MATER MATUTA
. Divinità romana, venerata come protettrice delle donne, e specialmente delle partorienti. Poiché il nome della dea non può separarsi dall'appellativo di pater matutinus, dato a Giano (v.), come dio del principio del giorno, la Mater Matuta fu certo, in origine, come divinità parallela a Giano mattutino, una dea dell'aurora. Il suo passaggio da questo primo significato a quello di divinità protettrice del parto è fenomeno frequente alla religione romana antica e dovuto al parallelismo che i Romani vedevano fra la nascita degli uomini e il sorgere della luce dalle tenebre (si confronti Giunone Lucina). Il suo culto fu diffuso in tutta l'Italia centrale, in territorio latino, umbro ed osco; e fu accolto probabilmente anche in Etruria: dappertutto vi attendevano donne, in certi luoghi con carattere di vere sacerdotesse. A Roma si celebrava in suo onore la festa delle Matralia (11 giugno): vi partecipavano soltanto quelle matrone che avessero avuto un solo marito; per ricordare, ogni anno, l'esclusione delle donne non libere, s'introduceva nella cerimonia una schiava, che veniva cacciata a frustate. L'offerta rituale era costituita da focacce cotte in vasi di terra.
Alla dea avrebbe votato per la prima volta un tempio Marco Furio Camillo, nel 396 a. C.: il tempio, di forma rotonda, fu eretto nel Foro Boario, presso quello della Fortuna Virile.
Bibl.: R. H. Klausen, Aeneas und die Penaten, Amburgo e Gotha 1839-1840, p. 869 seg.; E. Pottier, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des ant., III, p. 1625 seg.; G. Wissowa, in Roscher, Lexicon der griech. und röm. Mythologie, II, col. 2462 segg.; id., Religion und Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1912, p. 110 segg.; Link, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XIV, col. 2326 segg.; S. B. Platner, A topogr. Diction. of ancient Rome, Oxford 1929, p. 330.