FERRUCCI, Matteo (Mattia)
Figlio dello scultore Giovan Battista e fratello minore di Francesco e del più noto Pompeo, nacque a Fiesole (Firenze) il 20 febbr. 1570 (1569 ab Incarnatione: Fiesole, Arch. capitolare, sez. XIX, Atti anagrafici parrocchiali, n. 4, c. 182 v.).
Educato allo studio delle arti plastiche sotto la guida del padre, dello zio Romolo e del nonno Francesco di Giovanni, il F., seguendo la tradizione familiare, si orientò verso la lavorazione del porfido, specializzandosi inizialmente nell'esecuzione di figure a bassorilievo. Risaliva probabilmente a questo primo periodo un profilo con Gesù Cristo, firmato "Mathias Ferrvccevs civis Florentinvs fecit", già documentato nell'Ottocento a Lugo in Romagna (Zobi, 1853) e poi nella collezione Pasolini a Faenza (Frati, 1852), oggi disperso. L'opera, menzionata frequentemente nella letteratura artistica come una delle prove migliori del F., risultava esemplata su un modello del nonno Francesco, noto in varie redazioni, tra le quali una firmata e datata 1560 nelle raccolte del museo Rudolphinum a Praga.
Nel 1600 il F. si immatricolò all'Accademia del disegno di Firenze e nel 1601 scolpì una statua (firmata e datata) raffigurante S. Giovanni Battista bambino (in collezione privata, Bellesi, 1992; Pratesi, 1993). La scultura, che costituisce l'unico marmo oggi noto riconducibile al F., rivela la piena adesione allo stile manierista toscano, evidente soprattutto dal confronto con alcune opere di N. Tribolo e di B. Bandinelli.
Il 26 dic. 1601 il F. ottenne un pezzo di porfido destinato all'esecuzione di un rilievo ovale con il ritratto della Granduchessa Cristina di Lorena. Ispirata a una medaglia coniata da M. Mazzafirri nel 1592, l'opera fu ultimata solo nel 1609 e fu eseguita a pendant di un rilievo con il Granduca Ferdinando I de' Medici, anch'esso riferibile al F. (entrambi sono conservati nel Museo nazionale del Bargello a Firenze: Langedijk, 1981-1983).
Dal Diario di corte di C. Tinghi si apprende che in data 1º ott. 1621 "fu portata alla Serenissima Arciduchessa una testa di scultura, fatta di porfido da ... Mattia Ferrucci da Fiesole la quale per essere fatta di materia dura è cosa rara, ma non troppo somigliante; è detta testa il ritratto del granduca Cosimo II" (in Targioni Tozzetti, 1780; Zobi, 1853). La scultura, oggi conservata nelle raccolte di palazzo Pitti (Langedijk, 1981), rappresenta uno dei pezzi più noti del F. e una delle opere in porfido più apprezzate della scultura fiorentina del primo Seicento. Raffigurante il granduca toscano a mezzo busto con un'armatura all'antica e con la croce dell'Ordine di S. Stefano, la scultura, legata stilisficamente a retaggi manieristi, rivela ancora la sua adesione a formule iconografiche proposte e diffuse nella bottega del nonno Francesco. La staticità dell'immagine e la limitata caratterizzazione espressiva del volto, dovute probabilmente anche alla difficoltà di lavorazione del porfido, evidenziano notevoli divergenze compositive rispetto a opere condotte con lo stesso tipo di pietra da altri artisti coevi attivi in Toscana, come il ritrattista T. Fedeli.
Sulla traccia del busto di Cosimo II in palazzo Pitti è stato possibile integrare l'esiguo catalogo di opere del F. con altri pezzi importanti, quali i ritratti dei granduchi Cosimo I e Francesco I de' Medici, già documentati presso la Heim Gallery a Londra, un busto di Francesco I de' Medici ubicato in collezione privata (Langedijk, 1981-1983) e una testa di Alessandro morente, montata su un busto di alabastro policromo, al Bargello (Bellesi, 1995).
Il 21 ag. 1632 il F. fu convocato all'Accademia del disegno (con G. Parigi e P. Tacca) per stimare un busto in porfido e in marmo di R. Curradi (Pizzorusso, 1989). Al quinto decennio del sec. XVII è ascrivibile l'ultima opera a lui attribuita, il ritratto di Jean François Paul Gondi (Bellesi, 1992). La scultura, proveniente dalla raccolta parigina della famiglia Gondi e conservata attualmente in collezione privata a Firenze, rivela il passaggio dalla fase tardomanierista al nuovo gusto diffuso a Roma in ambito algardiano.
Esigue sono le informazioni biografiche sul F., che entrò nel mondo ecclesiastico. Residente nel "popolo" di S. Lorenzo a Firenze, morì il 29 ag. 1651 e, seguendo le sue disposizioni, fu sepolto nella chiesa della Concezione in via de' Servi (Poligrafo Gargani, sec. XIX).
Il 4 genn. 1647 aveva fatto redigere il suo testamento dal notaio F. Giuntini, in cui lasciava, in mancanza di discendenti diretti, un legato di 1.400 scudi per la realizzazione di una "Cappella sotto il titolo e invocatione del Glorioso Vescovo e Martire S. Romolo nella Chiesa de' Preti della S.ma Concezione di Maria Vergine posta in Via de' Servi" (Arch. di Stato di Firenze). La secolarizzazione di questa chiesa non consente di verificare, allo stato attuale degli studi, se la cappella venne effettivamente edificata alla morte dell'artista.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Notarile moderno, n.15379, cc. 33r-34v; Poligrafo Gargani n. 806 (ms., sec. XIX), cc. n.n.; G. Targioni Tozzetti, Notizie degli aggrandimenti delle scienze fisiche accaduti in Toscana nel corso di anni LX del secolo XVII, III,Firenze 1780, p. 234; L. Frati, Descriz. del Museo Pasolini in Faenza, Bologna 1852, p. 46, n. 377; A. Zobi, Notizie istor. sull'origine e progressi dei lavori di commesso in pietre dure che si eseguono nell'I. e R. Stabilimento di Firenze, Firenze 1853, pp. 95, 114- 116; Mostra Medicea (catal.), Firenze 1939, p. 53 n. 1; J. Pope-Hennessy, Catalogue of Italian sculpture in the Victoria and Albert Museum, II,London 1964, p. 579; K. Langedijk, in Palazzo Vecchio: committenza e collezionismo medicei (catal.), Firenze 1980, p. 347; Id., Portraits of the Medici. 15th-18th centuries, I,Firenze 1981, pp. 470, 563, 669 s.; II, ibid. 1983, pp. 751, 884 s.; D. Di Castro Moscati, The revival of the working of porphyry in sixteenth-century Florence, in Apollo, CXXVI (1987), pp. 247 s. n. 16; C. Pizzorusso, A Boboli e altrove. Sculture e scultori fiorentini del Seicento, Firenze 1989, p. 107 n. 28; S. Bellesi, Nuove acquisizioni alla scultura fiorentina dalla fine del Cinquecento al Settecento, in Antichità viva, XXXI(1992), 5-6, pp. 39 ss., 48 s. nn. 13-19; S. Blasio, in Repertorio della scultura fiorentina del Seicento e del Settecento, a cura di G. Pratesi, Torino 1993, p. 44; S. Bellesi, ibid., pp. 77 s.; Id., Gli inizi di Romolo Ferrucci e alcune considerazioni sulla bottega dei Del Tadda, in Paragone, XLVI (1995), in corso di stampa.