MARZI MEDICI, Marzio.
– Nacque a San Gimignano il 21 nov. 1511, figlio naturale di Girolamo Marzi, sacerdote e canonico della chiesa collegiata di San Gimignano e della cattedrale di Volterra.
Secondo Pansini sarebbe invece nato a Firenze, ma i documenti notarili riportano come toponimo di provenienza «de Sancto Geminiano». Zio del M. era Angelo che, trasferitosi a Firenze, nel corso della prima metà del ’500 era salito fino ai ranghi più elevati della Cancelleria medicea. Il padre del M., invece, era rimasto a San Gimignano e in breve tempo, anche grazie alla mediazione del fratello, aveva cumulato numerosi benefici ecclesiastici e nel 1519 era stato dichiarato dal cardinale Giulio de’ Medici, futuro papa Clemente VII, suo familiare e commensale. Nel 1537 la famiglia Marzi ottenne, in ricompensa dei servizi resi al duca Cosimo I, il privilegio di aggiungere al proprio il cognome della famiglia de’ Medici.
Il M. crebbe a San Gimignano nella casa di famiglia e, seguendo le orme del padre, prese gli ordini sacri. Nel 1529 era già canonico della locale chiesa collegiata e negli anni successivi cominciò a sua volta ad accumulare benefici ecclesiastici. Di questi, la maggior parte era situata nella diocesi di Volterra, territorio di cui San Gimignano faceva parte; altri erano nella diocesi di Pistoia, come le chiese di S. Michele a Vignole e di S. Maria a Gello, cui aggiunse quella di S. Maria degli Ughi a Firenze e un canonicato nella cattedrale di Pisa. Mostrò per tempo anche una certa propensione per gli studi storico-eruditi, componendo nel 1534 una Historia di tutta la casata de’ Marzi (Arch. di Stato di Firenze, Carte Marzi Medici, Tempi e Vettori, 27, ins. 1).
Le relazioni familiari, e particolarmente la posizione dello zio Angelo alla corte medicea, gli valsero l’assunzione nei ruoli di segretario mediceo, di cui la prima notizia certa è una lettera da lui scritta il 21 marzo 1537 (stile comune 1538) da Pisa, dove aveva seguito la famiglia regnante, al maggiordomo mediceo Pier Francesco Ricci. Per la sua qualifica gli era stato destinato uno stipendio molto alto: al 1551 ammontava a 150 fiorini l’anno, pari a quello di Lorenzo Pagni, uno dei segretari più anziani.
Dopo la nomina a segretario mediceo il M. si era trasferito a Firenze. Il 4 febbr. 1541, come risultato di un complesso scambio di dignità ecclesiastiche, fu eletto vescovo di Marsico, diocesi della Basilicata suffraganea dell’arcivescovado di Salerno, il cui precedente titolare, Angelo Archilegi, fu trasferito al vescovado di Assisi, opportunamente lasciato libero, per spontanea rinuncia, dallo zio Angelo. Per questa promozione si era fatta espressa eccezione al principio che richiedeva per gli eletti a tale dignità la piena legittimità della nascita.
In quel periodo il M. non si recò mai nella diocesi di appartenenza, e continuò a esercitare le sue funzioni di segretario. Nella primavera del 1543 accompagnò Cosimo I nel suo viaggio a Genova per incontrare l’imperatore Carlo V, mentre già nel luglio 1540 aveva accompagnato la coppia ducale in pellegrinaggio alla Verna.
In questi viaggi il M. si occupava della corrispondenza, oltre a mantenere i contatti con i segretari rimasti a Firenze. In questo modo nelle sue epistole, oltre che gli avvenimenti politici, trovano eco anche le iniziative culturali e artistiche di Cosimo I: vi si parla, per esempio, del Bronzino (Agnolo Tori) che dipingeva i ritratti alla famiglia ducale o della prima lezione di anatomia di Andrea Vesalio all’Università di Pisa, appena riaperta per volontà del duca.
Parallelamente alla sua attività di segretario, il M. coltivava interessi letterari ed eruditi nell’ambito dell’Accademia Fiorentina, istituto culturale fortemente voluto e sostenuto da Cosimo, nell’ambito della quale il M. compose e recitò vari componimenti in lode dello stesso duca.
Questa routine fatta di lavoro di ufficio e dotte frequentazioni era destinata a interrompersi nel 1554, quando fu designato arcivescovo di Salerno Girolamo Seripando, che già dalle prime sessioni del concilio di Trento aveva fatto dell’obbligo dei vescovi di risiedere nella loro diocesi uno dei capisaldi ai quali ancorare il rinnovamento spirituale e organizzativo della Chiesa cattolica. Non è noto se il M. sia stato destinatario di inviti diretti da parte di Seripando a trasferirsi nella diocesi di Marsico. Quando, nel gennaio 1558, il M. si decise a partire, nel prendere congedo da Cosimo I affermava che avrebbe voluto recarsi nella sua diocesi, ma che era stato impedito dagli eventi bellici in atto in varie parti d’Italia.
