CASELLA, Matteo
Nato a Faenza intorno al 1475 da Bortolo, studiò leggi a Padova Bologna e a Ferrara, dove si laureò in diritto civile l'8 dic. 1501.
Acquistò presto fama di valente giurista e nel 1509-10 fu podestà di Ferrara. Divenuto poi uno dei segretari ducali, nel 1517 fu mandato a Milano, non si sa con quale commissione. Verso il 1520 fu nominato consigliere di giustizia. Nel giugno 1521 fu scelto da Ludovico Ariosto, procuratore del fratello arciprete Galasso, a decidere, insieme col giurista Virginio Silvestri, nominato dal procuratore dell'arcivescovo di Ravenna, una controversia relativa a un beneficio ecclesiastico. Poi per circa un quindicennio fu adoperato soprattutto come diplomatico. Nelle lunghe trattative e manovre del duca Alfonso presso le corti papale ed imperiale per riavere Modena, Reggio e le altre terre che gli aveva fatto perdere l'ostilità dei papi Giulio II e Leone X, il C. ebbe, per la sua abilità di negoziatore e la sua competenza di giurista, una parte importantissima.
L'offensiva diplomatico-militare dei duca cominciò con la morte di Leone X. A sede vacante egli occupò Nonantola, San Felice e la Romagna estense; eletto il papa Adriano VI, il duca mandò a Roma suo figlio Ercole per le congratulazioni ed insieme vi spedì il C. ed Enea Pio a spalleggiare l'oratore residente Lodovico Cato. Si trattava di fare assolvere il duca dalle censure, far togliere l'interdetto a Ferrara, ottenere la conferma del possesso delle terre rioccupate e la restituzione di Modena e Reggio. I diplomatici estensi riuscirono in gran parte nel loro intento; ma quanto a Modena e Reggio ottennero solo generiche garanzie. Morto papa Adriano, il duca fece occupare, durante H conclave, Reggio e Rubiera e dopo l'elezione di. Clemente VII si affrettò a mandare a Roma il C., insieme con A. Costabili ad ossequiare in suo nomeil papa e a chiedere la restituzione di Modena. A Firenze il C. visitò la Signoria, ebbe un colloquio con l'arcivescovo di Capua, N. Schömberg, e a Siena parlò con Fabio Petrucci, pregando tutti di interporre i loro buoni uffici. A Roma ebbe, il 7 genn. 1524, un lungo colloquio col papa, che non solo non era affatto disposto a restituire Modena, ma pretendeva che il duca gli riconsegnasse Reggio. Nonostante l'appoggio del card. Colonna e dello Schömberg, il C. poté solo ottenere il mantenimento dello status quo per un biennio. Tornato a Ferrara nell'aprile, il C. fu, nel maggio, arbitro di una lite tra Ludovico Ariosto e il conte Antonio di Bagno, relativa all'eredità di Rinaldo Ariosto.
Dai primi del 1526 all'estate del 1527 fu oratore residente a Roma. La sua corrispondenza di questi anni è disgraziatamente poco utilizzabile perché le lettere sono in parte bruciacchiate, in parte illeggibili per l'umidità. Ma quel poco che se ne può leggere è di grande interesse. Furono mesi di trattative intense col papa e col datario, di proposte e di controproposte, alle quali mise termine il sopraggiungere di tragici avvenimenti. Durante il Sacco il C. non ebbe danno alla persona, perché riparò in tempo nel palazzo della marchesa di Mantova, che fu risparmiato perché protetto dai soldati di Ferrante Gonzaga; ma perdette tutte le sue robe. Tornò a Ferrara nell'estate. Nel 1528 gli morì la moglie, Claudia, di ignoto casato, che lasciò tre figli: Vincenzo, Giovan Paolo e Giovan Pietro. Nello stesso anno il C. fu uno dei riformatori dello Studio. Nel settembre del 1529 fu mandato, insieme con Enea Pio, a Piacenza ad ossequiare Carlo V, che veniva per incontrarsi a Bologna con Clemente VII. Il duca Alfonso aveva occupatoS nel giugno 1527, anche Modena. Il papa non aveva cessato di protestare e il trattato di Barcellona (29 giugno 1529) non aveva affatto riconosciuto il buon diritto dell'Estense. Era quindi necessaria un'abilissima azione diplomatica per ottenere tale riconoscimento da parte del papa e dell'imperatore. I due ambasciatori estensi seguirono la corte imperiale a Bologna, dove cominciarono quei colloqui del C. con mons. di Granvelle, coi segretari imperiali Covos e Valdesio, col gran cancelliere Gattinara, che continuarono poi in diversi luoghi e per diversi anni. Il 26 ott. 1529 il C. fu ricevuto da Clemente VII e il 9 novem bre da Carlo V. Solo dopo molte insistenze e dopo che anche il duca Alfonso ebbe ottenuto udienza dall'imperatore e dal papa, quest'ultimo acconsentì a un compromesso (3 marzo 1530) per cui Modena veniva data in deposito all'imperatore, fatto arbitro e giudice della controversia.
