MATTEO da Milano
MATTEO da Milano. – Nacque a Milano, probabilmente nell’ottavo decennio del Quattrocento.
La data di nascita si può indicativamente ipotizzare in base alle ricostruzioni avanzate dalla storiografia circa gli esordi della sua attività artistica, ancora però non del tutto chiariti per la mancanza di documenti.
Allo stato attuale degli studi la proposta più coerente è che la formazione di M. sia avvenuta nella città natale, in base ad alcune caratteristiche del suo stile che si mantennero senza sostanziali aggiornamenti durante il corso della sua carriera, pur non essendo stato possibile postulare un discepolato diretto presso la bottega di uno dei maestri operanti a Milano alla fine del XV secolo (Alexander, 1992, pp. 41-43).
Il repertorio decorativo di M. si distingue infatti per motivi a grottesche, candelabre, perle, castoni di pietre preziose probabilmente derivati dal gusto antiquario tipico della miniatura veneta, importato a Milano da Giovan Piero Birago, ma soprattutto per la riproposizione di elementi fitomorfi arricchiti dall’inserto di animali fantastici descritti con una minuzia spiccatamente fiamminga, ereditati invece da Antonio da Monza.
Tali caratteri hanno suggerito alla storiografia di rilevare la partecipazione di M., insieme con altri miniatori legati alla bottega dei fratelli De Predis, alla decorazione di alcuni manoscritti, come il Libro d’ore del cardinale Ascanio Maria Sforza (Oxford, Bodleian Library, Douce, 14), variamente datato attorno al 1488 (Romano) o più probabilmente all’ultimo decennio del Quattrocento. Alla sua mano sono stati anche riferiti alcuni capilettera miniati del lussuoso Messale (Milano, Biblioteca capitolare, D.I.13) fatto eseguire tra il 1495 e il 1497 da Guidantonio Arcimboldi, arcivescovo di Milano (Alexander, 1992, p. 42; Mulas).
Si verrebbe così a configurare l’appartenenza di M. a un atelier caratterizzato da un linguaggio figurativo in parte ispirato alle soluzioni elaborate da Cristoforo De Predis, attivo nell’ultimo decennio del secolo per l’élite milanese cui forniva prodotti di lusso.
Come molti altri artisti lombardi della sua generazione, M. probabilmente lasciò Milano nel 1499 con la caduta di Ludovico il Moro, per spostarsi a Bologna dove dovette prendere parte alla decorazione del Libro d’ore per il nobile Bonaparte Ghislieri (Londra, British Library, Yates Thompson, 29), portato a termine entro il 1503.
A tale impresa parteciparono alcuni dei più prestigiosi pittori allora operanti nella città felsinea e presso la corte di Giovanni [II] Benti-
voglio, con cui il committente aveva grande familiarità. Secondo la storiografia M. eseguì interamente le bordure del testo, nonché forse alcune delle miniature a piena pagina come l’Annunciazione e S. Gerolamo penitente (rispettivamente, a cc. 74v e 127v: Evans, pp. 124 s.). Quelle raffiguranti l’Adorazione dei pastori (c. 15v) e S. Sebastiano (c. 132v) furono invece firmate rispettivamente da Amico Aspertini e dal Perugino (Pietro Vannucci); mentre David che suona la cetra (c. 104v) è stata attribuita a Lorenzo Costa.
Successivamente M. si trasferì a Ferrara forse chiamato dal cardinale Ippolito d’Este, arcivescovo di Milano, molto vicino a Ludovico il Moro, che ne aveva sposato la sorella Beatrice. Nel gennaio del 1502 l’artista è infatti per la prima volta documentato presso la corte estense, per poi essere citato con regolarità nei pagamenti tra la fine del 1504 e il 1512 (Campori; Hermann, p. 168).
