Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Grünewald è, insieme a Dürer, Cranach e Altdorfer, una delle grandi figure del Rinascimento tedesco. A differenza del maestro di Norimberga, però, Grünewald non cerca mai di piegare le forme alle norme classiche, ma sviluppa uno stile estremamente personale, carico di un sentimento doloroso e patetico, unico nel suo genere; questo spiega anche la sua relativa solitudine all’interno dell’arte tedesca, dovuta all’impossibilità per i pittori a lui successivi di comprendere pienamente il significato ultimo della sua opera.
L’opera più importante e conosciuta di Mathias Grünewald è certamente l’altare eseguito per i padri Antonini di Isenheim in Alsazia, forse una fra le più atroci e crude rappresentazioni di tutta l’arte occidentale. L’altare (oggi a Colmar) gli viene commissionato dal precettore del convento Guido Guersi, che riveste tale ruolo tra il 1490 e il 1516, anno della sua morte. L’assenza di notizie su questo personaggio, che certamente è in stretta relazione con Grünewald ed esercita un’influenza determinante nelle scelte iconografiche e nella costruzione dell’altare, getta un’ulteriore ombra sulla già difficile interpretazione dell’opera. Fra le diverse parti dell’altare – i cui lavori vengono eseguiti tra il 1512 e il 1516 – si può constatare uno sviluppo stilistico notevole, e le numerose varianti (nella Crocifissione Maria e Giovanni originariamente erano concepiti separati e non riuniti in un solo gruppo, e il concerto d’angeli a fianco della Natività presenta varie modifiche) rivelano con quale libertà e quale autonomia creativa l’artista affronti il lavoro. L’altare, costituito da quattro grandi sportelli mobili dipinti su entrambe le facce, con due sportelli fissi ai lati e una predella anch’essa mobile, è concepito come una grande Biblia pauperum, un libro sfogliabile all’interno del quale si trovano le sculture di Cristo e dei dodici apostoli, realizzate precedentemente da Nicolas Hagenauer di Strasburgo.
Le portelle esterne sono occupate dalla Crocifissione, fiancheggiata dalle portelle fisse con Sant’Antonio e San Sebastiano; il primo è l’intercessore contro il terribile "fuoco" che da lui prende il nome (morbo che fa strage in Europa, e soprattutto in Francia dal IX al XIII secolo), il secondo è il protettore dalla peste. La seconda faccia, interna, presenta l’ Annunciazione, e l’Allegoria della Natività e la Resurrezione; aprendo queste portelle vi è infine lo scrigno centrale, tripartito, con sculture lignee ai lati delle quali si trovano i Santi eremiti Antonio e Paolo sulla sinistra, e le Tentazioni di sant’Antonio sulla destra.
È soprattutto nella Germania del sud che, nel corso del XVI secolo, si sviluppa questo tipo di altare che arriva a diffondersi, con molteplici varianti costruttive e iconografiche, in tutta la Germania, senza trovare corrispettivi in Italia.
La fama che Grünewald raggiunge in vita, grazie soprattutto a questo grande capolavoro, scema velocemente, tanto che già sul finire del Cinquecento il complesso è creduto opera di Dürer. La sua riscoperta, alla fine dell’Ottocento, e il grande movimento critico che attorno ad essa si crea scaturiscono dalla potenza espressiva di quest’opera che è forse quella che più ha sconvolto e influenzato l’immaginario della critica, degli artisti e dei letterati del nostro secolo (da Huysmans a Elias Canetti e Walter Benjamin, passando attraverso Böcklin, Nolde e Otto Dix, Picasso, Matissee tanti altri ancora).
