MAZZIOTTI, Matteo
MAZZIOTTI, Matteo. – Nacque a Napoli il 17 giugno 1851 da Francesco Antonio e da Marianna Pizzuti di Montecorvino Rovella, presso Salerno.
Il padre apparteneva a un casato di proprietari terrieri, negozianti e giureconsulti originario di Celso di Pollica e protagonisti di tutti i movimenti di mobilitazione liberalpatriottica e di lotta contro l’assolutismo borbonico che ebbero luogo nel Cilento a partire dalla fine del Settecento. Nel 1849 Francesco Antonio, per sottrarsi alle autorità borboniche, si era rifugiato nel Regno di Sardegna, dove era stato raggiunto dalla moglie Marianna. Questa nel gennaio 1851 era ritornata a Celso per motivi di salute, ma dopo la nascita del M. fu colpita anch’essa da un ordine di cattura della polizia borbonica e, dopo varie peripezie, nel giugno 1854 raggiunse nuovamente il marito a Genova, dopo avere affidato i figli ai parenti.
Nell’ottobre dello stesso anno il M. e il fratello Pietro si ricongiunsero con i genitori in Liguria, dove Marianna di lì a poco, all’inizio di novembre del 1855, morì di colera seguita a breve distanza dall’ultimo figlio, Nicola. Nell’ottobre 1860, dopo la liberazione del Mezzogiorno, la famiglia del M. tornò a Napoli e da qui in Cilento.
Nel 1878, dopo la morte improvvisa del padre, i due fratelli si divisero i compiti: Pietro si occupò del palcoscenico nazionale con l’elezione alla Camera nel collegio «familiare» di Torchiara; il M. dell’arena locale, che lo vide eletto consigliere provinciale di Salerno per il mandamento di Pollica, dove sarebbe stato ininterrottamente confermato fino al 1907 e dove negli anni Ottanta e Novanta fu punto di riferimento per l’opposizione alla maggioranza dominata dai seguaci di G. Nicotera, riuscendo dal 1881 al 1883 a portare un suo candidato, il barone G. De Caro, alla presidenza dell’Assemblea provinciale.
Per il M., laureatosi in giurisprudenza all’Università di Napoli e avviatosi con successo sulla via della carriera forense, l’appuntamento con la politica nazionale era soltanto rimandato. Nel 1882, dopo l’allargamento del suffragio e l’introduzione dello scrutinio di lista, fu eletto con il 56,4% dei voti nel più ampio collegio di Vallo della Lucania (Salerno III), subito dietro il fratello che totalizzò il 59,3% delle preferenze, completando il trionfo nei confronti del partito di Nicotera. Cresciuti nel culto del nuovo Stato unitario e delle memorie risorgimentali, i due fratelli declinarono in senso progressista il lascito paterno e sullo scacchiere parlamentare aderirono – anche grazie all’amicizia con G. Fortunato – al gruppo che seguiva la leader-ship carismatica di G. Zanardelli e condivideva il suo progetto di monarchia liberale ispirato all’Inghilterra gladstoniana. Le reti notabilari e il «partito locale», fatto di associazioni, società operaie, giornali, che facevano capo ai baroni Mazziotti, diventarono così una delle più solide e durature componenti della costellazione liberalradicale zanardelliana nel Mezzogiorno, saldandosi con quelle dell’avvocato e proprietario fondiario R. Talamo, al quale nel 1892, dopo il ritorno allo scrutinio uninominale, il M. cedette il collegio di Vallo della Lucania spostandosi nel collegio di Torchiara, che era stato del padre e del fratello, morto nel 1886.
Sotto la guida di Talamo, luogotenente in Campania di Zanardelli, il M. fu sempre riconfermato nelle consultazioni successive con percentuali di consenso altissime, continuando a erodere l’egemonia di Nicotera e contrastando prima i seguaci di F. Crispi e poi quelli della reazione durante la crisi di fine secolo. La fedeltà al gruppo dimostrata dal M. nel lavoro parlamentare gli valse dal marzo 1896 al giugno 1898 il sottosegretariato alle Poste e telegrafi nel secondo, terzo e quarto governo Rudinì, poi dal febbraio 1901 all’ottobre 1903 il ruolo di sottosegretario alle Finanze nel ministero Zanardelli-Giolitti, durante il quale insieme con Talamo accompagnò il presidente del Consiglio nel famoso viaggio in Basilicata del settembre 1902. Nel dicembre 1904 il M. partecipò alla ricostituzione del gruppo parlamentare zanardelliano che riuniva, anche dopo la scomparsa del leader, una sessantina di membri sotto la denominazione di Partito democratico costituzionale. Si schierò contro l’ala filogiolittiana che appoggiò i due governi di transizione presieduti da A. Fortis e sostenne il primo dicastero Sonnino, ma la sua dissidenza rientrò con l’appoggio al lungo ministero Giolitti, che nell’aprile 1909 patrocinò la sua nomina al Senato in base alla terza categoria dell’articolo 33 dello Statuto.
