GONELLA, Matteo Eustachio
Nacque a Torino il 20 sett. 1811 da Francesco Andrea, un banchiere devoto alla S. Sede, e da Teresa Anselmetti. Frequentate le scuole primarie e secondarie nel collegio dei gesuiti di Torino e conseguito all'università il magistero in matematica, decise di abbracciare lo stato ecclesiastico. Non più giovanissimo, gli servì il consenso dell'arcivescovo L. Fransoni per seguire privatamente i corsi di teologia presso la Congregazione degli oblati di Maria Vergine della sua città, e il 28 febbr. 1838 fu ordinato sacerdote a Saluzzo. Un mese dopo, su sollecitazione di alcuni ecclesiastici che ne apprezzavano la dottrina, le qualità morali e, nonostante la natura timida, la determinazione con cui sapeva ribattere in materia di fede agli attacchi dei liberi pensatori, e con l'appoggio del padre, influente presso il card. L. Lambruschini, allora prefetto della congregazione degli Studi, il G. si trasferì a Roma per perfezionarsi negli studi giuridici e teologici alla Sapienza, dove conseguì il 20 dic. 1841 il dottorato in utroque iure. Nel 1842 fu impiegato alla congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari e dal 1843 al 1845 a quella del Concilio. Il 2 genn. 1846 fu nominato da Gregorio XVI delegato di Orvieto: vi stabilì un buon rapporto con la popolazione, di cui condivise gli entusiasmi per i primi atti pubblici di Pio IX non nascondendo però il timore che ne scaturissero attese politiche eccessive.
Così, scrivendo a V. Cavazzi il 5 sett. 1846 da Orvieto delle dimostrazioni annunciate in favore del papa, osservava: "Iddio faccia che le cose procedano con quel ordine [sic] e decenza con cui procedono in Roma simili manifestazioni" (Arch. segr. Vaticano, Segreteria di Stato. Spoglio Eustachio Gonella, b. 1, f. A).
Questi timori, appena latenti nel G. all'indomani dell'avvento di Pio IX, trovarono conferma negli sviluppi successivi. Trasferito nel giugno 1847 a Viterbo e sempre in qualità di delegato, il G., se vi incontrò il favore della popolazione - la quale, in occasione della concessione dello statuto da parte di Carlo Alberto, volle rendergli omaggio in quanto piemontese, manifestando sotto la sua abitazione - sembrò quasi essere travolto dalle incessanti novità politiche, tanto da dubitare di essere all'altezza di una situazione fluida come quella profilatasi tra il 1847 e il 1848. In effetti la questione della guardia civica gli creò qualche difficoltà, per la necessità di provvedere alla sua costituzione in tutto il territorio della provincia, nonostante la penuria di armi e il sostanziale disinteresse di Roma verso un problema che, a suo dire, i Viterbesi sentivano solo come "riverbero" di ciò che "si sente fatto in Roma". Inoltre, risultando precari i collegamenti con la capitale e non disponendo il G. di personale sufficiente, gli stessi atti del papa erano resi noti con ritardo, tanto da far ritenere che il delegato apostolico, per opposizione alla politica di Pio IX, ne boicottasse la pubblicazione.
Portato lentamente all'idea di lasciare l'incarico, nel febbraio 1848 il G. chiese a Pio IX di essere esonerato "da una carica che per mancanza di braccia non posso sopportare ed in più ne va di mezzo giornalmente la mia coscienza e convenienza" (al Cavazzi, 14 febbr. 1848: ibid.). A Roma si pensò per un momento di inviarlo come internunzio in Cile. Dopo la costituzione della Repubblica Romana il G. raggiunse il papa a Gaeta. Pio IX lo inviò immediatamente in missione a Malta per sanare l'attrito sorto dalla presunta ingerenza delle autorità inglesi negli affari ecclesiastici.
Superata la prova, il G. vide profilarsi la titolarità della nunziatura di Bruxelles, ma per la decisione ufficiale dovette attendere l'emanazione di un breve datato 22 luglio 1850. Seguì, a pochi mesi di distanza, la nomina a visitatore apostolico incaricato di organizzare gli ordini religiosi belgi a esclusione della Compagnia di Gesù.
