LIBERATORE, Matteo
Nacque a Salerno il 14 ag. 1810. Il padre, Nicola, era un alto e stimato magistrato; la madre, Caterina De Rosa, proveniva da una nobile famiglia di Barile (presso Potenza), di origine albanese. A 16 anni il L. entrò nella Compagnia di Gesù a Napoli, dove fece i suoi studi umanistici, filosofici e teologici e fu allievo dei padri S. Sordi ed E. Borgianelli, convinti tomisti.
Il L. certo non ebbe una formazione tomista, né aderì completamente al tomismo all'inizio della sua attività intellettuale, per precauzione, come scrisse a p. G.M. Cornoldi, e per l'ambiente ostile. In quel periodo, infatti, tra i gesuiti italiani, il tomismo e la scolastica non erano diffusi: anzi, per ordine del superiore generale J.Ph. Roothaan, i primi tentativi di L. Taparelli d'Azeglio e Sordi di introdurre la scolastica nel collegio napoletano dei gesuiti furono stroncati, anche per la vivace opposizione degli avversari dei gesuiti.
Il L. giunse al tomismo dopo un lungo e faticoso confronto con le filosofie dell'Ottocento. Come ha dimostrato A. Masnovo (Il neotomismo in Italia, Milano 1923, pp. 82 s.), egli fu preceduto da un vasto movimento che si era sviluppato in Italia nella prima metà del secolo XIX, a Piacenza, Parma, Napoli, Bologna. Certamente, però, nella seconda metà del secolo il L. ne fu esponente efficace e contribuì alla sua diffusione con l'impegno di scrittore e di professore. Dopo una laboriosa analisi e un costante approfondimento, egli si convinse che il tomismo, sfrondato delle sottigliezze e delle sovrastrutture di cui lo avevano caricato e appesantito i commentatori di s. Tommaso d'Aquino era l'unica filosofia che potesse adeguatamente risolvere i grandi problemi: dalla metafisica alla gnoseologia, dall'etica alla teodicea, dalla politica alla psicologia. Fu un processo analogo a quello che, nel secolo XX, avrebbero seguito J. Maritain, che faceva risalire gran parte degli errori del pensiero moderno al fatto di aver ignorato la filosofia di s. Tommaso, ed Edith Stein, che vedeva la soluzione della fenomenologia solo nell'integrazione con il tomismo.
Il L. cominciò a insegnare molto presto, nel 1837, come docente di filosofia presso il collegio dei gesuiti di Napoli. Tra il 1840 e il 1842 pubblicò a Napoli la sua prima opera filosofica, le Institutiones logicae et metaphysicae (in due volumi) tradotte nelle principali lingue europee.
Nelle successive venti edizioni si può seguire il suo progressivo avvicinarsi al tomismo, che divenne deciso e definitivo solo nel 1850. L'edizione più significativa delle Institutiones è la terza (Prato 1887-89); ampliata con gli Ethicae et iuris naturae elementa (Neapoli 1846) e adattata per un corso triennale, fu adottata in molti seminari e istituti cattolici. L'opera fu sintetizzata da ultimo nel Compendium logicae et metaphysicae (ibid. 1891). In essa il L. spaziava su tutta la problematica filosofica e si soffermava in modo particolare sul problema della conoscenza, confutando, alla luce del pensiero aristotelico-tomistico, errori e pregiudizi del lamennesismo, del tradizionalismo, dell'ontologismo e del razionalismo, criticando Malebranche, Leibniz, Cartesio. Interessante la polemica con A. Rosmini, del quale non sembra tuttavia aver colto perfettamente il pensiero; coraggiosa la sua critica al card. H.S. Gerdil, che nelle opere giovanili aveva affermato che la miglior filosofia era quella di Cartesio e Malebranche.
I moti rivoluzionari del '48 costrinsero il L. a emigrare a Malta. Al suo rientro a Napoli, gli fu assegnata la cattedra di teologia. Collaborò con la rivista La Scienza e la fede di G. Sanseverino e nel 1850, con i padri C.M. Curci, Taparelli d'Azeglio e A. Bresciani, fu tra i fondatori de LaCiviltà cattolica. Nello stesso anno la rivista e i redattori, per attriti con Ferdinando II, dovettero trasferirsi a Roma.
