matrimonio
. Come per diversi altri sacramenti, D. non parla che incidentalmente del m. e senza darne la teoria.
Il concilio di Trento, inserendo il m. nell'elenco dei sette segni di grazia o sacramenti stabiliti da Cristo, ha tagliato corto su un punto dottrinale che nel XIV secolo poteva ancora essere liberamente discusso (alcuni teologi non tomisti potevano impiegare il termine in senso molto lato, come ai tempi della patristica quando comprendeva anche i riti che noi denominiamo sacramentali).
D. comunque non si preoccupa della distinzione tra opus operatum e opus operantis; d'altro lato in Mn III VIII 7 cum dicitur ‛ quodcunque ligaveris ', si illud ‛ quodcunque ' sumeretur absolute, verum esset quood dicunt; et non solum hoc facere posset, quin etiam solvere uxorem a viro et ligare ipsam alteri vivente primo, quod nullo modo potest, fa una chiara allusione al valore indissolubile del m. che non dipende dalla legislazione o giurisdizione ecclesiastica ma ha un fondamento naturale. Per quanto il termine quodcunque, spiega D., sembri essere un pronome di estensione universale, la formula del potere delle chiavi quodcunque solveris super terram (cfr. § 1) non può concernere il m., come non potrebbe concernere un'assoluzione che fosse data a un peccatore non pentito.
In Cv IV VIII 9 è combattuta l'opinione secondo cui li alti matrimonii siano una parte costitutiva della nobiltà, e in IX 14 è affermata come tipica dell'imperatore la facoltà di emanare le leggi de' matrimonii.
Un altro passo in cui si parla del m. (Cv IV XXVIII 9, due volte: E non si puote alcuno escusare per legame di matrimonio, che in lunga etade lo tegna; ché non torna a religione pur quelli che a santo Benedetto, a santo Augustino, a santo Francesco e a santo Domenico si fa d'abito e di vita simile, ma eziandio a buona e vera religione si può tornare in matrimonio stando, ché Dio non volse religioso di noi se non lo cuore) D. afferma che Dio desidera la religione del cuore e qualsiasi uomo può santificarsi nello stato di vita in cui si è impegnato, senza bisogno di esser vedovo per rivestire l'abito e abbracciare lo stato religioso. Peraltro, in Pg XXV 135 D. celebra la castità del m., con riferimento alle virtù della temperanza e della fedeltà coniugale.
In Cv III XII 13 l'indissolubilità del m. è posta a indicare il rapporto di unità sostanziale tra Dio e la Sapienza che è in lui per modo perfetto e vero, quasi per etterno matrimonio. Qui la Sapienza è rappresentata come sposa... suora e figlia dilettissima (§ 14) di Dio (l'eco è da Cant. 4, 9 " Vulnerasti cor meum, soror mea, sponsa ") del quale è possesso perfetto, legittimo ed eterno (cfr. Ecli. 1, 1 " cum illo fuit semper et est ante aevum "). La condizione della Sapienza come ‛ sposa ' di Dio è messa in correlazione con quella di druda in cui è, rispetto alle intelligenze celesti, la sapienza partecipata alle creature.
Per una trattazione coeva sul m., vedi in s. Tommaso Sum. theol. (suppl.) le questioni 41-68, consacrate al m. ma opera di discepoli dell'Aquinate. D. conobbe invece la Summa contra Gentiles IV 78 (De Sacramento matrimonii) e soprattutto III 122 (Quod matrimonium sit naturale) e 123 (Quod matrimonium debet esse indivisibile).