MEZZOVILLANI, Matteo
– Nacque a Bologna da Mondolino di Enrico, probabilmente nell’ultimo ventennio del XIII secolo; infatti quando nel 1297 seguì il padre, esiliato a Jesi per aver cospirato con gli altri componenti della famiglia contro la città di Bologna, era poco più di un adolescente.
Il M. appartenne a un’importante famiglia bolognese che nel 1288 faceva parte dei popolani sostenitori della fazione guelfa dei Geremei. La famiglia, che si estinse nel secolo XVII, anticamente aveva la propria dimora nel quartiere di Porta Ravegnana, nella cappella di S. Michele dei Leprosetti.
Il nonno, Enrico di Mezzovillano, così come altri membri della famiglia ricoprì diverse cariche in magistrature cittadine; in particolare fra il 1283 e il 1316 fece parte di numerose ambascerie e fu più volte membro del Consiglio degli anziani per il quartiere di Porta Ravegnana.
Secondo quanto affermato da Gozzadini, il padre del M. militò nel 1312-15 contro i Fiorentini al pari di altri membri della famiglia: tale notizia non è però corretta perché in quegli anni Mondolino era già morto, come risulta da un atto di quietanza del nonno paterno, redatto l’11 dic. 1302, in cui è citato anche il M. (cfr. Livi, 1918). Il 12 maggio 1316 il M. risulta immatricolato nella Società dei notai (Arch. di Stato di Bologna, Camera degli atti, Serie II - notai degli uffici pubblici, n. 8: Matricole e sentenze della Società dei notai, reg. I, c. 22), ma non rimanendo traccia della sua attività professionale si può anche ipotizzare che si fosse iscritto a tale società perché proprio in ambito notarile si annoverava in quegli anni il maggior numero di cultori danteschi, fra cui appunto il Mezzovillani.
Il 23 sett. 1317, denunciato per porto abusivo di coltello, presentò come garante un membro della sua famiglia, Bertolazzo di Mino de’ Mezzovillani (Ibid., Ufficio corone ed armi, b. 24, reg. anno 1317, c. 64). È dello stesso anno l’attestazione dell’iscrizione del M. e di altri membri della sua famiglia alla matricola della Società dei Balzani, una delle associazioni armate del popolo (Ibid., Capitano del Popolo, Società d’arti e d’armi, Libri matricularum delle società d’arti e d’armi, b. 3). Sempre nel 1317, il 17 dicembre, il M. nominò suo procuratore «ad omnia ipsius gerenda et tractanda in quibuscumque suis causis» il notaio Gerardo di Bompietro (Ibid., Ufficio dei memoriali, vol. 143, c. 439v), forse prima di lasciare Bologna e trasferirsi in Veneto, probabilmente a Treviso, dove già nel 1316 il suo tutore e zio paterno Francesco era stato eletto podestà, seguito nel 1320, con la stessa carica, da un altro bolognese, Mino Beccadelli.
Il 15 dic. 1319, nell’atto di divisione di beni con lo zio paterno Francesco, nominò curatore della propria parte dei beni, di non ordinaria entità, Gerardo di Galeotto di Mezzovillani (ibid., vol. 138, cc. 170v-172v). L’11 dic. 1321 era presente a Bologna come risulta da un atto registrato nel memoriale del notaio Giovanni di Antonio di Ivano di Ferro (ibid., vol. 143, c. 279) .
Probabilmente fu in questi anni che il M. iniziò a viaggiare, forse a seguito dello zio, nel Veneto: ciò spiegherebbe meglio la sua relazione amichevole con il letterato Giovanni Quirini e la menzione del suo nome fatta dall’anonimo autore della Leandreide, forse Gian Girolamo Nadal, associato ad altri due insigni dantisti bolognesi, Iacopo Della Lana e Bernardo Scannabecchi, probabilmente conosciuti direttamente in Veneto. In particolare il M. ebbe intorno al 1327 una corrispondenza poetica con Giovanni Quirini che gli chiese l’Acerba di Cecco d’Ascoli (Francesco Stabili) e a cui il M. rispose con il sonetto di accompagnamento «Vostro saper è tal sança divieta», unico saggio poetico rimasto del M. (Biblioteca apost. Vaticana, Urb. lat., 697, c. 48r), in cui testimoniava una venerazione per Dante Alighieri, chiamato il «gran toscano», e ricordava senza infamia e senza lode Cecco d’Ascoli, autore dell’Acerba, che tentava di minare la fama di quel grande, sognando in realtà di emularlo. A questo sonetto Quirini, nel restituire la copia dell’Acerba al M., gli rispose lodandolo per la sua generosità e ricambiandone gli apprezzamenti con fioriti complimenti onomastico-etimologici («Non vi dovrebbe di Meçi Villani / chiamar algun, ma tuto dir cortese» cfr. ed. Duso).
