CORVINO BRUNI, Massimo
Nacque a Napoli in data imprecisata nella seconda metà del sec. XV. Studiò legge, ma ebbe anche una buona cultura letteraria perfezionata nella consuetudine con gli umanisti napoletani che si raccoglievano nell'Accademia Pontaniana. Membro di questa accademia, ebbe rapporti di amicizia con il Sannazzaro che lo ricordò in una sua elegia (l'XI del I libro).
In data non nota si trasferì a Roma per intraprendervi la carriera dell'uomo di negozi e si sistemò al seguito del cardinale F. G. de Clermont-Lodève, arcivescovo di Auch. Il servizio del Clermont-Lodève costituì il tramite per l'ingresso del giovane ambizioso segretario negli ambienti della Curia. L'occasione fu offerta dalla rottura del suo protettore con il papa in conseguenza del conflitto con la Francia al quale la politica di Giulio II si avvio decisamente nell'estate del 1510. Il Clermont-Lodève tentò infatti di abbandonare segretamente Roma per raggiungere la Francia contro la volontà del papa, e il C. fu pronto a tradirlo per entrare nelle grazie del papa, come riferì l'agente veneziano a Roma, il protonotario Lippomano, più tardi al Consiglio dei dieci ("qual fu servitor di Aus, di natione napolitano, e scoperse al papa Aus andava in Franza, unde il papa lo tolse appresso di sé, et lo fece episcopo": Sanuto, XIII, col. 349). Il Clermont-Lodève fu arrestato e rinchiuso in Castel Sant'Angelo, mentre il C. ottenne il favore del papa e la nomina, il 30 sett. 1510, a vescovo di Isernia.
Della sua attività al servizio di Giulio II non restano tracce per questo primo anno. E attestata solo la sua presenza a Bologna, quando nel maggio del 1511 la città si ribellò al dominio pontificio per darsi ai Francesi, ormai in guerra aperta con Giulio II, che vi restaurarono la signoria dei Bentivoglio. Il C. fu fatto prigioniero ed ottenne la libertà solo nel settembre, come contropartita al rilascio del suo antico protettore, il cardinale di Clermont-Lodève, al quale Giulio II permise di ritornare in Francia dietro l'esborso di una grossa somma in cauzione e l'impegno della liberazione del suo uomo di fiducia.
Subito dopo il suo rientro a Roma il C. presenziò il 5 ottobre nella chiesa di S. Maria del Popolo alla solenne cerimonia della pubblicazione della lega santa contro i Francesi conclusa da Giulio II con Ferdinando il Cattolico e i Veneziani. Nel corso della cerimonia il C. recitò, in onore della lega, un'orazione latina, che ebbe l'onore di numerose edizioni (Oratio sanctissimi federis initi inter pontificem Hispanum et Venetos, habita Rhome tercio Nonas octobris anno undecimo. Breve Iuffi secundi pon. max. ad reges duces et principes christianos, per Martinum Herbipolensem, 1511, altre edizioni, per Stephanus Guileretus et Ercole Nani, Rome 1511; Joannes Beplin, ibid. 1511). Dopo l'orazione il C. lesse "in vulgare certa scripta nella quale si conteneva brevemente la substantia della Lega".
Ad essa aderì nel successivo mese di novembre anche Enrico VIII, ma Giulio II intendeva attirarvi anche l'imperatore Massimiliano. A tal fine occorreva però concludere in via preliminare il conflitto che divideva l'imperatore dalla Repubblica di Venezia già alleata del papa nella guerra contro la Francia, e la mediazione pontificia non poteva mancare. Il 28 nov. 1511 Bernardo Dovizi da Bibbiena scrisse al cardinale Giovanni de' Medici che il papa si apprestava a mandare il C. a Venezia per sollecitare la conclusione rapida di un accordo con l'imperatore che ponesse fine al conflitto veneto-imperiale e schierasse Massimiliano nella lega antifrancese.
