Matteo di Vendôme
Retore e poeta (seconda metà sec. XII). Formatosi a Tours, forse sotto la guida di Bernardo Silvestre, insegnò grammatica a Orléans, dove compose un'Arte poetica, quindi a Parigi, e si sistemò infine a Tours sotto la protezione del vescovo Bartolomeo, al quale dedicò intorno al 1185 un fortunato poema, Tobias, che è l'unica, fra le numerose opere letterarie che compose, a esser pervenuta sino a noi. L'Ars versificatoria, composta a Orléans prima del 1175, è fra le più notevoli arti poetiche del tardo Medioevo.
Scritta in prosa, ma con numerose citazioni di autori frammezzate, e l'inserzione di ampi esempi poetici originali, essa distingue la trattazione in quattro parti, dedicando la prima all'‛ inventio ', le due successive all'‛ elocutio ' e in particolare all'‛ ornatus verborum ', e all'‛ ornatus sententiarum ', la quarta alla ‛ executio materiae ', ossia al modo di affrontare un soggetto nuovo o di rinnovare un soggetto già trattato. In quest'ultima parte si rivela il carattere scolastico di questo insegnamento, che contiene una serie di norme, cui il maestro deve attenersi nel correggere l'allievo e un'illustrazione dei doveri dell'allievo. L'imitazione viene inoltre concepita come un abile lavoro grammaticale, al fine di evitare la pedissequa parafrasi del modello che s'intende verseggiare.
Indica già i limiti dell'opera di M. lo scarso interesse che essa offre per lo studio della formazione retorica di D., che non mostra alcun punto di effettivo contatto col maestro medievale. In particolare la poetica dantesca si distacca dalla prospettiva rappresentata dall'insegnamento di M. per la considerazione dell'intimo rapporto fra la materia della poesia e i gradi stilistici della sua espressione. M. rivolge soprattutto l'attenzione al lavoro esornativo compiuto dal poeta, come attesta l'accurata analisi dell'‛ epiteto ' e del suo impiego come elemento di lustro formale.
Tuttavia, pur entro questi limiti, la definizione del verso nell'Ars di M. insiste sul " venusto verborum matrimonio " e sull'" elegans iunctura dictionum " (I 1), che costituiscono un lontano punto di riferimento per chi consideri il concetto di constructio del De vulg. Eloquentia. Ma i tre caratteri cui si deve la risonanza del verso per M. (" verba polita dicendique color interiorque favus ", I 9) sembrano ottenere una considerazione separata, se " versus... aut contrahit elegantiam ex venustate interioris sententiae, aut ex superficiali ornatu verborum aut ex modo dicendi " (ibid.). Eppure è interessante come il gusto per i " verba polita ", che ricordano i vocabula pexa di D., s'incontri con la stima per la dolcezza del contenuto (" interior favus ") ribadita nel concetto di " venustas ". Ci troviamo comunque di fronte a una considerazione prevalente dello stile medio.
Interessante è inoltre, per la fortuna medievale di Boezio cui D. contribuisce particolarmente (v. BOEZIO), la rappresentazione della ‛ Filosofia ' identificata con la bellezza (risiede infatti " in venustatis loco ", II 4), e onorata dal seguito delle arti e dei generi letterari, soprattutto dalla tragedia, dalla satira e dall'elegia. Come sarà per D., anche per M. la bellezza della suprema apparizione eccede ogni criterio espressivo dell'uomo (" ad cuius habitum et proprietates explicandas humanum languescit ingenium, mendicat facundia, humana discretio offendiculum se pati profitetur ", II 5); dov'è notevole il termine di " humana discretio " per indicare la facoltà propriamente umana che presiede al dire, sostenuta dall'ingegno e dall'arte (cfr. VE II IV 9).
Acquista rilievo, in questo stesso luogo, la dichiarazione del perché egli abbia introdotto l'immagine della Filosofia sullo sfondo della primavera, fra l'erba e i fiori, narrando la " imaginariam praecedentis noctis visionem ". Benché rappresenti un argomento ormai consueto quello di ricorrere alla piacevole immaginazione " ad blandiendum audentiae " e a ottenere l'attenzione del pubblico, pure non è estraneo a questo modello di M. quanto D. dice commentando la canzone II del Convivio e toccando sia il problema retorico della persuasione (v.), sia quello, strettamente connesso con l'imitazione boeziana, dell'immaginazione di Filosofia.
Bibl. - E. Faral, Les arts poétiques du XIIe et XIIIIe siècle, Parigi 1962, 1-14, 106-193. Per quanto riguarda il concetto di ornamentazione in Matteo e D., cfr. M. Pazzaglia, Il verso e l'arte della canzone nel De vulg. Eloq., Firenze 1967, 105, 112-115.