Dal 1850 fino alla morte il L. fu il principale estensore degli articoli e delle note che esprimevano l'indirizzo della rivista, in conformità con le posizioni della S. Sede. I suoi articoli di filosofia, economia, politica, religione riscossero un grande successo e diedero prestigio a LaCiviltàcattolica. Fu, per 42 anni, il notista politico e uno fra gli scrittori più fecondi e seguiti della rivista. Pubblicò ben 390 articoli, in cui trattò i temi fondamentali della vita ecclesiale e sociale, italiana ed estera.
Polemista vigoroso e tuttavia moderato, il L. col tempo comprese che la caduta del potere temporale apriva ulteriori possibilità nel campo spirituale e a livello universale. Intravide scenari nuovi nei rapporti tra Stato e Chiesa e nell'estensione dell'influsso della Chiesa sul mondo contemporaneo, pur nella fedeltà alla tradizione. Ipotizzò una nuova grandezza di Roma, come capitale spirituale del mondo e centro del cristianesimo. Il ruolo del papato, con la perdita del potere temporale, si sarebbe universalizzato; la sua indipendenza dalle ingerenze del potere politico gli avrebbe consentito un'azione più incisiva. Tali idee, espresse con prudenza e con valide argomentazioni, ebbero grande influsso anche sulla gerarchia, grazie all'amicizia e alla stima di Pio IX e di Leone XIII.
Nel 1879 collaborò alla stesura dell'enciclica Aeterni Patris di Leone XIII sulla filosofia scolastica, che promosse il pensiero tomista in tutte le scuole cattoliche in un momento in cui, nell'insegnamento dei seminari e degli studentati religiosi, dominavano l'idealismo, il razionalismo e l'ontologismo giobertiano. Alla fine della vita poté affermare che il diffondersi del tomismo era diventato una realtà. Ciò era avvenuto grazie al suo insegnamento - tenne un corso di filosofia alla Pontificia Università Gregoriana, dove ebbe come discepoli A. Ratti, il futuro Pio XI, e L. Sturzo -, ai suoi testi scolastici, ai suoi articoli ne LaCiviltà cattolica.
Dopo l'annessione di Roma (1870), nel volume La Chiesa e lo Stato (Napoli 1871) aveva esposto le sue idee d'intransigente sostenitore del dominio temporale, ma nel tempo le sue posizioni andarono ammorbidendosi e, all'avvento di Leone XIII, divenne fautore dell'ingresso dei cattolici in politica. L'importante era "ristabilire la pace religiosa, sì necessaria alla stessa stabilità dell'ordine civile" (LaCiviltà cattolica, 1884, 1, p. 675).
Coinvolto nelle problematiche dell'epoca, nei suoi articoli e nelle sue pubblicazioni affrontò i principali temi non solo teologici e filosofici, ma anche psicologici, economici, politici, di diritto civile ed ecclesiastico. Alcune idee non sono oggi condivisibili ma, per valutarle, è necessario tenere presente il contesto storico, la mentalità teologica e culturale del tempo. Il L. compì il suo lavoro con acume, intelligenza, vivacità polemica e con uno stile forte e deciso.
Anche nell'ambito sociale e politico ebbe una notevole maturazione, con aperture che contribuirono a un progressivo cambiamento di mentalità e portarono a soluzioni nuove. Su alcuni temi legati al suo tempo, quali la questione romana, il voto dei cattolici, la polemica contro "gli errori del mondo moderno", fu equilibrato, anticipando talvolta i tempi. Il suo stile era caratterizzato da onestà intellettuale, da ragionamenti stringati e logici, dalla franchezza nel difendere la religione, la Chiesa, la civiltà, ponendo l'accento sugli aspetti dottrinali e razionali dei problemi, anche se, quando lo riteneva necessario, non evitava toni polemici. Per la sua preparazione fu chiamato a collaborare nella stesura dell'enciclica Immortale Dei (1885) sui rapporti tra Chiesa e Stato.
Nell'ultimo decennio della sua vita si dedicò soprattutto allo studio dei problemi di economia politica. Sotto la guida di Leone XIII fu il redattore principale della Rerum novarum, la magna charta, come la definì Pio XII, dell'operosità cristiana. Al L. si deve la stesura del primo schema e la redazione definitiva, dopo la rielaborazione dei cardinali T. Zigliara e C. Mazzella.