Nella sua posizione originale, al centro del coro della chiesa conventuale, di fronte ai fedeli che cercano la guarigione, la terribile Crocifissione è un’esortazione a sopportare le sofferenze in ricordo del dolore di Cristo e del suo sacrificio per l’umanità, secondo la concezione salvifica dell’anima che passa attraverso l’espiazione e il martirio del corpo. E sul corpo di Cristo , che si distacca dallo scuro cielo con crudele precisione, sembra materializzarsi tutto il male del mondo: qui, come in nessun altra Crocifissione, il Cristo appare cadavere, livido e purulento, interamente coperto dalle piaghe della flagellazione. Una luce precisa e impietosa sottolinea l’effetto drammatico, acutizzato anche dal legno trasversale della croce che si flette sotto il peso erculeo del corpo. La corona di spine è talmente calcata sulla fronte di Cristo da sembrare una "gemmazione spontanea", le dita che si torcono per il dolore inflitto dai lunghi chiodi puntuti, la bocca spalancata e irrigidita nell’ultimo urlo silenzioso: tutto concorre a rendere esemplare e monumentale la sofferenza del Cristo.
Il tema della Crocifissione è il più ricorrente e ossessionante nell’attività di Grünewald , infatti sono almeno sette esemplari, realizzati lungo tutto l’arco della sua attività artistica, giunti sino a noi. Nella Crocifissione del Museo di Belle Arti di Basilea, databile tra il 1500 e il 1508, sono già presenti i caratteri peculiari dell’arte del maestro: il colorismo acceso, in cui si è vista l’influenza di Hans Holbein il Vecchio, il lontano paesaggio dal sapore fantastico, l’espressività dei personaggi preannunciano già la concezione e l’irresistibile forza della Crocifissione di Isenheim, seppur in forma più sovraccarica e ingombrante, lontana dal ritmo essenziale e sconvolgente di quest’ultima. Di poco posteriore è la Piccola Crocifissione di Washington, caratterizzata da un realismo più crudo rispetto alla precedente (con il panno di Cristo lacero, i panneggi delle vesti mossi e taglienti, i bracci della croce che si piegano sotto il peso del corpo di Cristo) e da un allungamento delle figure che risente del clima del manierismo internazionale. Nell’altare di Isenheim, lo stile visionario di Grünewald trova il suo culmine nel pannello con Le tentazioni di sant’Antonio, dove alla tormentata visione del primo piano, popolato da orribili mostri dai colori squillanti (derivati sia da fonti nordiche quali Bosch, Cranach e Baldung, sia da fonti italiane quali il Paretino), si oppone la pacata calma e serenità del paesaggio montuoso in lontananza.
Il caratteristico segno inquieto e guizzante, che fa di Grünewald il più aperto antagonista delle regole e delle normative classiche di origine italiana diffuse in Germania da Dürer, è ancora più visibile nei suoi disegni. Se per Dürer e i suoi contemporanei si fa sempre più urgente il bisogno di sviluppare l’attività grafica parallelamente a quella pittorica, sono tutt’oggi sconosciute incisioni di Grünewald , e relativamente pochi i disegni fini a se stessi realizzati dall’artista.
Non si può parlare dell’attività grafica di un artista tedesco di questo periodo senza raffrontarla con quella di Albrecht Dürer che più di ogni altro ha posto le basi per il suo sviluppo. In ogni artista dell’epoca, infatti, si può ravvisare l’influenza del famoso maestro di Norimberga, per l’applicazione di norme classiche, l’uso di un tratteggio preciso e chiaro, e più in generale di una certa diligenza e abilità compositiva. La grandezza di Grünewald, per contro, risiede nel rifiutare consapevolmente qualsiasi norma classica tramite l’uso di un segno libero, sprezzante e antiaccademico. Alla concentrazione intellettuale con cui Dürer studia e analizza scientificamente il mondo reale, Grünewald contrappone un approccio intuitivo per esprimere la "sorpresa" di fronte a ogni possibile spettacolo della natura, il cui fine ultimo è mostrare la spiritualità che in essa risiede. La capacità di assorbimento e rielaborazione di stimoli culturali diversi dell’artista è tale che soltanto in rarissime occasioni egli sembra voler competere a distanza con il virtuosismo di Dürer. Grünewald non sembra concedere nulla allo stile contemporaneo, la sua arte cerca di cogliere il sentimento ultimo dell’uomo e della natura: ciò che lo interessa nella descrizione dell’uomo sono esclusivamente gli effetti dei sentimenti e delle emozioni. La sua pittura visionaria, ottenuta grazie a un uso personalissimo e magistrale di accesi effetti pittorici e coloristici, eleva il dato oggettivo e reale a simbolo universale.