MASO
. Pittore e scultore fiorentino della prima metà del sec. XIV, forse da identificare con un Maso di Banco. Fu celebrato da Filippo Villani (c. 1400) e da L. Ghiberti, il quale ricorda fra altre sue opere, poi scomparse, gli affreschi della cappella di S. Silvestro in S. Croce a Firenze, ancora esistenti. Più tardi (1550) il Vasari attribuì questi stessi affreschi, e molti altri dipinti, a un Tommaso di Stefano detto Giottino, al quale rivolse le stesse lodi che i due precedenti scrittori avevano dato a M., discepolo di Giotto; e confuse artisti e cose diverse in un intrico in cui importa distinguere i gruppi di opere più che i nomi dei pittori.
L'autore degli affreschi di S. Croce (storie di S. Silvestro; scena del Giudizio, nella stessa cappella dei Bardi), cui non v'è ragione di negare il nome ricordato dal Ghiberti, forse fu il maggiore e più individuale fra gl'immediati successori di Giotto: non turbò le qualità essenziali apprese dal maestro, di robustezza plastica e di profondità di spazio, le modificò, diminuendone il vigore, insieme a quello dell'espressione psicologica, ma estendendo il senso di altri aspetti pittorici, soprattutto del colore, sempre in funzione del rilievo, riuscendo in questo a un temperamento ben diverso da quello dei senesi, cui poté anche riguardare. Delle molte opere attribuite a lui, le più importanti, e probabili, sono gli affreschi nella cantoria della chiesa inferiore di S. Francesco ad Assisi, e una Deposizione dalla croce (Firenze, Uffizi) - per certo non di un pittore dell'Italia settentrionale, come fu supposto - in cui il maestro giunge a somma delicatezza.
Delle sculture di M., del quale il Ghiberti ricorda una statua nel campanile di S. Maria del Fiore, nulla finora è stato accertato.
V. tavv. CXV e CXVI.
Bibl.: V. bibl. fino al 1930, in Thieme-Becker, Künstl.-Lex., XXIV, Lipsia 1930; inoltre: B. Berenson, Ital. Pictures of the Renaiss., Oxford 1932.