Il C. partì per Venezia il 10 dic. 1511, il 9 genn. 1512 si presentò in Senato "e fece certa oretion vulgar molto degna". La trattativa non fu delle più facili per via delle forti pretese imperiali alle quali la Repubblica non si risolveva a cedere, nonostante le pressioni pontificie. Ancora il 9 marzo 1512 il Dovizi scrisse al cardinale de' Medici che il papa, oltremodo irritato per le resistenze veneziane, aveva inviato al C. un breve "che subito se ne tornassi, casu quo quella Signoria non concludessi l'accordo con li capituli, di lassar Verona et Vicentia a Cesare con censo l'anno di 30 mila ducati da darsi a Sacra Cesarea Maestà per Padua et per Trevisi et per la investitura 250 mila de' quali si sborsassino 100 mila ducati subito facto l'accordo, con promessa a parole però, che N. S. et il Catolico opereriano che Cesare per danari daria poi Vicentia a' Signori Vinitiani" (Dovizi, I, p. 462). Solo ai primi di aprile il lavorio diplomatico del C. fu coronato dal successo con la conclusione di una tregua tra i Veneziani e gli Imperiali. Intanto il C. non aveva trascurato di sollecitare una maggiore presenza veneziana nella campagna antifrancese in corso sul Po.
In questa costante azione di pressione sul governo della Serenissima procedeva in perfetto accordo con l'agente del viceré di Napoli Raimondo de Cardona, Giovanni Battista Spinelli conte di Cariati, insieme con il quale si trasferì anche nel maggio al campo dello esercito della lega, donde rientrò a Venezia alla fine di giugno. Successivamente la sua attività diplomatica fu disturbata seriamente da una malattia che lo tenne a letto con qualche interruzione dal luglio del 1512 al marzo del 1513. Anzi nel corso di quest'ultimo mese a Roma corse voce che egli fosse morto come riferì il C. stesso in Senato, non senza giustificato allarme ("disse come a Roma era stà dito lui esser morto, et zà li soi beneficii erano stà impetrati; pur è ancora uno servitor di sto Stato" (Sanuto, XVI, col. 54). Per quanto glielo permettesse la fastidiosa febbre che l'aveva colpito, il C. continuò ad adoperarsi per assicurare l'intervento veneziano alle operazioni militari in corso nel Ferrarese e in Lombardia. Né mancò di occuparsi anche di questioni minori (contrabbando, decime ecclesiastiche, ecc.).
La morte di Giulio II sopravvenuta il 21 febbr. 1513 segnò la fine della nunziatura del C. a Venezia. Il nuovo papa Leone X designò già nel marzo a sostituirlo il fratello del suo fido Bibbiena, elevato di lì a poco al cardinalato, Pietro Dovizi. Al C. non restò che riscuotere gli arretrati del suo salario di 100 ducati al mese sulle decime venete di pertinenza della S. Sede e congedarsi dalle autorità della Repubblica. La mattina del 12 apr. 1513, come riferisce il Sanuto, si presentò in Senato e "tolse licentia di la Signoria, qual fu molto dal principe et altri tutti di colegio acarezato, perché nel tempo si à trovato qui à fato sempre bono oficio, etiam quando l'andò in campo con Sguizari" (Sanuto, XVI, col. 146). Il 10 maggio 1513 rientrò a Roma, ma non riuscì a conquistarsi il favore di Leone X e si vide costretto a ritirarsi nella sua diocesi di Isernia.
Ritornò a Roma nel 1514 per partecipare alla nona sessione del V concilio Lateranense inaugurata il 5 maggio. Fu presente anche alla undecima sessione aperta il 19 dic. 1516 e alla congregazione dei prelati conciliari convocata da Leone X il 13 marzo 1517.