E tuttavia, da tempo, il principale interesse del M. non era più la politica attiva, ma l’erudizione storica a partire dall’ambizioso progetto di ricostruire la vicenda del Risorgimento in Cilento intrecciandola con la parabola nazionalpatriottica della sua famiglia. Di questo intento è testimonianza la trilogia pubblicata fra 1906 e 1912 a scadenza triennale all’interno della collana «Biblioteca storica del Risorgimento italiano» diretta da T. Casini e V. Fiorini per la Società editrice Dante Alighieri: La rivolta del Cilento nel 1828 narrata su documenti inediti, Milano-Roma-Napoli 1906; Costabile Carducci ed i moti del Cilento nel 1848, ibid. 1909; La reazione borbonica nel Regno di Napoli. Episodi dal 1849 al 1860, ibid. 1912 (tutte e tre le opere riedite a cura di G. Galzerano, Casalvelino Scalo 1993-94). A partire dal 1914 il M. collaborò assiduamente con la Rassegna storica del Risorgimento e con la Nuova Antologia, coronando il suo impegno storiografico di ambito pubblico e privato con il volume Ricordi di famiglia 1780-1860, Milano-Roma-Napoli 1916 (nuova ed. a cura di G. Galzerano, Casalvelino Scalo 2001). In un quadro di apertura nazionale, seppure di omaggio alle tradizioni politiche familiari, si inserivano invece il libro intitolato Il conte di Cavour e il suo confessore. Studio storico con documenti e carteggi inediti (Bologna 1915; trad. francese: Le comte de Cavour et son confesseur. Étude historique d’après des documents inédits, Paris 1919) nonché il volume La congiura dei Rosaroll. Studio storico, con documenti inediti (Bologna 1920), entrambi editi da Zanichelli. In quegli stessi anni il M. trovò il modo di coniugare passione per la storia patria e attività politico-culturale impegnandosi nella nascente Società nazionale per la storia del Risorgimento italiano, di cui fu vicepresidente anziano dal 1911 al 1920, sostituendo sovente il presidente generale E. Pedotti coinvolto nelle operazioni belliche, e infine presidente dal 1920 al 1923.
Durante il suo mandato il M. fu coadiuvato da una giunta consiliare nominata in seno al consiglio centrale della Società per affrontare le emergenze finanziarie e operative del dopoguerra, che vide un sensibile aumento dei comitati regionali e dei soci, passati rapidamente da circa 700 a più di 1000 anche grazie alla creazione di una categoria di soci aggiuntivi (senza diritto alla rivista) con tassa d’iscrizione di 10 anziché di 25 lire. Ottenuto gratuitamente dal ministero della Istruzione pubblica un locale in un edificio demaniale, il M. vi trasferì la Società a partire dal 1921 e diede alle stampe un fascicolo straordinario della Rassegna, commemorativo dei moti del 1820-21, di cui ricorreva il centenario.
Fervido interventista e membro del Fascio parlamentare di difesa nazionale, il M. cominciò in quel periodo un progressivo scivolamento verso posizioni conservatrici e nazionaliste, come mostrava il discorso tenuto nella sala del Consiglio provinciale di Roma nell’aprile del 1920 davanti al re, in cui sostenne l’idea dello studio del Risorgimento come ricerca delle testimonianze di un «antico, immortale valore italiano», propedeutica all’affermazione di una «nuova e più grande Italia» (Il programma e l’opera della Società nazionale per la storia del Risorgimento, Roma 1920, pp. 5 s.). L’approdo finale di questa involuzione politica fu la posizione di fiancheggiatore del fascismo, assunta in contrasto con il figlio Mario, candidato (sconfitto) del Partito popolare italiano alle elezioni del 1921. In piena crisi aventiniana, il 4 sett. 1924, su designazione del direttorio del Partito nazionale fascista, il M. fu chiamato a far parte di una commissione di 15 membri incaricati di presentare alcune riforme capaci di tradurre normativamente la svolta autoritaria in atto. Il 31 genn. 1925, mutata ulteriormente in senso liberticida la situazione politica, una nuova commissione di 18 persone – detta dei Soloni – fu istituita su iniziativa del governo sotto la presidenza di G. Gentile allo scopo di presentare a B. Mussolini qualche proposta di riforma costituzionale più «rivoluzionaria».
