Masaccio
Il fondatore dell’Umanesimo in pittura
L’importanza di Masaccio e le innovazioni che porta nell’arte sono paragonabili solo a quelle di pochissimi pittori nella storia dell’arte, come Giotto, Caravaggio e Picasso, per il cambiamento segnato rispetto alla pittura precedente. Insieme a Filippo Brunelleschi nell’architettura e a Donatello nella scultura egli può considerarsi il fondatore dell’Umanesimo artistico
Quasi cinquanta anni fa lo studioso Luciano Berti scoprì nella piccola chiesa di S. Giovenale a Cascia di Reggello presso Firenze quella che oggi è considerata la più antica opera di Masaccio giunta fino a noi.
Si tratta di un trittico (tre tavole di legno unite sul retro) raffigurante al centro la Madonna in trono col Bambino e ai lati due santi per parte. Pur con qualche incertezza giovanile, l’opera mostra tutte le novità dell’arte di Masaccio: figure solide e realistiche, caratterizzate psicologicamente e rigorosamente impostate in profondità.
Prima di quest’opera, nulla sappiamo della formazione di Masaccio – pseudonimo di Tommaso di Ser Giovanni Cassai – e di un suo eventuale maestro. Quello che sicuramente possiamo dire è che è nato nel 1401 a San Giovanni Valdarno, che il soprannome, Masaccio, non derivava dal brutto carattere ma dal fatto che si trascurava pensando solo alla pittura e che deve aver studiato l’opera di Giotto, cogliendone il significato più autentico, quello di comprendere e rappresentare l’essenza delle cose e delle persone.
L’arte di Masaccio, pur basandosi sulla lezione di Giotto, è però estremamente moderna, perché egli partecipa attivamente alla vita artistica della Firenze del Quattrocento, rendendosi conto prima di tanti altri dell’importanza della prospettiva del Brunelleschi, del realismo di Donatello e della novità della cultura del Quattrocento (Umanesimo; Rinascimento). Masaccio pone infatti come protagonista della sua pittura l’uomo nella sua realtà e nei suoi sentimenti quotidiani, rappresentandolo perciò con un corpo solido, ben costruito e naturale. L’uomo viene poi inserito dal pittore in uno spazio tridimensionale e reale, costruito in base alle leggi ottiche e alle regole della prospettiva.
Guardiamo per esempio il trittico di S. Giovenale, con le linee del pavimento impostate in prospettiva, le figure realistiche e soprattutto Gesù che, come un qualsiasi bambino, mangia golosamente i chicchi d’uva.
La tradizione ha sempre considerato Masaccio allievo del pittore Masolino da Panicale, anche se dell’influenza di quest’ultimo non c’è traccia nelle opere di Masaccio. Anzi, sembra essere il più anziano e noto Masolino, ancora legato alla tradizione gotica, a subire l’influsso del giovane e rivoluzionario Masaccio. Si può dunque più correttamente dire che tra i due pittori c’è stata una collaborazione. Proprio analizzando un dipinto realizzato in coppia, la S. Anna con la Vergine, il Bambino e angeli, si può cogliere il rapporto tra i due artisti: la s. Anna di Masolino, pur essendo un’immagine grandiosa, risulta più piatta e meno naturalistica della solida figura della Vergine di Masaccio, costruita grazie a un perfetto gioco di luce e colore. Sembra perciò molto appropriato il giudizio del pittore e scrittore del Cinquecento, Giorgio Vasari, che nelle sue Vite dice a proposito di Masaccio che «le cose dipinte prima di lui erano dipinte, dove le sue si dimostrano vive e vere».