Partecipò anche all'ultima sessione del concilio, la dodicesima, nel corso della quale recitò un'orazione (Maximi Corvini episcopi Iserniensis Oratio in duodecima sessione sacrosanti Lateranensis concilii dicta decimoseptimo Kalendas aprilis, anno domini 1517. sedente Leone X pontifice maximo anno V, in Mansi, XXXII, col. 993-999), che si apriva in tono piuttosto polemico con una rivendicazione acrimoniosa dei meriti acquisiti al servizio della Sede apostolica e scopriva il rimprovero a Leone X di avere messo da parte un tale zelante servitore.
Questa calda perorazione non restò senza efficacia, visto che nella primavera dell'anno successivo il C. sembrò ritrovare l'antico favore della Curia. Nel marzo del 1518 fu mandato infatti da Leone X in missione straordinaria, ma con qualità e titolo di nunzio, a Napoli per trattare con il viceré Raimondo de Cardona l'organizzazione di una crociata contro i Turchi. Restò a Napoli fino all'agosto del 1518 e si occupò anche di problemi particolari di interesse della Sede apostolica, come la decima, con piena soddisfazione della Curia, almeno per quel tanto che è dato sapere. Il 15 maggio 1518 il cardinale Giulio de' Medici gli scrisse che "Nostro Signore ha hauto molto caro li advisi et li ricordi vostri, circa a la decima et circa a le altre occurrentie".
La breve missione a Napoli non segnò tuttavia il rientro del C. nella carriera diplomatica: restò solo un episodio isolato. Ritornato nella sua sede episcopale di Isernia, il C. vi morì nel 1522.
Fonti e Bibl.: Iacobi, sive Actii Synceri Sannazarii... Poemata, Patavii 1719, p. 213; I manoscritti Torrigiani donati al R. Arch. Centrale di Stato di Firenze, a cura di C. Guasti, in Arch. stor. ital., s. 3, XXIII (1876), pp. 6, 9, 16, 25, 408; Le due spedizioni militari di Giulio II tratte dal diario di Paride Grassi bolognese, a cura di L. Frati, Bologna 1886, pp. 228, 302; M. Sanuto, I Diarii, a cura di F. Stefani-G. Berchet-N. Barozzi, Venezia 1886, XIII, ad Indicem. subvoce Isernia, vescovo di; XIV, ad Indicem, subvoce Isernia, vescovo di; XV, ad Indicem, sub voce Papa, oratore del; XVI, ad Indicem, sub voce Isernia, vescovo di; Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio..., a cura di G. D. Mansi, XXXII, Parisiis 1902, coll. 862, 941, 977, 982, 993-999; I libri commemoriali della Repubblica diVenezia. Regesti, VI, Venezia 1903, p. 122; Leconcile gallican de Pise-Milan. Documerits florentins (1510-1512), a cura di A. Rénaudet, Paris 1922, pp. 61 s., 257; Epistolario di Bernardo Dovizi da Bibbiena, I (1490-1513), a cura di G. L. Moncallero, Firenze 1955, pp. 264 s., 368, 373, 389, 391, 408, 461, 492; C. Minieri Riccio, Biografie degli accademici alfonsini detti poi pontaniani dal 1442 al 1543, Napoli 1881, pp. 96-99; H. Biaudet, Les nonciatures apostoliques permanentes jusqu'en 1648, Helsinki 1910, pp. 96 s., C.-J. Hefele-H. Leclercq, Histoire des conciles..., VIII, 1, Paris 1917, pp. 527, 547 s.; L., v. Pastor, Storia dei papi, IV, 1, Roma 1926, p. 543; F. Gaeta, Origine e sviluppo della rappresentanzastabile pontificia in Venezia (1485-1533), in Annuario dell'Ist. stor. ital. per l'età moderna e contemporanea, IX-X (1957-58), pp. 33-36; P. Villani, Origine e carattere della nunziatura di Napoli (1532-1569), ibid., p. 290; G. v. Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica,..., III, Monasterii 1923, p. 214; Dict. d'Hist. et de Géoogr. Eccl., X, col. 947.