MATILDE di Canossa
Figlia del marchese Bonifacio di Canossa e della lotaringica contessa Beatrice, nacque nel 1046; professò legge longobarda per nascita, e legge salica per le sue prime nozze, indifferentemente; sposò prima il figlio del patrigno, Goffredo il Barbuto (v.), duca della Lotaringia superiore, da cui ebbe un figlio morto bambino, e poi a più di quarant'anni, con secondo e infecondo matrimonio, il duca Guelfo V di Baviera, da cui si separò qualche tempo dopo: entrambe le unioni imposte da ragioni politiche. Era imparentata con le più potenti e cospicue famiglie dell'Europa feudale, e con la stessa casa di Franconia, che allora teneva la corona imperiale. A circa cinquant'anni adottò il conte toscano Guido Guerra (v. guidi); e, morta il 27 luglio 1115 a Bondeno di Roncore nel Mantovano, fu sepolta nella Badia di S. Benedetto di Polirone e poi nel 1632 traslatata a Roma nella basilica di S. Pietro in Vaticano, per ordine di Urbano VIII, che volle onorarne la memoria con un ricco monumento del Bernini.
Il suo dominio, più o meno direttamente ed effettivamente esercitato, si estendeva nell'Italia settentrionale e centrale, dai comitati di Mantova, Brescia e Bergamo, a quelli di Arezzo, Siena e Corneto; e nell'altra direzione dal Mar Tirreno all'Adriatico; M. dunque dominava il cuore del regno italico, con le sue più importanti posizioni feudali e le più praticate vie tra Roma, Pavia e la Germania. Immensa era anche l'estensione dei suoi beni allodiali, sparsi dappertutto ma specialmente nell'Italia settentrionale e nella Lotaringia superiore.
Le condizioni politiche in cui M. svolse un'attività di grande rilievo, spesso tra le più assillanti difficoltà morali e materiali, erano quanto mai complesse. Il suo mondo era quasi tutto diviso tra i due grandi e formidabili partiti sorti per la lotta delle investiture, che combattevano il più grande e drammatico conflitto del Medioevo.
La contessa, discendente da una nobile e potente famiglia, gli Attoni (v.), la quale aveva fatto, allorché ciò era ancora possibile, la sua strepitosa fortuna sostenendo insieme Chiesa e Impero, che al tempo degli Ottoni di Sassonia rappresentavano due aspetti o due espressioni della medesima potenza, fu la più famosa seguace del partito papale nel periodo maggiormente critico della lotta, cioè dal 1076 al 1105 circa: e degli eventi della contesa ella fu partecipe, tanto che la sua attività è tutta assorbita da essi o in essi tutta si riflette (v. enrico iv; gregorio v11; investiture). Specialmente clamoroso l'episodio di Canossa nel 1077, quando il castello della contessa fu teatro di uno dei più drammatici e famosi episodî della lotta fra Papato e Impero: l'umiliazione dell'imperatore Enrico IV davanti al papa Gregorio VII. Ma dopo il trionfo papale a Canossa vennero periodi meno lieti: nel 1081, a Lucca, Enrico IV, che non aveva potuto impadronirsi di Roma, proprio per gli aiuti inviati da M. al papa, procedette alla deposizione della contessa dai suoi diritti; nel 1082, ritentata invano la presa di Roma, riuscì invece a togliere a M. quasi tutta la Toscana, con molte forti località in Emilia e altrove. Il partito papale sembrava andare in rovina; i sudditi di M. si ribellavano, passando al campo imperiale; nel 1084 lo stesso Gregorio VII veniva assediato in Roma, e soltanto la devozione e gli aiuti della contessa con quelli di Roberto il Guiscardo poterono liberarlo. Poi, anche morto il papa, la contessa M. dovette continuare a lottare: e, più volte sconfitta e inseguita, dovette rifugiarsi nel castello avito, a Canossa. Ma a poco a poco la situazione tornò a mutare; e M. riuscì, morto Enrico IV, con i mezzi forti e con quelli blandi, ad ammansire Enrico V, finché il concordato di Worms non pose fine alla lunga lotta.
Dell'opera di M. molto si è potuto chiarire, ma ancora si discute e si discuterà certo in futuro su argomenti particolari, alcuni dei quali veramente gravi e centrali. Così, ad esempio, si potrà sempre e utilmente ritornare sui suoi rapporti matrimoniali, sulle sue relazioni pubbliche e private con santi, frati, abati, vescovi, cardinali e papi; sulla celebre scena di Canossa; sulle sue donazioni alla Santa Sede; sulla sua opera diretta e indiretta verso alcune città; sul valore psicologico di certi suoi atti, ecc.
Oggi però si può ben dire con sicurezza che la contessa fu donna di non comuni qualità e che, chiamata a svolgere un'azione difficile e pericolosa in mezzo ai suoi agitati tempi, vi s'impegnò a fondo con ogni sua forza spirituale e materiale, sprezzante di qualsiasi ostacolo, ricca d'intelligenza e ardimento, nutrita infine di fiducia cieca nella bontà, purezza e grandiosità della causa a cui aveva fatto dedizione assoluta di sé stessa.
Ma ebbe anche mende e colpe nella sua vita privata e pubblica, che possono ritenersi imputabili al suo carattere spiccatamente passionale nonché alla sua poca attitudine a sapersi scegliere e servire degli uomini. Alcuni infatti esaltò in una sfera assolutamente superiore alla sua (e qui naturalmente collocò tutti i suoi precettori e consiglieri ecclesiastici), altri umiliò al punto da pretendere di poterne fare in ogni occasione strumenti docili e ciechi della sua volontà, spesso esasperata dalle urgenti necessità di critiche circostanze ambientali (e in questa seconda categoria mise il resto degli uomini che ebbero comunque rapporti con lei, compresi i suoi mariti). Si può altresì aggiungere che nel suo vero fondo l'animo di M. non fu nient'affatto complesso e genuinamente eroico, sibbene anzi fu semplice e debole, e solo come tale, quando fu ben diretto o influenzato spiritualmente da uomini come Gregorio VII, Anselmo di Lucca, Anselmo d'Aosta e Bernardo degli Uberti, poté concepire e anche compiere cose grandi ed eccezionali; ma allorché per forza maggiore di eventi o per malignità di uomini fu abbandonato a sé stesso, l'azione della contessa perse molto di grandezza.
La contessa fu fondatrice e più spesso benefattrice di luoghi pii: però parecchie opere di pietà e molti edifici ecclesiastici sono attribuiti a lei solo dalla ricca fioritura di leggende, che ben presto ne coronò come fulgida aureola la memoria sempre viva, ma dal sec. XIV in poi enormemente alterata dalla tradizione popolare ed ecclesiastica. Per testamento la contessa lasciò erede dei suoi beni la Chiesa e ciò fu poi causa di una lunga contesa tra l'impero che li rivendicava per diritto feudale e il papato.
Bibl.: A. Overmann, Gräfin Mathilde von Tuscien, Innsbruck 1895; L. Tondelli, Matilda di Canossa, 2ª ed., Reggio Emilia 1925 (Collez. Canossa, I); N. Grimaldi, La contessa Matilde e la sua stirpe feudale, Firenze 1928 (lavoro alquanto apologetico); A. Falce, Documenti inediti dei duchi e marchesi di Tuscia, in Archivio storico italiano, 1928.