Sulla base di tali resoconti è possibile ascrivergli con certezza la decorazione del Breviario per Ercole I d’Este (Modena, Biblioteca Estense universitaria, α.V.G.11 = Lat. 424), terminato forse sotto il figlio Alfonso I, ed eseguito in collaborazione con altri due artisti, definiti convenzionalmente dalla storiografia maestri B e C, variamente identificati nel primo caso con Tommaso o con Martino da Modena, nel secondo con Cesare delle Vieze o con Giovani Battista Cavalletto (Hermann, pp. 168-172; Bauer-Eberhardt; Alexander, 1998, pp. 299-303). Per dimensioni e ricchezza della sua ornamentazione questo manoscritto è da considerarsi il capolavoro della miniatura ferrarese, insieme con la Bibbia di Borso d’Este, concepito forse non solo per la devozione privata, ma probabilmente destinato alla cappella di corte, per essere ammirato dagli altri dignitari.
L’intervento di M. è stato riconosciuto essenzialmente in relazione al carattere eminentemente lombardo delle decorazioni qualitativamente più raffinate, costituito da una dozzina di iniziali istoriate e da quattro miniature a piena pagina (S. Paolo esorta alla veglia; David; Chiamata di Pietro e Andrea; Empireo), asportate dal codice alla fine del XIX secolo e ora conservate presso la Galleria Strossmayerova di Zagabria (Hermann, p. 170). Particolarmente sontuosi sono i fregi con grottesche a candelabre, arricchiti da dettagli naturalistici descritti con lenticolare attenzione secondo la tipica maniera dell’artista. Le scene si distinguono invece per citazioni paesaggistiche desunte non solo dalla pittura fiamminga, ma anche dalle incisioni di A. Dürer (Rosenberg), e animate da raffigurazioni, che soprattutto nel caso di quelle femminili sono caratterizzate da un modellato spiccatamente leonardesco.
Dopo tale committenza M. dovette assumere un ruolo di netta preminenza tra i miniatori della corte ferrarese. Infatti gli è stata attribuita la decorazione di altri due sontuosi codici di qualità elevatissima, quali l’Officium di Alfonso I (Lisbona, Fondazione Calouste Gulbenkian; Zagabria, Galleria Strossmayerova), di poco posteriore e da considerarsi interamente di sua mano (Hermann, pp. 178-180; Alexander, 1992, pp. 32-34), nonché il Messale del cardinale Ippolito (Innsbruck, Universitätsbibliothek, Mss., 43), da datarsi agli anni 1507-10. In questo caso M. eseguì solamente il frontespizio con David genuflesso in un paesaggio che apre il manoscritto, completato probabilmente da Tommaso da Modena e da un terzo miniatore (Alexander, 1998, pp. 303-311).
Dopo il 1512 con ogni probabilità M. si recò a Roma, essendo stati plausibilmente riferiti alla sua mano una serie di codici di committenza papale o di importanti esponenti della Curia romana, realizzati tra la fine del pontificato di Giulio II e quello di Leone X.
Possibile conferma di tale soggiorno potrebbe essere la citazione di un «Matheo miniatore», insieme con altri artisti, in un documento relativo a un progetto non specificato di Baldassarre Peruzzi (Milanesi, in Vasari).
Su richiesta del cardinale Leonardo Grosso Della Rovere M. portò a termine gran parte dell’ornamentazione di un Graduale, non oltre il 1513, e di un Antifonario (Biblioteca apost. Vaticana, S. Maria Maggiore, 12, 13), da datarsi invece entro il 1520, per la basilica di S. Maria Maggiore (Liturgia in figura, pp. 279-286).
Sempre per tale porporato M. eseguì anche un Canon Missae che si conserva nell’Archivio arcivescovile di Ravenna (Dillon Bussi, 1998, p. 180), ma che secondo Alexander (1998, pp. 311 s.) fu commissionato invece dal cardinale Giuliano Della Rovere negli anni 1502-03.
