CORREGGIO (de Corigia, da Corezo), Matteo da
Figlio di Guido e di Mabilia da Gente, sposò Agnese Fogliani, dalla quale ebbe un figlio di nome Niccolò.
Dalle notizie che abbiamo di lui, poche in verità, si fatica ad avere una immagine chiara e coerente della sua personalità. Egli, infatti, appare sempre nelle vesti del fedele esecutore degli ordini e dei piani del fratello Giberto. Certamente il prestigio e il potere di Giberto poggiavano prima di tutto sulla coesione e sull'appoggio degli uomini del suo casato, a differenza delle altre famiglie parmigiane - come i Rossi, gli Enzola o i Senaza - gli appartenenti alle quali appaiono schierarsi, di volta in volta, per l'una o per l'altra parte.
Il C. fa la sua prima comparsa nella vita pubblica insieme con il padre ed il fratello Giberto il 18 giugno 1297, quando viene stipulata una tregua fra il marchese d'Este e il Comune di Parma; in essa i Correggio garantivano personalmente che la pace sarebbe stata inviolabilmente osservata dai Parmigiani. Ma è soprattutto dopo la nomina del fratello a signore di Parma (1303) che il C. ottenne, insieme con il cognato Niccolò Fogliani, incarichi militari di particolare importanza. I due furono ripetutamente impegnati nella difesa della signoria di Alberto Scotti, alleato dei Parmigiani e seriamente minacciato dalle forze collegate di numerose città dell'area padana ed in particolare da Milano, Pavia e Cremona. Mentre i Mantovani e i Veronesi tenevano a bada Cremona, il C. e Niccolò Fogliani, all'inizio dell'estate del 1304, raggiunsero Piacenza, dove già si trovava Galeazzo Visconti, per difenderla dai Milanesi e dagli altri, i quali, però, percorse e saccheggiate le campagne dei dintorni, dopo venti giorni si ritirarono. In settembre, quando Alberto Scotti aveva perso anche l'appoggio cittadino ed era rimasto al potere solo perché era riuscito a soffocare una sollevazione popolare guidata da alcuni magnati, i suoi avversari ritentarono l'occupazione di Piacenza; partiti da Cremona, occuparono e saccheggiarono gran parte del territorio piacentino ed arrivarono inaspettati alle porte della città, senza però entrarvi; dovettero desistere anche questa volta, grazie all'intervento del C. e di Niccolò Fogliani che nel frattempo erano giunti rispettivamente a Borgo San Donnino e a Fiorenzuola. Ma le cose non potevano andare avanti ancora per molto. Giberto, quando per la terza volta nel novembre del 1304 gli alleati conquistarono Bobbio e altri centri montani e si preparavano ad assalire la città, invece di inviare il fratello e i suoi uomini, raggiunse egli stesso Piacenza, e, fatto deporre lo Scotti, cercò di prenderne il posto; ma poi anch'egli, di fronte a una sollevazione popolare, dovette lasciare la città che aprì le porte ai nemici di Alberto Scotti.
Perduta l'alleanza di Piacenza e svanita la possibilità si allargare la sua signoria in quella direzione, Giberto si unì a quanti erano interessati a strappare Modena e Reggio all'Estense. Qui fu più fortunato e, nonostante l'opposizione di alcune famiglie, specialmente dei Canossa che si ritirarono nel castello di Gesso, riuscì ad occupare la piazza con le armi. Il C. appena l'anno precedente aveva ottenuto da Azzo d'Este l'investitura di Casaloffia, divenne podestà di Reggio per conto di Giberto, il quale da questo momento fu uno dei principali ispiratori della pooccupare la piazza con le armi. Il C., che anche quando non fu più podestà, continuò a guidare, dietro ordine di Giberto, la lotta contro i castelli reggiani delle famiglie che non si erano sottomesse. Nel 1307 con un grosso esercito nel quale aveva molti soldati delle città alleate di Verona, Mantova e Brescia, assalì invano alcuni castelli reggiani dei Palù; infine, prima di tornare a Parma, si diresse contro Gesso (presso Scandiano) - la roccaforte dei Canossa nella quale si erano rinchiusi anche i Rossi e i Lupi - e anche qui si limitò a distruggere, saccheggiare e bruciare i centri dei dintorni. Anche se erano riusciti a resistere, i castelli dei Palù, stremati dalle scorrerie del C., si decisero a sottomettersi alla volontà di Giberto e si strinsero in alleanza con lui.