Pochi giorni dopo, Carlo V lasciò Bologna e il C. seguì la sua corte come oratore estense. Nell'aprile era a Maritova, nel giugno a Innsbruck, nel luglio ad Augusta, dove rimase fino a nòvembre: nel dicembre fu a Spira, poi a Colonia. Egli seguiva l'andamento del processo e curava per il duca anche affari minori come quello di ottenergli la licenza di importare cavalli dalla Sardegna. Finalmente il 21 dicembre a Colonia l'imperatore dette la sua sentenza; ma la consegnò al segretario Valdesio con ordine di tenerla. segreta per quattro mesi. Il 2 genn. 1531 il C. assisté nella cattedrale di Colonia all'elezione di Ferdinando d'Asburgo a re dei Romani e mandò al duca una breve relazione della cerimonia. Nello stesso mese seguì la corte a Bruxelles dove rimase quasi tutto l'anno, sempre inviando a Modena interessanti avvisi e relazioni. Nel dicembre fu sostituito da Alfonso Bevilacqua e poté, com'era suo desiderio, tornare a Ferrara.
Restò a Ferrara per quasi tutto l'anno 1532. Nel dicembre fu mandato a Bologna, dove nuovamente si incontravano il papa e l'imperatore. La sentenza di quest'ultimo era stata in tutto favorevole al duca, ma il papa aveva protestato e non aveva voluto ratificarla. Il C. riprese quindi col Granvelle e col Covos a cercare il modo di indurre il papa a concedere la ratifica. Nel contempo fece presenti allo imperatore i danni arrecati dalle truppe imperiali alloggiate nel Modenese. Ebbe parecchi incontri col Tiziano, che, pur dicendosi carico di lavoro, accettò di dipingere alcuni quadri per il duca. Nonostante gli sforzi del C. e dei suoi protettori in corte cesarea, il papa fu irremovibile: pretendeva che l'imperatore gli accordasse. il diretto dominio su Modena e Reggio, che egli avrebbe infeudato all'Estense dietro pagamento annuo di 3.000 ducati; che il duca lasciasse alla Chiesa tutte le terre di Romagna; che l'imperatore gli riconoscesse il diretto dominio su Parma e Piacenza ed inducesse il duca di Milano a cedergli ogni sua ragione sul dominio utile. Terminato il convegno di Bologna, il C. tornò a Ferrara e il duca in riconoscimento dei suoi servizi gli diede in feudo, il 12 giugno 1531 due possessioni in Calto, altre due presso Bagnacavallo e un palazzo in Bondeno.
Morto Clemente VII ed eletto Paolo III il C. fu di nuovo, ai piimi di novembre 1534, mandato a Roma con Marco Pio per congratularsi e ossequiare il papa, per scusare il nuovo duca Ercole II, che non aveva potuto recarsi a Roma di persona causa la malattia e la morte del padre 31 ott. 1534), e chiedere la ratifica del lodo di Carlo V. Il suo soggiorno a Roma durò, probabilmente con l'intermezzo di qualche viaggio a Ferrara, fino all'autunno del 1536. Egli continuò ad interessarsi dell'eterna questione della ratifica del lodo imperiale e di altri affari minori: durante il soggiorno a Roma di Carlo V nel 1536, cercò di ottenere una condotta per Francesco d'Este. Interessanti, specialmente in relazione al momento, sono alcune lettere in cui egli, come giurista, dà consigli legali al duca Ercole circa la condotta da tenere verso gli ebrei ed alcuni eretici arrestati nel ducato.
Il Borsetti scrive che il C. insegnò nel 1552 diritto civile all'università; in uno studio del Pardi (1903) si legge (è un evidente errore di stampa) che egli insegnò nel 1551-42. Poiché da un atto originale di vendita di suo figlio Giovan Pietro risulta indubitabilmente che egli era già morto nell'ottobre 1542, l'anno del suo insegnamento deve essere stato il 1541-42, ultimo della sua vita. Copia del testamento del C., redatto il 6 genn. 1539, si trova nel ms. 1615 della Biblioteca Oliveriana di Pesaro.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Arch. Estense, Ambasciatori..., Roma, bb. 29, 31, 33-35, 38; Germania, b. 2; Particolari, b. 297; Carteggi di referendari..., b. 9; Catasti, regis. ST, c. 26v; L. Ariosto, Lettere, a cura di A. Stella, Milano 1965, p. 199; F. Guicciardini, Storia d'Italia, a cura di S. Seidel Menchi, Tormo, 1971, p. 1798; I.B.C. Gyraldi, De Ferraria et Atestinis principibus, Ferrariae 1556, c. 65; M. A. Guarini, Compendio historico... delle chiese di Ferrara, Ferrara 1621, p. 117; F. Borsetti, Hist. almi Ferrariae gymnasii, Ferrara 1731, I, p. 163; II, p. 175; L. A. Muratori, Antich. estensi, II, Modena 1740, pp. 328, 330, 334, 355, 363; G. Salvioli, Nuovistudi, in Archivio veneto, XVI (1878), pp. 293 s.; S. Bernicoli, Governi di Ravenna e di Romagna dalla fine del sec. XII, Ravenna 1898, p. 139; G. Pardi, Titoli dottorali conferiti dallo Studio di Ferrara..., Lucca 1901, p. 108; Id., Lo Studio di Ferrara nei secc. XV e XVI, in Atti e mem. della Deput. ferrarese di st. patria, XIV (1903), pp. 51, 122; A. Luzio, Isabella d'Este e il sacco di Roma, in Arch. stor. lomb., s. 4, X (1908), p. 81; L. von Pastor, Storia dei papi, IV-V, Roma 1912-15, ad Ind.;M. Catalano, Vita di L. Ariosto, Ginevra 1931, ad Indicem.