MATTEI, Ludovico,
detto Luigi. – Nacque a Roma il 19 nov. 1609 da Asdrubale, esponente della nobiltà municipale e marchese di Giove, e Costanza Gonzaga di Novellara, sua seconda moglie.
Cadetto (designato alla successione era il fratello Girolamo), si avviò precocemente alla carriera delle armi. Tra il 1627 e il 1628, superate le resistenze della famiglia a causa delle sua giovane età, come diversi altri gentiluomini romani si recò in Germania per partecipare alla guerra dei Trent’anni.
Fu ben accolto dall’imperatrice Eleonora Gonzaga (moglie di Ferdinando II d’Asburgo) e dal nobile romano Federico Savelli («venturiere» nell’esercito imperiale), che gli diede il comando di una compagnia di fanteria. Si trovò presto a contrastare l’invasione della Germania da parte dell’esercito svedese, alleato dei protestanti.
Combatté nell’estate 1630 sul fiume Oder, primo teatro di guerra dopo che il re Gustavo Adolfo aveva occupato la Pomerania. Quindi, all’inizio di settembre 1631, partecipò alla battaglia di Breitenfeld, a nord di Lipsia, alla testa di un contingente di cinquecento moschettieri. Durante i combattimenti, risoltisi in una completa sconfitta per l’esercito imperiale, fu seriamente ferito da più colpi d’arma da fuoco. Fatto prigioniero, fu dapprima curato sommariamente, poi per intervento dello stesso Gustavo Adolfo fu sottoposto a provvedimenti più efficaci. Il M., che sapeva esprimersi in francese e tedesco (qualità non comune per un giovane membro della nobiltà romana), seppe conquistare la stima del re di Svezia, che non si oppose agli sforzi della diplomazia imperiale e pontificia per la sua liberazione. Tornato in libertà, il M. rientrò in servizio attivo. Assunse il comando di un reggimento di fanteria e passò alla difesa di Ratisbona, assalita dalle truppe svedesi al comando di Bernardo di Weimar nell’autunno 1633. Nei combattimenti intorno a questa città, risoltisi in una sconfitta del fronte imperiale, fu di nuovo gravemente ferito. Ristabilitosi, partecipò alle nuove operazioni in Boemia contro l’esercito sassone.
Con l’apertura del fronte olandese, il M. lasciò la Germania ed entrò nello stato maggiore del cardinale infante Ferdinando d’Asburgo, governatore generale dei Paesi Bassi spagnoli. Su questo fronte, distinguendosi con diverse vittorie, rimase sul teatro di guerra fiammingo fino al 1640.
Giunto a Vienna nel 1640, mentre anche l’imperatore comunicava al nunzio Gaspare Mattei di pensare «al di lui avanzamento» (Arch. Stato di Roma, Arch. Santacroce, b. 763, cc. 7v-8r), al M. giunse la proposta della diplomazia pontificia di essere assunto al servizio di Urbano VIII Barberini. Il pontefice, infatti, per risolvere un conflitto con Odoardo Farnese, duca di Parma e Piacenza e di Castro, riguardante il Ducato di Castro e Ronciglione, non aveva esitato a ricorrere alle armi. Al M. fu affidato proprio il comando dell’esercito pronto a invadere il Ducato, situato nel Nord del Lazio.
Nel settembre e ottobre 1641 il territorio del Ducato e la stessa Castro furono occupati quasi senza resistenza; per questo il M. ricevette in dono da Urbano VIII un prezioso diamante. Quindi fu trasferito a guidare la mobilitazione sul confine settentrionale dello Stato della Chiesa, con l’incarico di mastro di campo generale. Muovendosi tra Castelfranco Emilia, Bologna e Ferrara, il M. informò costantemente Roma sui movimenti delle truppe farnesiane, ostentando di «havere riveduto sin hora tutte queste strade de confini con ogni diligenza senza tochare però il limite d’altri» (lettera a Taddeo Barberini, 27 apr. 1642, in Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 9655, c. 27r). Già in primavera poteva comunicare «che il Sig.r Duca [era] risoluto a invadere lo Stato di Castro, et fomentato da tutti, ma che egli [era] risoluto di aspettare, avanti di uscire in campagna» (ibid.). Nondimeno, l’incursione del duca di Parma nello Stato ecclesiastico nel settembre 1642 (quando era stata conclusa un’alleanza contro i Barberini dalla Repubblica di Venezia, dal Granducato di Toscana e dal Ducato di Modena) colse impreparata l’intera organizzazione militare pontificia. Al M. fu dato ordine dapprima di presidiare Bologna, poi, come agli altri ufficiali superiori e a tutti i governatori, di evitare lo scontro e di presidiare le città attraverso improvvisati arruolamenti delle popolazioni locali. La colonna farnesiana percorse così tutta la via verso Roma molto velocemente e si fermò solo ad Acquapendente, nel Viterbese: qui, carica di bottino, dovette interrompere l’azione a causa delle crescenti difficoltà logistiche. Il M. informò allora Roma di essere pronto a effettuare per ritorsione scorrerie nel territorio del Ducato di Parma, ma prevalse la prudenza: il M. poté portare a termine una sola incursione di rilievo nel Modenese nel giugno 1643, occupando Vignola e Spilimberto. In agosto fu richiamato a Roma.
