Palmieri, Matteo
Poeta e storico (Firenze 1406 - ivi 1475), celebrato da Alamanno Rinuccini quale tipico esempio di perfetto equilibrio fra virtù attiva e contemplativa. Ebbe vivo e profondo interesse per la vita e il fine cui deve tendere l'uomo, talché la sua idealità morale forma un tutto unico con la sua idealità civile e politica.
Componendo la Vita civile, l'unica sua opera veramente viva, il P. sentì il bisogno di riabilitare la lingua di D. e per questo, sebbene umanista e amico di umanisti, scrisse in volgare. Da tutto il libro spira l'amore per il sommo poeta e spontanee fioriscono le reminiscenze della Commedia.
Sul finire del quarto libro, attingendo probabilmente a un racconto popolare che prende le mosse dall'episodio di Bonconte da Montefeltro (Pg V 88 ss.), ma ammantandolo di un'atmosfera misteriosa e ultraterrena, il P. narra di D. che dopo la battaglia di Campaldino va in cerca di un suo " fedelissimo compagno studioso di filosofia che per più ferite ricevute era spogliato della vita mortale ". Quando lo ritrova, questi, " o risuscitato o non morto che fusse ", si leva in piedi e " simile a vivo " racconta come, perduta coscienza, si era ritrovato " al confine di una lucida rotondità " che si ornava dello splendore " di altrui lume ". Qui giunto si era imbattuto in un vecchio di " reverente autorità ", Carlo Magno, che gli aveva spiegato i mondi ultraterreni e lo aveva accompagnato attraverso i " lumi eterni " al luogo dove, fatti immortali, vivono i buoni governanti.
Nella Città di vita è esposta una teoria delle anime di chiara ispirazione origeniana. Il P. immagina di compiere, guidato dalla Sibilla cumana, un fantastico viaggio attraverso le sfere dei pianeti e degli elementi e le " mansioni " dei vizi e delle virtù. Giunto ai Campi Elisi, collocati sotto il cielo delle Stelle fisse, vede gli angeli che per sé fuoro (If III 39), che rimasero neutrali quando Lucifero si ribellò, perché non vollero né peccare né servire Dio. Dopo aver ricevuto i vari influssi dei pianeti, essi sono da Dio fatti tornare sulla terra a incarnarsi nei corpi degli uomini perché combattano la loro battaglia e scelgano se seguire la via del bene o quella del male.
Sebbene il P. segua le teorie neoplatoniche, aristoteliche e anche pitagoriche, palese è l'influsso dantesco. Come per D., anche per il P. l'azione virtuosa è quella rivolta al bene comune, inteso come vincolo di carità, di amore, che lega l'umano consorzio, dove la rettitudine ha posizione preminente. L'operare dell'uomo nella società ha come fine il trionfo sul male per l'eternità, ma accanto alla vita attiva il P., come D., riafferma il valore della pura contemplazione, lo slancio dell'anima verso l'infinito dei cieli per raggiungere Dio.
Opere di M.P.: La città di vita, a c. di M. Rooke, Northampton Mass. 1927-28; Della vita civile, a c. di F. Battaglia, Bologna 1944.
Bibl. - E. Frizzi, La città di vita, poema inedito di M.P., in " Il Propugnatore " XI 1(1878) 140 ss.; A. Messeri, M.P. cittadino di Firenze del sec. XV, in " Arch. Stor. Lett. Ital. " s. 5, XIII (1894); G. Bottari, Sulla " Vita civile " del Palmieri, in " Atti Accad. Lucchese Scienze Lett. Arti " XXIV (1896) 391-468; S. Boffito, L'eresia di M.P., in " Giorn. stor. " XXXVII (1901) 1-69; W. Zabughin, L'oltretomba classico, medievale, dantesco nel Rinascimento, Roma 1922, cap. VII; G. Saitta, Il pensiero italiano nell'Umanesimo e nel Rinascimento, I, L'Umanesimo, Bologna 1949, 372-381; E. Garin, L'Umanesimo italiano, Bari 1952, 87-91.