microlenti, matrici e ottiche adattive
– Nell'ambito dell'ottica wafer level (v. ) il progresso delle tecniche costruttive si è orientato, più che verso un’ulteriore riduzione delle dimensioni geometriche rispetto all’ottica integrata, alla realizzazione di nuove configurazioni creando le premesse per riconsiderare completamente le capacità e i limiti dei convenzionali processi ottici. Per es., attualmente si producono a livello industriale wafers (sottili fino a pochi μm) contenenti milioni di microlenti, affiancate regolarmente in matrici quadrate o di qualsiasi altra forma. La singola lente può avere dimensioni che scendono fino a pochi μm, con una geometria e una lunghezza focale che, in linea di principio, potrebbero essere diverse per ogni elemento qualora richiesto sulla base di un preciso progetto. Inoltre, occorre considerare che non è necessario modellare la superficie dello strato, in forme convesse o concave, per ottenere il comportamento rifrattivo tipico di una lente; mediante l’uso di speciali laser controllati da computer è possibile modificare localmente l’indice di rifrazione per ricavare microlenti all’interno di uno strato piano. In ogni caso, una matrice di microlenti opportunamente realizzata può avere proprietà ottiche macroscopiche alquanto singolari, potendo modificare lo stato di un fascio luminoso in modi inaccessibili a normali lenti o altri componenti progettati e lavorati a livello macroscopico. L’aspetto più interessante, dal punto di vista concettuale, è che tali proprietà sono derivabili e facilmente descrivibili all’interno delle leggi dell’ottica classica (rifrazione e diffrazione) applicate a livello di una singola microlente, la quale produrrebbe da sola effetti ben noti. La miniaturizzazione e la moltiplicazione in una matrice, però, permettono la combinazione controllata di un grandissimo numero di diversi contributi microscopici sullo stesso fascio, con risultati del tutto nuovi. Gli studi e le applicazioni delle strutture a matrici di microlenti sono limitate a configurazioni abbastanza semplici e regolari. Per es., si utilizza uno strato di microlenti per rendere uniforme l’intensità luminosa su tutto il profilo di un fascio che sia inizialmente molto disomogeneo, quale, per es., quello prodotto dalla maggior parte delle sorgenti laser. Si sta anche studiando la capacità di una matrice di suddividere un singolo fascio incidente in una serie di fasci divergenti secondo una precisa configurazione, con determinati angoli e intensità luminose, in modo da proiettare una specifica distribuzione di intensità su uno schermo o illuminare una serie di punti distinti. È interessante osservare come, utilizzando degli strati di microlenti, la configurazione dei fasci in uscita dipenda assai poco da piccoli spostamenti traslatori dello strato, proprio per le minime dimensioni delle microlenti rispetto alla sezione del fascio in ingresso. La situazione, però, cambia notevolmente se si pone un secondo strato in serie al primo. Con un opportuno progetto si può fare in modo che micrometrici spostamenti relativi dei due strati producano grandi deviazioni e/o riconfigurazioni della luce emergente. Un tale apparato viene definito deviatore di fascio (beam steerer) e si presta a molte applicazioni in campo scientifico, industriale e medico. Si pensi, per es., a un impiego negli endoscopi per uso medico per avere grande versatilità, precisione e sensibilità nell’osservare e trattare parti di tessuto interno indirizzando opportunamente fasci luminosi inviati dall’esterno. Un altro tipo di applicazione naturale si ha nel calcolo ottico, un campo già da anni di grande interesse per la comunità dei matematici e dei fisici ottici. In questo caso si cerca di sfruttare le proprietà delle matrici di componenti ottici per rivelare, modificare e quindi elaborare la configurazione di fasci di luce. Se la disposizione in ingresso trasporta uno o più dati numerici, codificati in qualche modo, l’elaborazione effettuata da una o più matrici in serie si configura come una sequenza di operazioni numeriche che fornisce il risultato nella disposizione dei fasci in uscita. Questa elaborazione avviene alla velocità della luce e in modo intrinsecamente parallelo anziché seriale, ossia nel modo più efficiente per dati e informazioni organizzati in forma di matrici, anche multidimensionali, quali sono quelli tipici del calcolo grafico e dell’elaborazione delle immagini. Questi dati sono trattati con difficoltà e lunghi tempi di calcolo dai consueti metodi elettronici; in questi casi è quindi evidente il vantaggio di sviluppare le innovative matrici costituite da microlenti particolarmente piccole e con strutture complesse e versatili.
Matrici dinamiche e ottiche adattive. – Tutte le potenzialità sopra citate vengono enormemente aumentate se si prendono in considerazione matrici dinamiche, ossia con la possibilità di cambiare rapidamente i parametri geometrici e di lunghezza focale dei diversi elementi. Ciò è già possibile costruendo le microlenti in speciali materiali e applicando opportuni segnali elettrici di pilotaggio oppure utilizzando microspecchi mobili. In questo modo si va molto oltre le possibilità offerte da un controllo meccanico di uno strato rispetto all’altro. Per es., un singolo strato può essere velocemente riconfigurato mediante opportuni segnali elettrici per produrre variazioni dei fasci in uscita, realizzando in tal modo quelle che vengono chiamate matrici di pixel intelligenti (smart pixel arrays). Con tali apparati, un campo di applicazione e sviluppo molto promettente concerne la possibilità di misurare e modificare il fronte d’onda della radiazione elettromagnetica, ossia la distribuzione nello spazio del campo elettrico a essa associato. In questo settore si utilizza, in prima istanza, una matrice di microlenti tale che la configurazione luminosa in uscita dipenda fortemente da piccoli cambiamenti dell’inclinazione del fascio in ingresso, cioè da minime perturbazioni del fronte d’onda incidente; ciò realizza quello che viene definito sensore di Shack-Hartmann. Queste perturbazioni possono avvenire in modo dinamico e casuale, per es. quando i raggi luminosi attraversano le turbolenze dell’atmosfera o le disomogeneità variabili di liquidi e tessuti biologici. Il risultato è spesso un forte peggioramento della qualità delle immagini prodotte da molti tipi di strumenti ottici, quali telescopi, endoscopi o altri mezzi di diagnostica nel visibile per indagini mediche. In questi casi, disponendo in uscita allo strato di microlenti un’opportuna matrice di sensori ottici/elettronici, è possibile rilevare la variazione rispetto a un fascio di riferimento e inviare dei segnali elettrici a un computer. Questo provvederà ad attivare, in tempo reale, una matrice dinamica posta sullo stesso percorso della radiazione, in modo da correggere le perturbazioni e riportare il fascio al suo profilo di riferimento. Tale tipo di configurazione rientra nel più generale campo dell’ottica adattiva, che da alcuni anni trova applicazione nell’astronomia ma anche nelle tecnologie per la sicurezza e per la ricognizione militare. Recentemente se ne è avuto un utilizzo in via sperimentale in oculistica per un’indagine precisa del fondo oculare. Questo tipo di analisi, infatti, deve avvenire necessariamente attraverso i tessuti vivi e dinamicamente non omogenei della cornea, del cristallino e dell’umor acqueo, anche in presenza dei movimenti involontari del paziente. Sfruttando un’ottica adattiva a microspecchi è stata dimostrata la possibilità di ottenere immagini nitide di singole cellule del tessuto della retina in vivo.