Nominato luogotenente generale della cavalleria nelle province di Umbria, Sabina e Campagna, nella tarda estate 1643 fu trasferito sul fronte umbro e si insediò in Perugia. Per tutti i mesi che passò in questo comando, avvertì Roma degli scarsi approvvigionamenti e delle difficoltà di procedere a regolari pagamenti delle truppe. Entrò inoltre più volte in contrasto con altri membri dello stato maggiore pontificio.
Concluse nel marzo 1644 le ostilità con il ritorno del Ducato conteso a Odoardo Farnese, la guerra di Castro ebbe una seconda fase sotto Innocenzo X: il M. fu nominato in questa occasione luogotenente generale nelle province settentrionali dello Stato della Chiesa e riportò un’importante vittoria contro le truppe farnesiane il 18 ag. 1649 a San Pietro in Casale, nel Bolognese. Dopo la fine della guerra (che assicurò alla Sede apostolica la definitiva devoluzione del Ducato farnesiano), il M. chiese e ottenne licenza di recarsi a Bruxelles. Qui nel 1651 fu nominato da Leopoldo Guglielmo d’Asburgo (fratello di Ferdinando III e governatore delle Fiandre) generale delle artiglierie, ciambellano e cavallerizzo maggiore. Il M. fu altresì ufficiale di stato maggiore del principe di Condé Louis (II) de Bourbon, entrato al servizio della Spagna dopo i disordini della Fronda, ed ebbe incarico di arruolare contingenti per l’ultima fase della guerra franco-spagnola nelle Fiandre. Ricoprì anche incarichi diplomatici: nel 1652, con pieno successo, si recò in Spagna per chiedere che il re Filippo IV accettasse le dimissioni di Leopoldo Guglielmo (sostituito nel governo delle Fiandre da Juan José d’Asburgo nel 1656).
Il M. tornò a Vienna nel 1656. Fu eletto consigliere di guerra dell’imperatore Leopoldo ed ebbe il grado di colonnello dell’esercito imperiale. Per conto dello stesso Leopoldo fu incaricato di un’ambasceria a Roma presso papa Alessandro VII. Lo scopo della missione era l’appoggio papale in vista di una nuova guerra contro la Porta ottomana. Con l’aiuto del cardinale Girolamo Colonna il M. tentò di convincere il pontefice della necessità di un visibile impegno della Santa Sede. Tuttavia non ebbe successo, probabilmente per gli ostacoli frapposti dalla diplomazia francese.
Dal 1663 il M. si stabilì a Roma, nel palazzo di famiglia di via dei Funari. Alessandro VII lo nominò luogotenente generale di Santa Chiesa con 300 scudi d’oro al mese di stipendio.
Il M. morì a Roma nel 1665. In suo onore, nella sala dei Capitani in Campidoglio, fu eretto un busto e innalzata una lapide.
Fonti e Bibl.: Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 9353 e 9655 (autografi del M. durante la guerra di Castro); Arch. di Stato di Roma, Arch. Santacroce, b. 763, cc. 7v-8r; T. Borgogno, Biografia di L. M. marchese di Belmonte, Roma 1842; T. Di Nardo, La casata Mattei di Roma e le sue diramazioni in Italia, Roma 1989, pp. 87, 107 s., 139, 169 s.; C. Costantini, Fazione urbana. Sbandamento e ricomposizione di una grande clientela a metà Seicento, Genova 1998 (e disponibile on-line sul sito http://www.quaderni.net), ad ind.; G. Brunelli, Soldati del papa. Politica militare e nobiltà nello Stato della Chiesa. 1560-1644, Roma 2003, ad indicem.