Il Belgio attraversava allora un processo di secolarizzazione che stava emarginando il clero dalla vita politica e, attraverso la nuova legislazione sulla scuola (8 giugno 1850) e sui conventi, anche da quella intellettuale. Le direttive impartite dalla segreteria di Stato al G. alla vigilia della partenza erano volte quindi a limitare per quanto possibile gli effetti negativi della politica di Bruxelles verso la Chiesa e a salvaguardare l'influenza del clero sulla popolazione cattolica. Improntata a moderazione, l'azione del nunzio, che agì parallelamente e in sintonia con il cardinale E. Sterckx, riuscì inizialmente a limitare una secolarizzazione che sarebbe stata certamente più radicale se avesse incontrato maggiori resistenze da parte del rappresentante del papa. Un caso di scarso coordinamento si palesò invece proprio con Roma, in occasione di una proposta di trattato commerciale avanzata dal G. a nome del governo belga e accettata dallo Stato pontificio senza informarlo. Non è escluso che ciò stesse a significare la scarsa considerazione della segreteria di Stato per il G., la cui corrispondenza era ritenuta in Vaticano, secondo la testimonianza del ministro belga a Roma, "aussi insignifiante que peu active" (cfr. Aubert), nonostante lo stesso card. G. Antonelli al momento della sua nomina a Bruxelles lo avesse presentato come un prelato a cui non faceva difetto la saggezza.
A partire dal 1857 il governo belga, che fino ad allora aveva, anche per il cauto procedere del nunzio, evitato le asperità, accentuò la sua politica di laicizzazione, costringendo il G. ad abbandonare talvolta i toni moderati e a farsi interprete delle lamentele del clero belga. Avvertendo il logoramento della propria posizione, il nunzio auspicava già all'inizio del 1859 il trasferimento ad altra sede, cosa che però si verificò solo nell'estate del 1861, con il passaggio alla nunziatura di Monaco.
Nella nuova sede il G. dovette affrontare questioni assai delicate sotto il profilo spirituale e disciplinare, come la rottura con Roma del teologo bavarese J. Frohschammer e il congresso degli intellettuali cattolici riuniti a Monaco nel settembre 1863, dove si manifestò apertamente la contrapposizione tra i "deutsche Theologen" e la posizione romana, tradizionalmente avversa al liberalismo e al neogallicanesimo.
Il 22 giugno 1866 il G. fu nominato vescovo di Viterbo. Prese possesso della diocesi il 1° settembre, portando con sé l'irrigidimento dottrinale al quale lo aveva fatto approdare l'esperienza bavarese. Uno dei suoi primi atti nella nuova responsabilità pastorale fu, infatti, quello di riaprire il collegio dei gesuiti, a cui, nonostante l'opposizione del clero secolare e della popolazione della diocesi, egli restituì i beni confiscati dalla Repubblica Romana nel 1849. Tuttavia la sua azione non fu solamente caratterizzata dal favore concesso alla Compagnia di Gesù, di cui subiva l'influenza anche attraverso il fratello Pietro Luigi che ne era membro, ma da un fervore religioso e sociale che ne segnò positivamente l'episcopato, inducendolo a istituire le scuole domenicali per i giovani lavoratori, a introdurre nella diocesi le suore del Buon Pastore, a favorire l'unione delle maestre pie di Roma e di Viterbo e a svolgere qualche attività assistenziale. Anche in campo economico il G. manifestò una certa attenzione a sostegno dell'agricoltura, piuttosto languente nella provincia dopo la riduzione del territorio dello Stato pontificio al solo Lazio.
Il 13 marzo 1868 Pio IX lo creò cardinale, assegnandogli il 16 dello stesso mese il titolo di S. Maria sopra Minerva. Nel giudizio che in vista di un ipotetico conclave ne dava F.A. Gualterio, ex suddito pontificio e ministro di Vittorio Emanuele II, il nuovo cardinale era "uomo mite, di maniere gentili, di cortissimo intelletto. Desideroso del bene in confini ristretti. Incapace del male. Coscienza timida, pregiudicato ma non fino al punto di diventare fazioso. La sua diocesi è contenta di lui" (Weber, pp. 681 s.). Alla vigilia del Concilio Vaticano primo, l'accentuarsi in lui della tendenza conservatrice spinse un uomo di chiesa, mons. V. Tizzani, a essere severo: "mi sono trovato col cardinal Gonella, vescovo di Viterbo, uomo alto, secco e gesuita in