BARTOLINI BALDELLI, Matteo
Nato a Firenze da Francesco e da Maria Alberighi, per la valida protezione del padre e dello zio Belisario Vinta, primo consigliere granducale, entrò al servizio nella segreteria di Stato, in seguito a un rescritto del 9 ag. 1607. Nel febbraio del 1614, dopo un breve periodo di servizio in sostituzione del fratello Giovan Battista presso le Poste granducali, fu inviato in qualità di residente mediceo alla corte di Francia, dove giunse il 9 marzo e dove, con turbinose vicende, rimase fino al 1620. Parente ed amico, di Concino Concini, il B. esercitò sulla regina madre Maria de' Medici una certa influenza che valse, non meno della qualità di diplomatico, a proteggerlo dall'odio generale cui erano fatti segno in quel tempo i Toscani residenti in Francia. Non subì conseguenze neanche dopo l'assassinio del Concini e l'arresto di Eleonora Galigai, moglie di costui (1617); ma quando Luigi XIII fece arrestare Maria de' Medici, non essendosi potuto impedire che il ministro di Toscana continuasse, per motivi d'ufficio, ad avere rapporti con la regina madre, il B. venne posto sotto rigorosa sorveglianza ad opera del primo ministro Carlo de Luynes, che cercava un pretesto per coglierlo in fallo ed espellerlo dal paese.
Il B., spinto dal granduca, che intendeva proteggere la regina (nel 1617 aveva già inviato in Francia l'arcivescovo di Pisa, Francesco Bonciani), chiese udienza al re per intercedere a favore di Maria, ma non ottenne niente, e ancor meno di lui il Bonciani, il quale si senti addirittura rispondere che se avesse voluto far cosa utile alla sovrana, sarebbe dovuto tornare in patria; la regina stessa fu costretta a pregare il Bonciani di non occuparsi più di lei. La situazione peggiorò in seguito al processo intentato dal parlamento di Parigi contro la marescialla d'Ancre accusata di stregoneria, processo che terminò, come è noto, con la sua condanna a morte. Il B., tramite un agente toscano, Luca degli Asini dei Fabbroni, messo a servizio della regina in veste di cameriere, continuò, nonostante le proibizioni, a corrispondere e addirittura a farsi ricevere segretamente da lei.
A inasprire la situazione sopravvenne intanto il sequestro, a danno di mercanti ebrei di Livomo, di alcuni bastimenti toscani. Poiché i Francesi non intendevano restituirli, Cosimo II ordinò la rappresaglia su quattro vascelli provenzali che, carichi di merce, stavano per salpare da Livorno verso Napoli. La reazione dei Francesi contro ttitti i Toscani residenti in Francia si inasprì. Non occorsero più fittizi pretesti: il B., contro il quale si stava macchinando la calunnia di aver scambiato con la regina dispacci convenzionali per far avvelenare il primo ministro, fu convocato davanti al Consiglio che, senza fargli parola di tale accusa, gli ingiunse, con parole oltraggiose per il granduca, di sgombrare da Parigi entro tre giorni e dalla Francia entro due settimane: cosa che il B. si affrettò a fare senza indugi, rifugiandosi dapprima a Nancy, alla corte di Lorena, e poi in Alsazia, dove chiese la protezione dell'arciduca Leopoldo d'Asburgo per i numerosi sudditi toscani che si erano rifugiati in quella regione in seguito alle persecuzioni subìte in Francia. Quindi il B., fu richiamato in Toscana, dove ottenne l'uffìcio di segretario della granduchessa madre Cristina di Lorena. Un tentativo di mediazione del duca di Lorena tra le due corti ebbe inizialmente scarso successo poiché nel frattempo si erano scoperti a Parigi nuovi intrighi del B. per far tornare la regina a corte, mentre sembrava accertata la responsabilità del residente mediceo nella diffusione di un libello contro il re ad opera di due fratelli fiorentini, certi Sozzi, e di un tale Durand, loro amico. Poi l'impegno del granduca di Toscana di non rinviare in Francia il B. (a sostituire il quale nell'agosto 1618 era stato inviato da Firenze il cav. Cammillo Guidi) e soprattutto il reciproco scambio delle navi sequestrate contribuirono a sdrammatizzare la situazione, che fu composta quando, per l'intervento del pontefice Paolo V, Luigi XIII accondiscese a riconciliarsi con la madre. Fu allora possibile alla corte fiorentina ritornare sulle proprie promesse, ottenendo, a risarcimento del proprio prestigio, di inviare di nuovo a Parigi il B. (iq ott. 1619). Compito ufficiale del B. fu quello di congratularsi con il re per la riconciliazione con la regina madre, di trattare la riscossione dei crediti fiorentini bloccati e di esortare Luigi XIII a soccorrere l'imperatore contro i protestanti. Dopo un anno di permanenza del B. in Francia, non mancò al Luynes un onorevole pretesto per rinviare l'incomodo agente mediceo donde era venuto: a nome del re egli fu infatti incaricato di chiedere al granduca la restituzione di ingenti somme che Eleonora Galigai Concini aveva spedito a Firenze, depositandole in quel Monte di pietà.
Il B. morì due mesi dopo il rimpatrio, per una febbre mafigna, il 30 genn. 1621.
Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato,filze 1458-61, 4629-32, 4635-37, 486469, 5974-7s, 6029; Ibid., Spogli rossi, n. 372; Ibid., Carte Strozzi,Inventario, s. I, pp. 281-285; R. Galluzzí, Istoria dei Granducato di Toscana sotto il governo della casa Medici, V, Livomo 1781, pp. 266-281; F. Inghirami, Storia della Toscana, XII, Fiesole 1843, p. 198; B. Zeller, La minorité de Louis XIII, Paris 1897, passim; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del Principato (1537-1737), Roma 1952, p. 130.