DEL NASSARO (D'Alnassar, Delnazar, D'Elnassar), Matteo
Nacque a Verona, forse verso il 1490, da un certo Iacopo di professione calzolaio (Vasari [1568], 1880, p. 375); la famiglia paterna era originaria di Nassar, paese non distante dalla città veneta (De La Tour, 1893, p. 519). Da adolescente studiò musica con Marco Carrà e Bartolorneo di Luigi detto il Tromboricino, allora attivi presso la corte dei Gonzaga a Mantova, e intaglio con i veronesi Niccolò Avanzi e Galeazzo Mondella. Il Vasari cita una Deposizione eseguita dall'artista in un "diaspro ... macchiato di gocciole rosse" (p. 376) e in seguito venduta ad Isabella d'Este, ma l'opera non è stata rintracciata. In una lettera scritta il 20 luglio 1515 al conte Strozzi la stessa Isabella però ricorda come nell'anno precedente, trovandosi a Milano, avesse dato una "preta de topazo a M.ro Matteo intagliatore di corniole" (Bertolotti, 1889), forse da identificare col D.: in questo caso si verrebbe a stabilire una sua attività giovanile a Milano.
Verso la fine del 1515 l'artista entrò al servizio del re di Francia Francesco I, che, dopo la vittoria di Melegnano, aveva acquisito il dominio del Ducato di Milano. Malgrado la notizia vasariana - accolta da tutta la critica - di un viaggio del D. presso la corte francese per dimostrare al giovane sovrano la propria abilità, è probabile, invece, che sia rimasto ancora per qualche tempo a Milano, dove eseguì, entro la fine del secondo decennio, due opere celebrative del nuovo assetto politico.
Si tratta di una medaglia commemorativa di Melegnano e del doppio ducato di Milano (Parigi, Bibliothèque nationale, Cabinet des médailles; De La Tour, 1893, pp. 540-546). In entrambe compare un ritratto di Francesco I, mentre sul rovescio il D. raffigurò, rispettivamente, una veduta della battaglia e uno scudo in cui i gigli di Francia sono inquartatì con il biscione milanese. Un coevo ritratto del sovrano francese, della medesima raccolta, non è ascrivibile con certezza all'artista (ibid., p. 538).
Il trasferimento del D. in Francia è databile intorno al 1520: l'anno successivo veniva pagato per l'esecuzione di novantadue cartoni con scene pastorali tratte dalle Bucoliche di Virgilio, in seguito tradotte in arazzi da E. Bernard (Guiffrey, 1879, p. 54).
Sono da assegnare a questo periodo, probabilmente altri lavori ricordati dal Vasari ma finora non rinvenuti. L'elenco comprende una "tavola per l'altare della cappella di sua maestà... tutta piena di figure d'oro ... con molte gioie intagliate" (p. 377) - notizia che viene a confermare una parallela attività pittorica dell'artista, della quale peraltro non restano altre tracce se non vaghe citazioni documentarie -, un calcedonio con la testa di Deianira, alcgni intagli in cristallo di rocca (tra i quali una Venere con Cupido) e una serie di gemme e monili per l'aristocrazia di corte. Un folto gruppo di opere di intaglio e di medaglie (Parigi, Cabinet des médailles) è stato assegnato al D. dal Forrer (1909, p. 224), ma non ha ancora trovato conferme stilistiche e documentarie e sembra piuttosto da confutare.
Dopo la disfatta di Francesco I a Pavia nel 1525, il D. rientrò a Verona, da dove venne più tardi richiamato in Francia dallo stesso re tornato in libertà (Vasari, p. 378). Il 4 dic. 1529 Francesco 1 gli concesse 600 scudi "per i suoi buoni servizi" e per il mantenimento dei figli rimasti in Italia, riconoscendogli inoltre una pensione annua di 300 scudi (De Laborde, 1855, p. 944). L'artista si era forse sposato prima del breve ritorno in Italia: il Vasari osserva che i suoi figli erano "a lui tanto dissimili, che n'ebbe poca contentezza" (p. 378). Un altro documento del 1529 (De Laborde, 1855, p. 944) sembra attestare, in accordo con un'annotazione vasariana, l'intenzione del sovrano francese di porre il D. a capo delle nuove imprese della Zecca, ma il progetto non dovette andare a buon fine (De La Tour, 1893, pp. 521 s.), dato che da quel momento l'attività artistica dell'intagliatore veronese acquistò un carattere eterogeneo. Dalla sua bottega infatti - a questa data il D. aveva forse già alcuni allievi italiani e francesi (Vasari, p. 379) - furono prodotti il vaso comprato nel 1530 da Francesco 1 per la regina (De Laborde, 1855, p. 945), intagli in agata pagati nel 1532 (Sulzberger, 1960, p. 148) e lavori di arazzeria, ma mancano, per questi anni, notizie di medaglie o monete. Si sa, invece, che nel 1534 il D. escogitò un complesso macchinario per la lavorazione delle pietre dure (Forrer, 1909, p. 222), noto come "moulin de la Gourdayne".
