MATTEO da Gubbio
MATTEO da Gubbio. – Originario di Gubbio, non è nota la data di nascita, collocabile alla fine del secolo XIII.
La prima notizia che lo riguarda riporta al 1321, allorché il Comune di Perugia lo designò alla cattedra di filosofia e di logica in caso di rinuncia del maestro Baldo di Bastiano da Gubbio. Nel 1341 sostenne una disputa con il logico inglese Walter Burley (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 3066, cc. 7v-10v).
Fu maestro alla facoltà delle arti di Bologna negli anni Trenta e Quaranta e fu tra gli esponenti più significativi della cosiddetta «scuola averroistica bolognese», definizione sotto la quale la moderna storiografia filosofica – per impulso soprattutto delle ricerche di Grabmann e di Nardi – ha riunito alcuni maestri – variamente influenzati dal pensiero di Averroè e degli averroisti parigini (in particolare Giovanni di Jandun) – attivi a Bologna dal secondo decennio del Trecento alla metà, circa, del secolo.
Gli elementi utili alla sua biografia si riducono alle notizie circa il suo magistero bolognese, tramandate dall’erudito seicentesco Nicola Pasquali Alidosi: «Matteo da Ogobio del 1334 fu lettore di Filosofia sin’all’anno 1347». L’esiguità della documentazione superstite non consente di verificare tali limiti cronologici. Ciò nondimeno, la notizia sembra trovare parziale conferma nelle carte della signoria di Taddeo Pepoli relative al decennio 1337-47: nei libri di pagamento dei lettori impiegati presso lo Studium, il nome di M. ricorre infatti negli anni 1338, 1343, 1344, 1345, 1346 e 1347 per l’insegnamento della logica, della filosofia e della fisica. Il riscontro, in sé prezioso, non esclude che la carriera bolognese di M. possa aver avuto inizio prima del 1334.
Non si hanno notizie del M. successive al 1347. Rimangono dunque ignoti luogo e data di morte.
A fronte di un quadro così povero di dati, relativamente ben documentata è invece la sua produzione filosofica. Gli scritti superstiti si dividono essenzialmente in commenti aristotelici e in quaestiones disputatae.
Sulla base del regesto compilato da Lohr, ripreso e integrato da Ghisalberti (in Quaestiones de anima), le opere sicuramente attribuibili a M., con l’indicazione dei manoscritti relatori, sono: Reportata super Porphyrium (Cracovia, Biblioteca Jagellonica, Mss., 737, cc. 120r-124v); Reportata supra Praedicamenta (ibid., cc. 124v-133v); Dicta (Quaestiones) supra Porphyrium (Erfurt, Wissenschaftliche Bibliothek, Ampl. Q., 276, cc. 155r-158r); Firenze, Biblioteca nazionale, Conv. soppr., J.III.6 (XIV), cc. 55r-57v; Cracovia, Biblioteca Jagellonica, Mss., 737, cc. 133v-139r.; Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 6768 (XIV), cc. 202r-206r; Dicta (Quaestiones) super Praedicamenta (Firenze, Biblioteca nazionale, Conv. soppr., J.III.6, c. 124 [q. «utrum situs et ubi realiter distinguuntur»]); Cracovia, Biblioteca Jagellonica, Mss., 737, cc. 139r-150v; Dicta (Quaestiones) super Perihermeneias (ibid., c. 151); Scriptum super primo Posteriorum (Praga, Biblioteca capitolare metropolitana, 1324 [L.LXXVIII], cc. 1r-27r); Quaestiones libri Meteororum (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Fesulano, 161, cc. 73r-84v); Determinatio de ente rationis (Erfurt, Wissenschaftliche Bibliothek, Ampl. Q., 276, cc. 141v-143r).
A M. si assegnano inoltre, dopo gli studi di Maier (1944, p. 148), le quaestiones tradite dal ms. Ottobon. lat. 318 della Biblioteca apostolica Vaticana, cc. 1r-164r ed edite in Z. Kuksewicz, 1965. Altre quaestiones, inedite, si conservano nei mss. Vat. lat. 3066, cc. 2v-3r, 7v-8v; Mantova, Biblioteca comunale, Mss., D.III.19 (445), cc. 5ra-6rb; Pisa, Biblioteca del seminario arcivescovile S. Caterina, Fragm., 3, cc. 1v-2v.
È probabile che al corpus delle opere di M. vadano ascritte anche le anonime Quaestiones de anima, tradite dal citato cod. Fesulano 161 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, cc. 84v-104v. A favore dell’ipotesi che le Quaestiones de anima siano da attribuire a M., ha recato argomenti non trascurabili A. Ghisalberti, curatore del testo (Le «Quaestiones de anima» attribuite a Matteo da Gubbio, Milano 1981): la dimostrazione dell’autenticità si avvale, essenzialmente, dei raffronti intertestuali già eseguiti da Piana, corroborati da ulteriori riscontri, in particolare con le quaestiones edite dal Kuksewicz.
