Destra ministeriale, diede uno scarso contributo ai lavori parlamentari e nel novembre del 1863 si dimise dalla carica. A partire da quel momento si dedicò interamente alla vita familiare e ai suoi amati studi classici, «che per lui erano più e prima di tutto la sola maniera d’attività, a cui si sentisse veramente chiamato» (Masi, 1896, p. 22).
Trasferitosi a Firenze nel 1869, fu molto attivo nella sociabilità culturale: membro dell’Accademia dei Catenati di Macerata, ne divenne vicepresidente nel 1879, anno in cui fu eletto anche presidente del Circolo filologico di Firenze. Già socio dell’Accademia delle scienze di Torino, dal 1883 fece il suo ingresso nell’Accademia della Crusca e nella Deputazione di storia patria per la Toscana. Collaborò con la Rassegna Nazionale. Nel 1890 fu nominato senatore.
Morì a Firenze il 10 febbraio 1896.
Scritti e discorsi. Saggio pubblico di filosofia razionale, Bologna 1846; Trattato della Politica di Aristotele, volgarizzamento dal greco di M. R., con note e discorso preliminare, Firenze 1853; Saggio sugli ordini politici dell’antica Roma, paragonati alle libere costituzioni moderne, Firenze 1856; Del diritto razionale. Discorso letto il dì 18 dicembre 1856 nella biblioteca comunale di Macerata, Macerata 1857; Del diritto pubblico e privato dell’antica Roma. Discorsi due letti nella biblioteca comunale di Macerata, Macerata 1859; Della vita e degli studi di Carlo Baudi di Vesme, Firenze 1877; Schizzi biografici e iscrizioni, Firenze 1880; Delle istorie di Erodoto d’Alicarnasso. Volgarizzamento con note di M. R., Torino 1881; Ritratti e profili politici e letterari, Firenze 1881; Scritti postumi di Massimo d’Azeglio, a cura di M. Ricci, Firenze 1881; Un libro delle Istorie di Tucidide, volgarizzato e illustrato da M. R., Bologna 1896.
Fonti e Bibl.: Manoscritti di alcune opere edite e inedite nonché lettere di e a Ricci Petrocchini sono presenti nel Fondo manoscritti della Biblioteca comunale Mozzi-Borgetti di Macerata, in particolare i mss. 1056-1057; altri documenti si trovano nel fondo Famiglia Ricci Petrocchini (1448-1949) conservato nell’Archivio di Stato di Macerata. Necr.: R. Barbiera, Notizia del marchese M. R., in Illustrazione Italiana, 23 febbraio 1896, p. 119; E. Masi, Commemorazione di M. R., presidente del Circolo filologico di Firenze, Bologna 1896; M. R., in La Provincia maceratese, 12 febbraio 1896; Il marchese M. R., in Don Falcuccio, 21 febbraio 1896. Inoltre: Lettere inedite di Massimo d’Azeglio a suo genero M. R., a cura di C. Tommasi, Milano 1878; R. Fornaciari, Elogio di M. R., Firenze 1901; Massimo d’Azeglio a suo genero M. R. Corrispondenza inedita, Milano 1904; P., Il marchese M. R., in Picenum. Rivista marchigiana illustrata, XII (1915), 3, pp. 82 s.; P. Poloni, M. R. (1826-1896), Alessandria 1925; E. Di Carlo, Influssi rosminiani in alcuni scritti del marchese M. R., in Studi di storia e di diritto in memoria di G. Bonolis, II, Milano 1942, pp. 43-54; S. Zavatti, Lettere inedite di Alessandro Manzoni al marchese M. R. e del R. al pittore inglese Orazio Baynes, Bologna 1966; A. Adversi - D. Cecchi - L. Paci, Storia di Macerata, II, Macerata 1972, ad ind.; A. Failla Lemme, La famiglia R. a Pollenza, Pollenza 1984; M. Severini, Protagonisti e controfigure. I deputati delle Marche in età liberale (1861-1919), Ancona 2002, pp. 10, 29; G. Santoncini, L’unificazione nazionale nelle Marche. L’attività del regio commissario generale straordinario Lorenzo Valerio, 12 settembre 1860-18 gennaio 1861, Milano 2008, pp. 159, 281; P. Magnarelli, Matrimonio/patrimonio: variazioni su una coppia del secolo, in Percorsi. Studi per Eleonora Bairati, a cura di P. Dragoni, Macerata 2009, pp. 247 s.; Camera dei deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/matteo-ricci-18261206#nav (16 giugno 2016); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/R_l2? OpenPage (9 novembre 2016).