Corrispondono ai modi di M. anche le preziose bordature che decorano un Messale Romanum (Arch. di Stato di Torino, Biblioteca antica, Jb.II.5), licenziato probabilmente per il cardinale Raffaele Riario negli anni 1513-17 (Pettenati).
In collaborazione con altri due miniatori gli viene anche attribuito il Libro d’ore di Eleonora Gonzaga duchessa d’Urbino (Londra, British Library, Yates Thompson, 7), databile su base stilistica agli anni 1510-15 (Alexander, 1992, pp. 40 s.). Non è certo se la decorazione del manoscritto fu completata a Ferrara, a Roma o durante un soggiorno dell’artista presso la corte urbinate.
Da riferire a M. è anche l’esecuzione di un gruppo di cinque manoscritti a carattere religioso della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze (Plut., 16.18; 14.22; 67.22; 23.4; 26.8), recanti le armi del pontefice Leone X (Dillon Bussi, 1996-97).
Per celebrarne la salita al soglio di S. Pietro, l’umanista Giovanni Francesco Filomusa compose una Exultatio in creatione pont. max. Leonis Decimi, che fu trascritta dal celebre copista Ludovico Arrighi in un codice conservato presso la medesima biblioteca (Plut., 35.43), decorato da M. nell’iniziale della carta 1r (ibid., p. 29).
Tra il 1515 e il 1519 M. eseguì gran parte della decorazione di un Messale per il cardinale Lorenzo Pucci (Biblioteca apost. Vaticana, Chigi, C.VIII.228), membro influente dell’entourage di Leone X (Liturgia in figura, pp. 291-294). Oltre che nei raffinati motivi fitomorfi adottati nei fregi e nelle iniziali, la mano dell’artista è stata rilevata anche in alcune scene come quella a piena pagina raffigurante Leone X pone le ceneri sul capo del cardinale Pucci (c. 14r), ispirata a Bernardino di Betto, detto il Pinturicchio (Gualdi, p. 32).
Sono state convincentemente attribuite alla mano di M. anche le miniature dei Commentari di Tommaso De Vio Caetani (Roma, Biblioteca dell’Acc. nazionale dei Lincei e Corsiniana, Mss., 40.D.23-24) dedicati sempre a Leone X nel 1517 (Paoluzzi).
Per il cardinale Giulio de’ Medici nello stesso anno dovette eseguire la decorazione del Libellus de litteris Hebraicis di Egidio da Viterbo (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 5808: Reiss, p. 118), al quale sono strettamente correlate a livello stilistico alcune iniziali del libro della Confraternita del Ss. Salvatore ad Sancta Sanctorum (Arch. di Stato di Roma, Ospedale del Ss. Salvatore ad Sancta Sanctorum, vol. 1010), realizzato insieme con Attavante degli Attavanti attorno al 1518 (Tosini).
Datato al 1520 il Messale (Berlino, Kupferstichkabinett, 78.D.17), trascritto da Arrighi sempre per Giulio de’ Medici e decorato da M. insieme con un altro artista di formazione emiliana (Reiss; Bauer-Eberhardt, pp. 70-73).
Nonostante nelle parti riferitegli sia ancora dominante una cifra stilistica derivata dalla miniatura tardoquattrocentesca, in alcune raffigurazioni emergono suggestioni raffaellesche come nella Vergine con Bambino (c. 252), ispirata dalla Madonna di Foligno dell’Urbinate (Gualdi, p. 30). Il manoscritto contiene anche una miniatura a piena pagina con una Crocifissione (c. 182v), sul cui recto è rappresentata nella parte alta l’Elevazione dell’ostia (c. 183), formalmente vicina a una raffigurazione d’analogo soggetto in un capilettera «T», montato con una bordura recante le armi di Giulio de’ Medici su un foglio conservato alla British Library (Add. Mss., 35254, inc. I). È possibile che tale ornamentazione facesse parte di un manoscritto commissionato da tale prelato per la cappella Sistina, dal quale potrebbero anche provenire altri due frammenti conservati a Londra (Victoria and Albert Museum, E.4579-1910) e a Filadelfia (Free Library, Lewis Cuttings, box 46, n. 13: Alexander, 1992, pp. 34 s.).