I lavori della commissione, di cui il M. costituì l’ala (minoritaria) ultraconservatrice, favorevole a un deciso rafforzamento sia dell’esecutivo sia della Corona, ma contraria alla corporativizzazione dello Stato e al riconoscimento giuridico delle organizzazioni sindacali, si conclusero nel giugno del 1925 con l’idea, deludente per i fascisti, ma condivisa dai «vecchi liberali che al fascismo guarda[va]no con sincera simpatia e fiducia», che non fosse opportuno «sovvertire lo Stato italiano sorto dalla rivoluzione del Risorgimento», ma «doversi restringere a liberare quell’antica e veneranda base costituzionale dello Stato italiano dalle soprastrutture che lentamente, nella corruzione del nostro sistema parlamentare, le si erano sovrapposte e che l’avevano a poco a poco fatta servire a fini lontani dal pensiero dei fondatori» (cit. in Aquarone, p. 56).
Di questa interpretazione bonapartista (e restauratrice) del fascismo, il M. si fece propugnatore nella penultima delle sue opere (Napoleone III e l’Italia. Studio storico, Milano 1925), da lui dedicata espressamente a Mussolini. Nel descrivere le «imprevedute, ineluttabili circostanze» che portarono al colpo di Stato di Luigi Bonaparte, configurato come «atto di bene pubblico» che preservò la Francia dall’anarchia e le diede – triste presagio – «un ventennio di grandezza, di prosperità e di gloria» (ibid., p. 337), il M. scriveva del 1851-52 transalpino, ma pensava al 1924-25 italiano e giustificava con il ricorso all’exemplum storico l’ultima scelta politica della sua vita, conclusasi a Roma pochi anni dopo, il 1° giugno 1928, proprio nel centenario della rivolta del Cilento.
Opere: oltre ai libri già citati, si segnalano Leggi postali italiane. Commento…, Roma 1899; La legislazione italiana sui telegrafi, ibid. 1901; La baronia del Cilento, ibid. 1904 (nuova ed. Salerno 1972); Memorie di Carlo De Angelis, a cura del M., Milano-Roma-Napoli 1908 (nuova ed. Acciaroli 1995); Lettere di Manfredo Fanti, a cura del M., Città di Castello 1916; Souvenirs d’enfance d’une fille de Joachim Murat, la princesse Louise Murat comtesse Rasponi (1805-1815), a cura di J.B. Spalletti e del M., Paris 1929. Fra i numerosi articoli, discorsi e opuscoli: L’insurrezione salernitana nel 1860, Salerno 1921; La rivoluzione del 1820 in provincia di Salerno, Roma 1921; Sul disegno di legge contro le società segrete. Discorso al Senato del Regno, ibid. 1925. Si vedano inoltre Indice-sommario analitico-alfabetico degli studi pubblicati sui periodici editi dalla Società nazionale per la storia del Risorgimento italiano dal 1895 al 1926, Roma 1926, ad nomen; Indice per autori e per materie della Nuova Antologia dal 1866 al 1930, a cura di L. Barbieri, Roma 1934, ad nomen; Rassegna stor. del Risorgimento, Indice per autori e per materie 1914-1963, a cura di G. Bernau - A. Guatelli, Roma 1968, ad indicem.
