MASSIMINO Daia (Galerius Valerius Maximinus Daia)
Imperatore romano, Cesare dal 305 al 309, Augusto dal 309 (o 310) al 313. Nato nell'Illirico da famiglia di umili condizioni, era figlio di una sorella di Galerio (v.) e iniziò la sua carriera militare sotto gli auspici dello zio, divenendo successivamente scutarius, protector e tribunus; fu poi adottato come figlio dallo stesso Galerio e ne assunse quindi il nome. Il i° maggio 305, in seguito all'abdicazione di Diocleziano e di Massimiano, Galerio e Costanzo Cloro furono promossi Augusti, M. fu eletto Cesare insieme con Flavio Severo e gli fu affidato il governo delle diocesi di Oriente e di Egitto. In seguito ai tumultuosi avvenimenti del 306-309 (v. costantino), oltre Galerio assunsero il titolo di Augusto Costantino, Licinio, Massimiano e Massenzio: allora anche M. sollecitò da Galerio tale dignità; Galerio lo nominò soltanto filius Augusti e M. si. fece acclamare Augusto dai soldati (309 o 310). Alla morte di Galerio (311), M., che riteneva di dover essere riconosciuto come capo dell'impero per la sua maggiore anzianità, s'impadronì dell'Asia Minore e tentò di togliere con le armi a Licinio la penisola balcanica; quando già sembrava imminente il conflitto fra i due eserciti accampati sulle opposte rive del Bosforo, fu stipulato un accordo: a M. rimasero tutte le provincie asiatiche e l'Egitto. Ma la situazione fra M. e Licinio rimase assai tesa, e quando questi si alleò con Costantino, sembra che M. abbia tentato accordi con Massenzio. Secondo il racconto di Lattanzio, per aumentare il proprio prestito, avrebbe voluto divorziare dalla moglie per sposare Valeria, vedova di Galerio, e, irritato per la sua ripulsa, l'avrebbe esiliata insieme con la madre Prisca, moglie di Diocleziano, che invano da Salona chiese che gli fossero rimandate. Vinto e ucciso Massenzio da Costantino (312), scoppiò un nuovo conflitto tra Licinio e M. Questi fu vinto a Campo Sereno presso Adrianopoli 30 aprile 313); riparò in Asia Minore, ma, mentre si preparava a una nuova battaglia, morì a Tarso (estate o autunno del 313).
M. ci è degcritto come un crudele tiranno dedito ai più sfrenati godimenti; egli si ubriacava spesso e infieriva contro i proprî sudditi, curando soltanto di mantenersi l'affetto dei soldati. Ma tali descrizioni sono specialmente in f0nti cristiane portate all'esagerazione, perché M. fu un feroce nemico dei cristiani. Fu zelante esecutore dell'editto di persecuzione di Diocleziano; ma applicò in ritardo l'ordine di tolleranza di Galerio. Precorrendo in parte l'opera di Giuliano, tentò di rialzare le condizioni del paganesimo, incoraggiando l'apologetica pagana, fondando nuovi templi, specialmente in prossimità delle chiese cristiane, e perfino cercando di contrapporre all'organizzazione della chiesa un ordinamento gerarchico dei sacerdoti pagani. Alcuni aspetti della sua personalità non appaiono del tutto spregevoli, come la disposizione di non tenere conto degli ordini che avrebbe impartiti in stato di ubriachezza, la lotta contro i briganti in Caria e certe notevoli riforme da lui introdotte nei sistemi tributarî e amministrativi, specie in Egitto. Sembra anche che non sia stato nemico delle lettere e delle arti.
Bibl.: O. Seeck, Gesch. des Unterg. der ant Welt, I, Berlino 1895, pp. 42, 43, 99, 109-113, 132-150, e in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IV, coll. 1986-1989; E. Stein, Gesch. des spätröm. Reiches, Vienna 1928, pp. 135-143 (cfr. anche costantino; galerio; licinio; massenzio).