Per quel che concerne le opere perdute (in margine al citato codice Ottobon. lat. 318, cc. 22v, 44r è menzionato un commento alla Physica) o di incerta attribuzione, come le anonime Quaestiones super librum de sensu et sensato del ms. Fesulano 161, cc. 104-107r, si rimanda alle annotazioni di Piana, pp. 227-236; Ermatinger, pp. 35-41; Lohr, p. 342; Ghisalberti, pp. 49 s.
L’analisi di questo ampio materiale ha consentito di ricostruire con sufficiente approssimazione, e meglio di quanto non sia stato possibile fare per altri averroisti bolognesi, le principali posizioni filosofiche di Matteo da Gubbio. Nel complesso, come ha mostrato Kuksewicz, le tesi di M. non si discostano dalle linee generali dell’averroismo latino trecentesco. Per ciò che riguarda il problema, centrale nella psicologia averroista, del rapporto tra l’anima e l’intelletto, M. professa per esempio una dottrina – quella dell’intelletto possibile come operans intrinsecum –, modellata sul rapporto tra intelligenza separata e sfera celeste, dottrina che è già in Taddeo da Parma, iniziatore della scuola bolognese, il quale la deduce da Giovanni di Jandun. Su altri temi emergono invece tratti di originalità, per esempio sulla natura dell’intelletto agente oppure là dove egli professa, con J. Duns Scoto, l’identità delle facoltà volitive e cognitive o quando ammette per l’intelletto la conoscenza simultanea degli oggetti sub propria ratione distincta.
Fonti e Bibl.: G.N. Pasquali Alidosi, Li dottori forestieri che in Bologna hanno letto teologia, filosofia, medicina ed arti liberali, Bologna 1623, p. 52; S. Mazzetti, Repertorio de’ professori della Università di Bologna, Bologna 1847, pp. 204 s.; N. Rodolico, Dal Comune alla Signoria: saggio sul governo di Taddeo Pepoli in Bologna, Bologna 1898, p. 194; B. Nardi, Noterelle polemiche di filosofia dantesca, in Nuovo Giorn. dantesco, I (1917), pp. 123-129; M. Grabmann, Mittelalterliches Geistesleben, I, München 1926, pp. 138 s.; II, ibid. 1936, pp. 239-260; A. Maier, Ein Beitrag zur Geschichte des italienischen Averroismus im 14. Jahrhundert, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XXXIII (1944), pp. 142-147; G. Ermini, Storia dell’Università di Perugia, Bologna 1947, p. 147; C. Piana, Nuovo contributo allo studio delle correnti dottrinali nell’Università di Bologna nel sec. XIV, in Antonianum, XXIII (1948), pp. 221-236; Le Quaestiones de anima di Taddeo da Parma, a cura di S. Vanni Rovighi, Milano 1951, p. XXII; Ch.J. Ermatinger, Averroism in early fourteenth century Bologna, in Mediaeval Studies, XVI (1954), pp. 39-43; M. Grabmann, Mittelalterliches Geistesleben, III, München 1956, pp. 197-212; Z. Kuksewicz, Les oeuvres de M. de G. dans le ms. 737 de la Bibliothèque Jagellonne, in Mediaevalia Philosophica Polonorum, X (1961), pp. 40-45; J. Pinborg, Eine unbeachtete Handschrift mit Texten des Matheus von Augubio, in Bulletin de philosophie médiévale, VII (1965), pp. 89-91; Z. Kuksewicz, Averroïsme bolonais au XIVe siècle. Éditions de textes… Matheus de Eugubio, Wrøklaw-Varsovie-Cracovie 1965, pp. 217-316; A. Thirry, Á propos de certains commentaires médiévaux du «De anima» d’Aristote. Résultats de quelches recherches, in Bulletin de philosophie médiévale, VIII-IX (1966-67), pp. 63 s.; A. Maier, Ausgehendes Mittelalter, II, Roma 1967, pp. 335-349, 351-366; Z. Kuksewicz, De Siger de Brabant à Jacques de Plaisance. La théorie de l’intellect chez les averroïstes latins des XIIIe et XIVe siècles, Wrøklaw-Varsovie-Cracovie 1968, pp. 346-353, 420-424; Ch.H. Lohr, Medieval Latin Aristotle commentaries. Authors: Johannes de Kanthi - Myngodus, in Traditio, XXVII (1971), pp. 338-342; S. Vanni Rovighi, Studi di filosofia medievale, II, Milano 1978, pp. 222-244; J.-B. Brenet, Transferts du sujet. La noétique d’Averroès selon Jean de Jandun, Paris 2003, pp. 13 s., 23, 55, 66, 70, 81, 84 s., 308, 353, 400; L. Cappelletti, Il problema dell’intelletto agente in M. da G.: una proposta di lettura, in Etica e conoscenza nel XIII e nel XIV secolo, a cura di I. Zavattero, Arezzo 2006, pp. 65-74; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, VII, pp. 516 s.