Fonti e Bibl.: Le carte della «dinastia politica» Mazziotti sono conservate dal professor Manlio Mazziotti e depositate nel palazzo di famiglia a Celso. Lettere del M. sono rinvenibili nei seguenti fondi: Arch. di Stato di Brescia, Carte Zanardelli, bb. 70, 73, 76, 79, 82, 83, 85, 86, 88, 94, 101, 106, 110, 115, 122, 130, 136, 142, 148, 153; Roma, Arch. centr. dello Stato, Fondo Giolitti-Cavour, scat. 4, _ f. 10; scat. 5, f. 11; Ibid., Museo centrale del Risorgimento, Archivio di deposito, b. 57, f. 13; Fondo Sprovieri, b. 505; Fondo Pedotti, b. 894. Indice generale degli Atti parlamentari. Storia dei collegi elettorali 1848-1897, Roma 1898, pp. 657 s., 690 s.; Atti parlamentari, Camera, Discussioni, legislature XV-XXII (1882-1909), ad indices; Atti parlamentari, Senato, Discussioni, legislature XXIII-XXVII (1909-1929), ad indices; necrologio, in L’Illustrazione italiana, 10 giugno 1928, p. 469; E. Michel, In memoria di M. M., in Rass. stor. del Risorgimento, XV (1928), pp. 696-698; Società nazionale per la storia del Risorgimento italiano, XXV anni di vita della Soc. nazionale per la storia del Risorgimento (Cronistoria), Roma 1933; K.R. Greenfield, The historiography of the Risorgimento since 1920, in The Journal of modern history, VII (1935), pp. 49-67; M. M. - Onoranze nel centenario della nascita, Salerno 1952; G. Carocci, Agostino Depretis e la politica interna italiana dal 1876 al 1887, Torino 1956, pp. 501 s.; I cento anni della provincia di Salerno, Salerno 1961, pp. 40-45; Dalle carte di Giovanni Giolitti. Quarant’anni di politica italiana, I, L’Italia di fine secolo 1885-1900, a cura di P. D’Angiolini, Milano 1962, pp. 412 s.; R. De Felice, Mussolini il fascista, II, L’organizzazione dello Stato fascista 1925-1929, Torino 1968, pp. 42-44, 120-124; F. Barbagallo, Stato, Parlamento e lotte politico-sociali nel Mezzogiorno 1900-1914, Napoli 1976, pp. 45, 63, 65, 67, 87, 89, 94, 109 s., 162 s., 165, 339, 357 s., 379, 429, 588; M. Belardinelli, Un esperimento liberal-conservatore: i governi di Rudinì (1896-1898), Roma 1976, pp. 23, 37, 160, 343; G. Fortunato, Carteggio 1865-1911, a cura di E. Gentile, Roma-Bari 1978, p. 58; H. Ullrich, La classe politica nella crisi di partecipazione dell’Italia giolittiana. Liberali e radicali alla Camera dei deputati, Roma 1979, I, p. 387; III, pp. 603 s., 661; G. Fortunato, Carteggio 1923-1926, a cura di E. Gentile, Roma-Bari 1981, pp. 109 s., 149; P.L. Ballini, La destra mancata. Il gruppo rudiniano-luzzattiano fra ministerialismo e opposizione (1901-1908), Firenze 1984, pp. 19, 24, 265, 276, 287, 296; L. Rossi, Una provincia meridionale nell’età liberale. Prefetti, elettori e deputati del Salernitano, Salerno 1986, pp. 33 s., 36, 42, 157, 177, 179, 181, 183 s., 188 s., 191-194, 197, 201-204, 206, 208, 210-215, 218, 221, 228, 238, 247, 262, 303, 341, 446 s.; M. Baioni, La «religione della Patria». Musei e istituti del culto risorgimentale (1884-1918), Treviso 1994, pp. 20, 163, 169, 172; G.L. Fruci, Alla ricerca della «monarchia amabile». La costellazione politica di Zanardelli nell’ex Lombardo-Veneto e negli ex-Ducati padani (1876-1887), in Società e storia, XXV (2002), pp. 299-349; A. Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario (1965), Torino 2003, pp. 52-60; Giustino Fortunato e il Senato. Carteggio (1909-1930), a cura di E. Campochiaro et alii, Soveria Mannelli 2003, pp. 190-192; A. Scornajenghi, La sinistra mancata. Dal gruppo zanardelliano al Partito democratico costituzionale italiano (1904-1913), Roma 2004, pp. 29 s., 36-38, 47 s., 51, 56-59, 73 s., 76, 88, 112; M. Baioni, Risorgimento in camicia nera. Studi, istituzioni, musei nell’Italia fascista, Roma 2006, pp. 36-38; T. Sarti, Il Parlamento italiano nel cinquantenario dello Statuto, p. 649; V. Spreti, Enc. stor.-nobiliare italiana, IV, pp. 514 s.; Enc. biogr. e bibliogr. «Italiana», A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, p. 182.