tutta la estensione per cui non si è potuto parlar di nulla" (Pásztor, 1992, p. 17). In effetti il G. nelle prime settimane dopo l'apertura del concilio esercitò una certa influenza nella stesura della lista dei candidati proposti per la deputatio fidei dal gruppo di pressione infallibilista alla cui testa era il vescovo di Westminster, card. E.H. Manning, e si oppose con forza alla linea moderata, ritenendo che dietro di essa vi fossero i partigiani di I. von Döllinger e J. Friedrich, con i quali si era scontrato al tempo della nunziatura a Monaco. Durante le discussioni del concilio non prese mai la parola, ma presentò insieme con gli altri vescovi del Lazio diversi emendamenti allo schema De Ecclesia in sintonia con le vedute di Pio IX. Riguardo, in particolare, al capitolo sulle prerogative del sovrano pontefice, il gruppo di vescovi da lui presieduto sostenne la netta condanna delle teorie neogallicane e una maggiore autonomia dei vescovi rispetto ai governi. Tuttavia, quando nell'aprile 1870 i cardinali G. Pecci e C. Corsi tentarono con spirito conciliativo di opporsi alla modifica dell'ordine delle discussioni per trattare in anticipo la questione dell'infallibilità pontificia, il G. si allineò al loro parere, anche se non ebbe il tempo di associarvisi effettivamente perché cadde malato e morì a Roma il 15 apr. 1870.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Congregazione degli Studi, b. 107, f. Gonella Eustachio; Arch. segr. Vaticano, Segreteria di Stato, Spogli di Curia, Gonella, bb. 1-2; Ibid., Segreteria di Stato, Epoca moderna, anni 1851-1862, rubr. 256; anni 1862-1866, rubr. 255; Ibid., Nunziatura di Bruxelles, bb. 9, 28, 30, e Nunziatura di Monaco, bb. 92-108; Roma, Arch. centr. dello Stato, Presidenza del Consiglio, Consulta araldica, b. 169, f. 1344; Viterbo, Archivio diocesano, Fondo Gonella; Giornale di Roma, 1870, n. 85, p. 337; n. 90, p. 357; J. Friedrich, I. von Döllinger, III, München 1901, passim; G. Goyau, L'Allemagne religieuse. Le catholicisme, IV, Paris 1909, pp. 171, 230, 255; A. Manno, L'opinione religiosa e conservatrice in Italia dal 1830 al 1850 ricercata nelle corrispondenze e confidenze di mons. G. Corboli Bussi, Torino 1910, ad indicem; L. Petit - J.-B. Martin, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, LI, Arnheim-Leipzig 1925, passim; III centenario della fondazione del seminario di Viterbo, Viterbo 1937, p. 15; F. Pietrini, I vescovi e la diocesi di Viterbo, Viterbo 1949, pp. 108 s.; A. Simon, Le cardinal Sterckx et son temps, I-II, Wetteren 1950, ad indicem; P. Pirri, Pio IX e Vittorio Emanuele II dal loro carteggio privato, II, La questione romana, 1856-1864, Roma 1951, parte II, p. 77; G. De Marchi, Le nunziature apostoliche dal 1800 al 1956, Roma 1957, pp. 55 s., 62 s.; Réunions des évêques de Bélgique. Procès-verbaux, 1830-1867, Louvain-Paris 1960, pp. 106, 109-111, 113; U. Betti, La costituzione dommatica "Pastor aeternus" del concilio VaticanoI, Roma 1961, ad indicem; L. Pásztor, La s. congregazione del Concilio. IV° centenario, Città del Vaticano 1964, p. 256; B. Bellone, I vescovi dello Stato pontificio al concilio Vaticano I, Roma 1966, pp. 81-86; M. Maccarrone, Il concilio Vaticano I e il "Giornale" di mons. Arrigoni, Padova 1966, I, ad indicem; A. Pini-Tronati, Lettere di H. de Brouckère da Roma, in Risorgimento (Bruxelles), XII (1969), pp. 86 s., 89, 92; R. De Cesare, Roma e lo Stato del papa. Dal ritorno di Pio IX al XX settembre. 1850-1870, Milano 1970, p. 28; G.G. Franco, Appunti stor. sopra il concilio Vaticano, a cura di G. Martina, Roma 1972, ad indicem; C. Weber, Kardinäle und Prälaten in den letzten Jahrzehnten des Kirchenstaates, I-II, Stuttgart 1978, ad indicem; P. Stella, Don Bosco nella storia economica e sociale (1815-1870), Roma 1980, p. 64; R. Aubert, Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXI, Paris 1986, coll. 595-598; G. Martina, Pio IX (1851-1866), Roma 1986, ad indicem; (1867-1878), ibid. 1990, p. 487; Il concilio Vaticano I. Diario di Vincenzo Tizzani (1869-1870), a cura di L. Pásztor, Stuttgart 1992, ad indicem; G. Moroni, Diz. di erudiz. storico-ecclesiastica. Indici, III, ad vocem; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica, VIII, Patavii 1979, ad indicem.