Il 26 marzo 1308, quando Giberto fu cacciato da Parma, anche il C., assieme con i suoi soldati ed i Reggiani accorsi in aiuto, si mise in salvo a stento e raggiunse Castelnuovo Sotto, da dove rientrò poi vittorioso in Parma tre mesi più tardi, dopo la battaglia di Enzola. Anche in seguito il C. seguì le alterne fortune del fratello, pronto ad accorrere col suo esercito contro i vari nemici del momento. Nel marzo del 1312, quando Giberto aveva ormai voltato le spalle all'imperatore Enrico VII ed era stato eletto signore di Cremona per cinque anni, il C. corse a difendere il ponte di Dosolo dalle armate filoimperiali dei Bonaccolsi di Mantova, i quali non riuscirono ad impadronirsene e, dopo aver perso sul Po più di un centinaio di uomini, si rifugiarono a Rivarolo in territorio mantovano. L'anno seguente, quando Giberto venne nominato da re Roberto capitano di Parma, di Cremona e della parte guelfa in Lombardia, anche il C., con alcuni parmigiani tra i quali Giovannino e Gianquirico Sanvitale, giurò fedeltà ed omaggio, nelle mani di Roberto d'Angiò, alle cui sorti restò poi legato tutta la vita.
Intanto, dopo l'effimero e illusorio successo politico dell'estate del 1315, quando Giberto sembrava al colmo della sua potenza, il declino non tardò a manifestarsi e il C., il 25 luglio 1316, seguì per la seconda volta il fratello nell'esilio di Castelnuovo. Ma, mentre la morte non permise a Giberto di rimettere piede in Parma, il C. ed i figli di Giberto, dopo un'accesa seduta del Consiglio del Comune, ottennero la revoca del bando e poterono rientrare il 22 sett. 1322.
Il C., ormai avanti negli anni, non dovette più occuparsi direttamente delle vicende della sua famiglia, affidate principalmente ai figli di Giberto. Quando questi, non sentendosi più sicuri in città, dove era stato ucciso un loro seguace, lasciarono Parma e si rifugiarono nelle loro terre di Castelnuovo, il C., pur non essendo espressamente ricordato nelle cronache, dovette certamente seguirli nel loro destino. Tant'è vero che, ancora nell'ottobre del 1329, i Parmigiani, fedeli all'imperatore Ludovico il Bavaro, in guerra con i Correggio alleati dei Bolognesi e del legato papale, conquistarono con le armi la residenza fortificata che il C. aveva in Berutto e nella quale aveva ammassato una gran quantità di beni di ogni genere, portati poi a Parma e venduti in piazza. Benché la fortezza del C., conquistata dai Parmigiani che ne volevano fare un centro della lotta contro i Correggio, fosse difesa da soldati tedeschi, essa fu tuttavia riconquistata dai figli di Giberto meno di un mese più tardi, il 15 nov. 1329.
Ma il C. non poté risiedervi per molto tempo; il 18. dic. 1329 fece testamento in favore del figlio Niccolò e da allora non abbiamo più notizie di lui.
Fonti e Bibl.: Chronicon Regiense, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., XVIII, Mediolani 1731, col. 17; Chronicon Parmense, in Rer. Ital. Script., 2 ed., IX, 9, a cura di G. Bonazzi, ad Indicem; Chronicon Estense cum additamensis usque ad annum 1478, ibid., XV, 3, a cura di G. Bretoni-E. P. Vicini, p. 63; Chronica Parmensia, in Monum. hist., ad Provincias Parmensem et Placentinam Pertinentia, X, a cura di L. Barbieri, Parmae 1858, ad Indicem; Liber grossus antiquus Comunis Regii. Liber Pax Constantiae, a cura di F. S. Gatta, II, Reggio Emilia 1950, p. 212; B. Angeli, La historia d. città di Parma, Parma 1591, p. 146; N. Tacoli, Mem. stor. di Reggio di Lombardia, I, Reggio 1742, p. 473; G. Tiraboschi, Memorie storiche modenesi, V, Modena 1795, pp. 28, 33 ss., 39; I. Affò, Storia della città di Parma, IV, Parma 1795, ad Indicem;G. Tiraboschi, Diz. topogr.stor. d. Stati estensi, I, Modena 1824, p. 193; A. Balletti, Storia di Reggio nell'Emilia, Reggio Emilia 1925, p. 157; P. Litta, Le famiglie cel. italiane, s. v. Correggio, tav. I.