Dibattuta, invece, l’attribuzione a M. di un ulteriore foglio (Londra, British Library, Add. Mss., 21412, n. 75) con le imprese di Clemente VII (Reiss, p. 127), respinta da Alexander (1992, p. 45), da datarsi a dopo il 1523 e da considerarsi quindi l’ultima opera conosciuta riferibile all’artista.
Non è stata rinvenuta alcuna testimonianza relativa alla data e al luogo di morte, da ritenersi avvenuta negli anni Venti del Cinquecento.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, IV, Firenze 1879, p. 618; G. Campori, I miniatori estensi, in Atti e memorie delle Rr. Deputazioni di storia patria per le provincie modenesi e parmensi, VI (1872), p. 260; M. Evans, in Renaissance painting in manuscripts. Treasures from the British Library (catal., Malibu-New York-London), New York 1983, pp. 91, 124 s., 130; C.M. Rosenberg, The influence of Northern graphics on painting in Renaissance Ferrara: M. da M., in Musei ferraresi, XV (1985-87), pp. 61-74; S. Reiss, Cardinal Giulio de’ Medici’s 1520 Berlin Missal and other works by M. da M., in Jahrbuch der Berliner Museen, XXXIII (1991), pp. 107-128; J.J.G. Alexander, M. da M. illuminator, in Pantheon, L (1992), pp. 32-45; U. Bauer-Eberhardt, M. da M., Giovanni Battista Cavalletto und Martino da Modena: ein Miniatoren-Trio am Hofe der Este in Ferrara, ibid., LI (1993), pp. 52-86; H.J. Hermann, La miniatura estense, a cura di F. Toniolo, Modena 1994, pp. 166-171, 178-180 e passim; P.L. Mulas, Cum aparatu ac triumpho quo pagina in hac licet aspicere: l’investitura ducale di Ludovico Sforza, il Messale Arcimboldi e alcuni problemi di miniatura lombarda, in Artes, II (1994), pp. 19 s.; Liturgia in figura. Codici liturgici rinascimentali della Biblioteca apost. Vaticana (catal., Città del Vaticano), Roma 1995, pp. 279-295, 310-313; A. Dillon Bussi, Una serie di ritratti miniati per Leone X e un poscritto di novità su M. da M. e sul libro in epoca leonina, in Riv. di storia della miniatura, I-II (1996-97), pp. 17-33; J.J.G. Alexander, in La miniatura a Ferrara, dal tempo di Cosmè Tura all’eredità di Ercole de’ Roberti (catal., Ferrara), a cura di F. Toniolo, Modena 1998, pp. 295-314; S. Pettenati, in Blu, rosso e oro. Segni e colori dell’araldica in carte, codici e oggetti d’arte (catal., Torino), Milano 1998, pp. 253-256; A. Dillon Bussi, in Riv. di storia della miniatura, III (1998), pp. 179-181 (rec. a La miniatura a Ferrara); M.C. Paoluzzi, in Il trionfo del tempo. Manoscritti illustrati dell’Acc. nazionale dei Lincei (catal., Roma 2002-04), Modena 2002, pp. 210-212; P. Tosini, Una collaborazione tra M. da M. e Attavante degli Attavanti, in Riv. di storia della miniatura, VIII (2003-04), pp. 135-144; C. Romano, L’esordio di M. da M. e il libro d’ore ms. Douce 14 di Oxford, ibid., pp. 145-155; F. Gualdi, Novità su Pintoricchio, Raffaello, M. da M. per il Prognosticon Hyerosolymitanum del Negonio e per altri codici del Rinascimento, in Commentari d’arte, IX-XII (2003-06), pp. 29-33, 37.