Nel 1426 Masaccio dipinge a Pisa per la chiesa del Carmine un polittico (struttura formata da più tavole di legno unite), le cui parti sono ora purtroppo divise tra vari musei. Dell’opera fa parte una tavola con l’Adorazione dei Magi, ora conservata a Berlino, che può essere messa a confronto con due opere con lo stesso soggetto dipinte quasi contemporaneamente da Lorenzo Monaco e Gentile da Fabriano. L’Adorazione dei Magi del frate Lorenzo Monaco è un’opera che riflette la spiritualità del pittore religioso: il paesaggio è scarno, privo di ornamenti, fiori e animali, le figure sono allungate e spirituali, la capanna viene addirittura trasformata simbolicamente in una chiesa. In tutt’altra maniera interpreta l’evento Gentile da Fabriano, che dipinge la sua Adorazione nel 1423 per l’uomo più ricco di Firenze, Palla Strozzi; la nascita di Cristo diventa quasi una favola, con un grande corteo di gentiluomini, suonatori, falconieri, cavalli, cani e scimmie che vanno a salutare Gesù.
Masaccio dà invece un’interpretazione umana dell’evento, raccontandolo come un fatto veramente accaduto: la scena è impostata secondo le leggi ottiche della prospettiva, i personaggi sono solidi e naturalistici, tanto da proiettare l’ombra sul terreno, e c’è rispetto delle proporzioni fra le varie figure; addirittura, misurandole, possiamo stabilire se esse siano vicine (più grandi) o lontane (più piccole), come in una fotografia.
Tra il 1424 e il 1427 Masaccio e Masolino lavorano al ciclo di affreschi con le Storie di s. Pietro della Cappella Brancacci nella chiesa del Carmine a Firenze. L’episodio più noto dipinto da Masaccio è quello che rappresenta il Tributo della moneta, in cui si narra di quando Gesù, giunto a Cafarnao con gli apostoli, viene fermato da un gabelliere (colui che sta alle porte della città per chiedere da parte dello Stato una tassa) che gli chiede il pagamento del tributo. Gesù ordina quindi a Pietro di pescare un pesce e di aprirgli la bocca perché vi troverà miracolosamente una moneta. L’azione si svolge in tre momenti, in cui compare sempre la figura di Pietro: al centro mentre riceve da Cristo l’ordine di pescare nel lago, a sinistra intento ad aprire la bocca del pesce e a destra mentre paga la tassa con la moneta.
Le figure degli apostoli – disposte a cerchio intorno a Gesù, il fulcro della composizione – sono tutte scalate in profondità e poste all’interno di uno spazio fortemente tridimensionale e realistico; addirittura la scena è costruita con una prospettiva che tiene conto del punto di vista dell’osservatore nella cappella, in modo cioè che l’immagine dipinta sia come un prolungamento dello spazio reale. Inoltre tutti i personaggi, da Cristo agli apostoli fino al gabelliere, sono individuati psicologicamente perché ciascuno di essi è un uomo che reagisce in base al proprio carattere di fronte a un evento straordinario.
Nella pittura di Masaccio quindi l’uomo, inserito in uno spazio realistico, con la sua fisicità e i suoi sentimenti diventa il protagonista dell’evento storico.
Per la chiesa fiorentina di S. Maria Novella, Masaccio realizza l’affresco della Trinità: oltre al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo sono raffigurati Maria e Giovanni Evangelista e in basso inginocchiati i due committenti dell’opera. Il rigore scientifico della prospettiva nella disposizione delle figure, nell’arco e nella volta a botte dell’ambiente che contiene il crocifisso è tale da aver fatto ipotizzare agli studiosi un intervento diretto del Brunelleschi. In realtà non è necessario pensare a una partecipazione diretta dell’architetto, dal momento che Masaccio aveva assorbito completamente il significato e l’uso della prospettiva.
Nella parte bassa della Trinità Masaccio raffigura poi uno scheletro giacente con la scritta «Io fu già quel che voi siete e quel chi son voi ancor sarete»: un’allusione alla morte che colpisce indifferentemente tutti gli esseri umani. Forse un triste presentimento ha guidato la mano di Masaccio in quest’ultima immagine, perché la morte lo coglie giovanissimo mentre lavora a Roma con Masolino agli affreschi della cappella Branda Castiglione della chiesa di S. Clemente, nel 1428. A soli 28 anni muore così un genio, lasciandoci con l’interrogativo su cosa avrebbe potuto fare se fosse vissuto più a lungo.