L'enciclica fu pubblicata il 15 maggio 1891. Era la prima volta che la Chiesa affrontava, sistematicamente, un argomento di natura sociale ed economica, raccogliendo istanze, studi, iniziative del vasto movimento di idee e di opere del mondo cattolico che si era diffuso in Europa sin dagli inizi del secolo XIX. Fu il documento base della dottrina sociale della Chiesa, che proponeva una via diversa dalle soluzioni liberale e socialista, ponendo al centro la persona umana. Oggi le idee contenute nel documento sono patrimonio comune, ma, nel contesto storico e culturale del tempo, risultarono audaci e furono accolte con perplessità, specialmente nel mondo industrializzato. L'enciclica segnò, dunque, una svolta e costituì il punto di riferimento di successivi, importanti documenti pontifici.
Sul contributo del L. alla redazione della Rerum novarum ha scritto G. Antonazzi (L'enciclicaRerum novarum. Testo autentico e redazioni preparatorie dai documenti originali, Roma 1957), riprendendo le ricerche del card. D. Tardini. Maggiori precisazioni si sono avute dopo il ritrovamento, nel riordinamento dell'Archivio de LaCiviltà cattolica, di una busta con la dicitura: "Carte del p. Liberatore: bozze dell'enciclica Rerum novarum". La busta contiene: il manoscritto integrale, di mano del L., del primo schema italiano dell'enciclica; un esemplare di bozze di stampa del terzo schema, con le aggiunte del card. T. Zigliara, con molte e ampie correzioni di mano del L.; l'esemplare di un manoscritto del terzo schema, dove, a margine, il L. operò alcune correzioni importanti che entrarono nel testo definitivo.
Il L. morì a Roma il 18 ott. 1892.
Delle opere si ricordano anche: Commedie filosofiche, Roma 1863; Spicilegio, I-II, Napoli 1877-78; Della conoscenza intellettuale, I-II, ibid. 1879; Del composto umano, ibid. 1880; Degli universali, Roma 1885; Compendium ethicae et iuris naturae, Prato 1886; Del diritto pubblico ecclesiastico, ibid. 1887; Principii di economia politica, Roma 1889.
Fonti e Bibl.: Alcuni Cenni autobiografici, manoscritti (1874), sono conservati a Napoli, presso l'Archivum Neapolitanum Societatis Iesu. Necr., in LaCiviltà cattolica, s. 15, IV (1892), pp. 352-360; V. Nardini, Manca di verità e si oppone a s. Tommaso la soluzione di un alto problema metafisico abbracciata dal… p. M. L. …, Roma 1862; Lettere edificanti della provincia napoletana della Compagnia di Gesù, in LaCiviltà cattolica, s. 4, 1883, pp. 114-120; Civiltà cattolica: 1850-1945, antologia a cura di G. De Rosa, I-IV, s.l. [ma San Giovanni Valdarno] 1973, ad ind.; G. Mellinato, Carteggio inedito Liberatore - Cornoldi in lotta per la filosofia tomistica durante il secondo Ottocento, Roma 1993; M. Volpe, I gesuiti nel Napoletano, Napoli 1914, I, pp. 192-206; P. Dezza, Alle origini del neotomismo, Milano 1940, pp. 65-73; A. Devizzi, La critica di p. M. L. all'ontologismo, in Riv. di filosofia neo-scolastica, XXXII (1940), pp. 483-485; T. Mirabella, Il pensiero politico del p. M. L. ed il suo contributo ai rapporti tra Chiesa e Stato, Milano 1956; M. Scaduto, Il pensiero politico del p. M. L. ed il contributo ai rapporti tra la Chiesa e lo Stato, in Archivum historicum Societatis Iesu, XXVII (1958), pp. 176 s.; R. Aubert, Aspects divers du néo-thomisme sous le pontificat de Léon XIII, in Aspetti della cultura cattolica nell'età di Leone XIII, a cura di G. Rossini, Roma 1961, pp. 133-227; G. De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, I-II, Bari 1966, ad ind.; F. Lombardi, La Civiltà cattolica e la stesura della "Rerum novarum". Nuovi documenti sul contributo del p. M. L., in LaCiviltà cattolica, 1982, n. 1, pp. 471-476; F. Dante, Storia della "Civiltà cattolica", Roma 1990, pp. 273-283 (elenca gli articoli del L. apparsi in LaCiviltà cattolica); Nomenclator literarius theologiae catholicae, V, pp. 1488-1491; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, IV, coll. 1774-1803; Enc. filosofica, III, Firenze 1957, s.v.; Grande antologia filosofica, XXVII, Milano 1989, pp. 255-268.