In una lettera ad Isabella d'Este del 2 maggio 1535 (Luzio, 1913, p. 30) il conte Nicola Maffei dichiarava che il D. era tornato dalle Fiandre - il viaggio è ricordato anche dal Vasari (p. 378) - con un grosso carico di quadri e oggetti d'arte, tra i quali Federico Gonzaga aveva scelto e comprato centoventi paesaggi destinati al palazzo ducale di Mantova; la missiva e priva di indicazioni di luogo, per cui si ignora se in quel momento l'artista si trovasse provvisoriamente presso la corte lombarda o fosse altrove.
Nel 1536 il D. venne retribuito per la fornitura di parte del materiale occorrente per i dipinti della camera della regina (oggi salone di Francesco I) e della galleria di Ulisse a Fontainebleau (De Laborde, 1850, p. 386) e probabilmente poco dopo partì per Bruxelles, per seguire direttamente l'esecuzione di due grandi arazzi con le Storie di Atteone e di Orfeo, oggi dispersi ma rintracciabili in un inventario delle collezioni reali redatto nel 1551 (Schneebalg-Perelman, 1971, pp. 295 s.). La riscossione in un'unica soluzione, nel 1539, della pensione dei tre anni precedenti (De Laborde, 1855, p. 948) conferma il lungo soggiorno dell'artista lontano dalla corte.
Gli ultimi lavori a noi noti sono la medaglia commemorativa della battaglia di Cérisoles (avvenuta nel 1541), ripresa da quella coniata nel secolo precedente da Cristoforo Geremia per Alfonso d'Aragona (De La Tour, 1893, pp. 552 s.) e un cammeo con i ritratti di Francesco I e della seconda moglie Eleonora d'Austria (Londra, British Museum), forse eseguito in collaborazione con un allievo (Dalton, 1913-14).
Il suo carattere liberale, la bontà d'animo e anche l'orgoglio di artista vengono attestati dal Vasaril che in un celebre episodio ricorda come il D. avesse preferito distruggere un cammeo piuttosto che cederlo per "piccolissimo prezzo" ad un nobile francese (pp. 377 s.). Come "valentissimo uorno" viene ricordato da Benvenuto Cellini (II, cap. XXIX), che incontrò il D. in Francia nel 1543.
La sua morte, avvenuta con molta probabilità in Francia, è da collocare verso la fine del 1547, poco dopo la scomparsa del suo mecenate (Vasari, p. 378).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite... [1568], a cura di G. Milanesi, V, Firenze 1880, pp. 375-379; B. Cellini, La vita, a cura di G. G. Ferrero, Torino 1971, libro II, capp. XXIX, XXXIII, pp. 430, 440; L. De Laborde, La Renaissance des arts à la cour de France, I, Paris 1850, p. 386; II, ibid. 1855, pp. 943-948; Id., Les comptes des bâtiments du roi, I, Paris 1877, p.96; II, ibid. 1880, pp. 364, 369 s.; Ch. de Grandmaison, Quittance de M. D., in Nouvelles Archives de l'art français, s. 1, VI (1878), p. 2 46; J.-J. Guiffrey, Les Bucoliques de Virgile en broderie (1521), ibid., s.2, I (1879), p. 54; Id., M. D. de Vérone, ibid., pp.69-72; A. Bertolotti, Le arti minori alla corte di Mantova, Milano 1889, p. 59; D. Zannandreis, Le vite dei pittori scultori e archit. veronesi, a cura di G. Biadego, Verona 1891, pp. 75 ss.; H. De La Tour, M. D., in Revue numismatique, XI (1893), pp. 517-561; L. Forrer, Biographical Dict. of medallists, IV, London 1909, pp. 219-225 (con bibl. prec.); A. Luzio, La galleria dei Gonzaga venduta all'Inghilterra nel 1627-28, Milano 1913, p. 30; O. M. Dalton, Mediaeval and later engraved gems in the British Museum, II, in The Burlington Mag., XXIV (1913-14), p. 32; S. Sulzberger, M. D. et la transmission des oeuvres flamandes en France et en Italie, in Gazette des beaux-arts, LV (1960), pp. 147-150; s. Schneebalg-Perelman, Richesse du garde-meuble parisien de Fraçois Ier, ibid., LXXVIII (1971), pp. 256, 261, 295 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 350 (sub voce Nassaro, Matteo da).