Altre tracce del M. si trovano in alcune fonti militari di età comunale, le Venticinquine, cioè gli elenchi degli abitanti atti a portare le armi, relative al quartiere di Porta Ravegnana, del 1323 e del 1324, dove insieme con altri membri della famiglia è menzionato fra i milites, cioè fra quelli «qui habent equos», segno inequivocabile di un discreto prestigio economico e sociale (Archivio di Stato di Bologna, Capitano del Popolo, Venticinquine, b. 15). Benessere che, come è attestato dall’Estimo cittadino del 1329, denota una tranquillità economica fondata su un patrimonio costituito da terre e case, per un ammontare di circa 500 lire bolognesi.
Tra i beni denunciati nell’estimo, oltre alle case che divideva con lo zio paterno Francesco, in una delle quali, quella ubicata nel centro cittadino, sul lato destro di Strada Maggiore, abitava insieme allo zio, vi sono vari edifici e terreni edificati (casamenta) nel castello di Ozzano, altre terre a colture miste a Zena, sempre in comune con lo zio, e a Monterenzio, quindi tutte verso la zona orientale del contado bolognese (Ibid., Ufficio dei riformatori degli estimi, s. II, b. 231, S. Michele dei Leprosetti, doc. 156).
L’Estimo del 1329, oltre a fornire indicazione sul patrimonio del M., attesta la sua presenza a Bologna in quell’anno; infatti all’Estimo è allegato un atto di procura del 1° febbraio dello stesso anno a favore di Giacomo di Gerardo Mezzovillani, redatto a Bologna, a casa dello stesso M. e in presenza dello zio Francesco, in cui il M. dichiarava di non poter presentare l’estimo perché infirmus.
L’atto qui ricordato è l’ultimo documento noto riguardante il Mezzovillani. Non si conosce con esattezza l’anno di morte; sicuramente nel 1347 era già morto, come testimonia il testamento della sua vedova Agnese di Bernabò Gozzadini, in cui sono menzionati i due figli Paolo e Lorenzo (Ibid., Ufficio dei memoriali, vol. 225, c. 92).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Ufficio dei memoriali, voll. 104, c. 426r; 138, cc. 170v-172v; 143, cc. 279r, 439v; 225, c. 92; Camera degli atti, s. II, n. 8: Matricole e sentenze della Società dei notai, reg. I, c. 22r; Ufficio corone ed armi, b. 24, reg., anno 1317, c. 64r; Capitano del Popolo, Venticinquine, b. 15; ibid., Società d’arti e d’armi, Libri matricularum delle società d’arti e d’armi, b. 3; Ufficio dei riformatori degli estimi, Serie II, b. 231, S. Michele dei Leprosetti, doc. 156; G. Quirini, Rime, ed. critica con commento a cura di E.M. Duso, Roma-Padova 2002, pp. 202-204; G. Gozzadini, Delle torri gentilizie di Bologna, Bologna 1875, p. 379; S. Morpurgo, Rime inedite di Giovanni Quirini e Antonio da Tempo, in Archivio storico per Trieste, Istria ed il Trentino, I (1881), pp. 142 s.; L. Frati, Notizie biografiche di rimatori italiani dei secc. XII e XIV, in Giornale storico della letteratura italiana, XVII (1891), p. 378; Id., Rimatori bolognesi del Trecento, Bologna 1915, p. 181; G. Livi, Dante, suoi primi cultori, sua gente in Bologna, Bologna 1918, pp. 19 s.; Id., Dante e Bologna. Nuovi studi e documenti, Bologna 1921, pp. 14-16, 86 s., 217; G. Folena, Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 311, 313, 318, 322; I podestà dell’Italia comunale…, a cura di J.-Cl. Maire Viguer, I, Roma 2000, s.v. Mezzovillani; Enciclopedia dantesca, III, pp. 944 s.
D. Tura