COLACIO (Colazio, Collazio, Colatius), Matteo
Nacque a Foroleto (Feroleto) nel circon. di Nicastro, in prov. di Catanzaro, agli inizi della seconda metà del sec. XV (il Kibre sostiene che l'anno della sua nascita è il 1457, ma in realtà su questo dato non ci sono documenti sufficienti per formulare ipotesi attendibili).
Il C. appartenne a quella numerosa schiera di intellettuali meridionali che, in epoca rinascimentale, si spostava nelle università centrosettentrionali per approfondire la propria formazione professionale nei luoghi dove aveva avuto origine e si veniva sviluppando quel nuovo tipo di cultura, i cui frutti giungeranno almeno fino all'affermazione della politica culturale controriformistica. In qualche caso questi giovani studiosi, dopo aver fatto proprie le metodologie e i contenuti della nuova letteratura e della nuova critica, tornavano nelle terre d'origine per rappresentare a loro volta un polo d'attrazione per le generazioni più giovani; forse non così fu per il C.; infatti non ci sono notizie di un suo ritorno nel Meridione dopo gli anni trascorsi a Padova e a Venezia prima come studente e poi come insegnante.
Al periodo patavino risale l'episodio più celebre della sua carriera intellettuale che gli diede una fama anche postuma. A Padova, infatti, sul finire degli anni Settanta, il C. diede alle stampe uno scritto dal titolo Disputatio de fine oratoris in Quintilianum pro Cicerone.
È probabile che egli, già in questo periodo, dovesse ricoprire un ruolo non secondario nell'ambiente del dotti, sia per l'arditezza dell'argomento che affronta (non si può, infatti, non ricollegare la questione da lui sollevata con gli studi sulle Istitutiones di Quintiliano e sul De oratore che un altro, assai più celebre dotto, Gasperino Barzizza, aveva compiuto nella stessa Padova nei primi anni del secolo) sia per la violenza con cui la scelta a favore di Cicerone viene subito contrastata da Bonifacio Bembo che, da studioso anch'egli di oratoria e lettore pubblico dell'università di Pavia, difende senza cedimenti il modello quintilianeo.La controversia raggiungerà persino toni aspri quando, nel 1478, il C. pubblica, sempre a Padova, una Responsio quibusdam contraddictionibus de fine oratoris. L'episodio di questa dotta polemica - narrato da Cristoforo Barzizza nel suo De fine oratoris - contribuì forse a diffondere la fama della dottrina del C. perché sappiamo che negli anni Ottanta egli divenne pubblico lettore nello Studio di Venezia e che in questa città pubblicò, oltre agli Opuscula, un altro scritto sulla retorica e una rassegna delle imprese del doge Francesco Foscari.
Quest'ultima opera, della quale non conosciamo l'anno di pubblicazione, attesta ulteriormente l'inserimento del C. nella problematica non solo culturale, ma anche etica e civile, del proprio tempo: perché trattare l'argomento delle res gestae del doge sconfitto significava, evidentemente, voler imporre il proprio punto di vista circa uno degli episodi più complessi della storia di Venezia.
Ignoriamo l'anno ed il luogo della morte del C. né è possibile formulare ipotesi per la totale mancanza di dati a nostra disposizione.
Opere: Disputatio de fine oratoris in Quintilianum pro Cicerone, Venetiis, Jacopo da Fivizzano, [1477], Responsio quibusdam contraddictionibus de fine oratoris, Patavii, B. Celeri, 1478; Libellus de verbo,civilitate et de genere artis rethoricae in magnos rethores Victorium et Quintilianum, Venetiis, Bernardino da Novara, 1486 (ristampato ibid. nel 1491); Opuscula, ibid., Bernardino Rizzo [1486], De gestis Franc. Foscari Venetorum Ducis, s.l. né d.
Fonti e Bibl.: C. Barzizza, De fine oratoris pro Ciceronis et Quintiliani assertione, Brixiae 1492, l. II; P. A. Spera, De nobilitate professorum grammaticae et humanit. utriusque linguae, Neapoli 1641, p. 469; N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, p. 210; F. G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita,e le opere degli scritt. viniziani, I, Venezia 1752, p. XLIV; A. Zavarroni, Bibliotheca calabra, Napoli 1753, p.105; G. M. Mazzuchelli, Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 728 s.; L. Accattatis, Le biografie degli uomini ill. delle Calabrie, I, Cosenza 1869, p. 166; L. Aliquò Lenzi, Gli scrittori calabresi, Messina 1913, p. 78; G. Vinay, L'umanesimo subalpino nel sec. XV, Torino 1935, p. 214; P. Kibre, The library of Pico della Mirandola, New York 1936, p. 170; L. Aliquò Lenzi-F. Aliquò Taverriti, Gli scritt. calabresi, I, Reggio Calabria 1955, p. 189; L. Hain, Rep. bibliogr., I, 2, p. 173.