MASCATE (arabo Masqaṭ, inglese Muscat; A. T., 91)
Città dell'Arabia orientale, capoluogo del sultanato d'‛Omān (protettorato inglese), presso una spaziosa e ben riparata baia del Golfo d'‛Omān, con Gedda e Aden tra i migliori porti della penisola, in quanto domina l'entrata nel Golfo Persico e ha una posizione importante rispetto all'India (di fronte a Karachi). Posta a 23° 37′ N. e 56° 15′ E. ha clima poco adatto agli Europei (salvo nel periodo da novembre a metà marzo), con temperature elevate (media annua 26°,7; giugno 32°,1 e gennaio 20°,7) e piogge scarsissime (130 mm. annui, quasi tutti nei mesi invernali, specie in gennaio); d'estate soffia talora un vento caldo e asciutto dall'interno dell'Arabia che rende il clima insopportabile. Essa è distesa con le sue case bianche dai tetti piatti, all'estremità d'una baia che ha forma di ferro da cavallo ed è lunga 550 m. e larga 250, chiusa verso terra da un rilievo di rocce vulcaniche (serpentine), erte e nude, di colore nerastro (che culminano nel M. Akhḍar, alto più di 2000 m.), qua e là cosparse dai ruderi di torri di guardia del periodo portoghese, e soltanto in vicinanza della città coltivate a vigneto. Il commercio con l'interno, che si svolge attraverso l'uadi Semail, è possibile soltanto dal vicino sobborgo di el-Maṭraḥ (o Muttrah), 5 km. a O., su una baia aperta e sabbiosa, con cui Mascate comunica con barche; ivi dimorano anche molti pescatori ed è punto di partenza di carovane. A Mascate risiede il sultano e l'incaricato d'affari inglese, il primo nel palazzo detto el-Gezera, al centro della città, il secondo a S., presso un basso istmo sabbioso che unisce il forte di Gialāli alla terraferma; il resto è per la massima parte formato da misere case, separate da vie strette e sudice; il bazar ha scarsa importanza, le moschee sono senza minareto.
Nell'antichità e nel Medioevo Mascate è appena ricordata; occupata nel 1506 da Albuquerque, i Portoghesi vi migliorarono il porto e costruirono alcune opere di difesa; fu poi per oltre un secolo persiana e nel 1793 divenne capoluogo del sultanato d'‛Omān. Il suo massimo sviluppo lo ebbe al tempo del sultano Said (1806-1856), sotto il quale fu il centro d'un impero marittimo che si estendeva dal Makran al Mozambico e importante mercato di schiavi e di armi; poi nella seconda metà del sec. XIX cominciò a decadere; quando Palgrave la visita (1863) ha ancora 40 mila ab.; Bent nel 1895 li valuta 20 mila e ora sono soltanto 10 mila (25 mila con el-Maṭraḥ e i dintorni); essi sono assai mescolati, con prevalenza di Arabi (talora con tratti che li accostano a popolazioni africane), Beluci, Persiani e Indiani. Il commercio d'esportazione, che s'aggirava nell'anteguerra sui 6-8 milioni, consiste in datteri, cammelli e cavalli, grano, uva passa, pelli, pesce secco; quello d'importazione (8-10 milioni) consiste in armi, tabacco, materiale da costruzione, viveri. Il porto ha visto nel 1912-13 un movimento di 98 navi e 63 velieri stazzanti 133 mila tonn., aumentato a 436 mila tonn. (417 navi) nel 1930-31. Le industrie locali (lavorazione di cotone e seta, fabbriche di spade e pugnali) hanno ora scarsa importanza.
Bibl.: A. T. Wilson, The Persian Gulf, Oxford 1928; C. E. Eccles, The Sultanate of Muscat and Oman, in Journal of the Central Asia Society, XIV (1927), pp. 19-42.