Arrivando a Marsico (1° maggio 1558), il M. era convinto di doversi trattenere per breve tempo, come manifestava nella sua corrispondenza, dove si diceva ansioso di riprendere il suo posto nella Segreteria medicea. Le cose, invece, andarono diversamente ed egli non riprese più le sue passate funzioni. Diversi motivi trattennero il M. nella sua diocesi: essendo il primo vescovo residente, il M. trovò nel clero locale una situazione di degrado e abusi, che richiese molto impegno da parte sua per essere sanata; inoltre Seripando, per rendere più incisiva l’azione dei vescovi, li convocava a frequenti riunioni, non compatibili con lunghi viaggi. Tuttavia il M. riuscì almeno in due occasioni a sottrarsi a questi incontri, facendosi rappresentare da un suo uomo di fiducia. Tra l’altro, a impedire il ritorno in Toscana intervennero anche le condizioni di salute, in quanto nell’estate del 1560 il M. si ammalò di quartana.
Quando nel marzo 1561 Seripando fu designato legato pontificio al concilio di Trento, iniziò una fitta corrispondenza con molti vescovi, per sollecitarne la partecipazione. Oggetto delle sue attenzioni furono in particolare i vescovi suffraganei dell’arcidiocesi di Salerno. Il M. rispose all’invito, chiedendo di essere ospitato nella residenza tridentina dell’arcivescovo. Ottenuto un rifiuto, si decise infine a partire per Trento, dove giunse il 3 ott. 1561. La sua partecipazione ai lavori del concilio fu continua e attiva.
Fra i suoi interventi si ricordano quello del 14 dic. 1562 sulla natura dell’obbligo di residenza dei vescovi, col quale si dichiarò a favore dell’obbligo, ma sottolineando l’irrilevanza della questione se tale obbligo fosse o meno de iure divino; quello del 31 ag. 1562 sulla possibilità di concedere il calice dell’eucarestia ai fedeli, in cui si pronunciò a sfavore di tale possibilità; quello del novembre 1563 sulla ristrutturazione dei benefici ecclesiastici, in cui si rivela larvatamente favorevole al cumulo dei benefici o almeno alla possibilità per il titolare di più benefici di riservarsi una pensione su quelli ai quali avesse dovuto rinunciare; in merito al problema del rapporto fra Chiese metropolitane e suffraganee i suoi interventi miravano a sminuire il potere dei metropoliti: affermò che questi ultimi non dovevano effettuare visite pastorali alle chiese suffraganee, se queste non fossero state preventivamente approvate dai sinodi provinciali, e che le cause criminali riguardanti i vescovi dovevano essere di competenza del papa o, per i reati minori, dei sinodi provinciali, pareri ribaditi in occasione della seduta dell’11 nov. 1563 e sui quali certamente pesò la sua personale situazione.
Durante il soggiorno tridentino, non tralasciò di coltivare i legami con la famiglia de’ Medici, per conto della quale, all’inizio del 1563, intraprese trattative con Antonio Elio, vescovo di Pola e patriarca di Gerusalemme, anch’egli presente a Trento, per indurlo a prestare servizio nella Cancelleria medicea come esperto di linguaggi cifrati, in sostituzione di Pirro Musefilo, da poco scomparso.
Alla chiusura dei lavori conciliari, dopo aver effettuato un breve viaggio a Venezia, fece ritorno in Toscana, dove si trattenne alcuni mesi per sistemare i propri affari e rinunciare, in ottemperanza ai dettami conciliari, ai molti benefici ecclesiastici accumulati. Fece ritorno a Marsico nei primi mesi del 1565 e da allora si dedicò ad applicare nella sua diocesi i principî sanciti dal concilio di Trento. A questo scopo intraprese una lunga controversia giudiziaria contro l’arciprete di Saponara, uno degli ecclesiastici sottoposti alla sua giurisdizione che, spalleggiato dai feudatari locali, i baroni Sanseverino, si arrogava le prerogative del vescovo, specialmente in materia di confessione, cause matrimoniali, sinodi diocesani. La controversia, avviata nel 1572, andò avanti per alcuni anni presso i tribunali pontifici e fu risolta solo al tempo del suo successore.
Il M. passò gli ultimi anni della sua vita a Venezia, dove nel 1573 consacrò la chiesa dei Ss. Rocco e Margherita e dove stipulò alcuni contratti, nei quali veniva definito «Venetiis commorans».
Tutti gli autori riportano che questa permanenza fu determinata da un incarico diplomatico presso la Signoria veneta conferito al M. da Cosimo I de’ Medici, ma di questa notizia non si trova riscontro nell’Archivio mediceo. Il 15 ott. 1574 rinunciò al vescovado di Marsico a favore del nipote, Angelo Marzi Medici.
Il M. morì a Venezia l’11 nov. 1574, come si evince da una lettera del fratello Vincenzo a Francesco de’ Medici (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 667, c. 186; alcuni autori, tra i quali Ughelli, Servanzi Collio, Coppi, Gams, riportano erroneamente il 1573), e fu sepolto presso la chiesa della Madonna dell’Orto.
Da una relazione con Giovanna di Francesco Riccio di Venezia aveva avuto due figlie, Mammea, nata nel 1563, ed Ersilia, nata prima del 1569, cui aveva destinato, come del resto alla loro madre, altrettante donazioni «mortis causa».
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, a p. 476: Carte Marzi Medici. Marzi Medici, Tempi e Vettori, 1, cc. 22, 48, 172v, 202, 211; 8, cc. 15, 52, 66, 73-75; Ceramelli Papiani, 3064; Carte Sebregondi, 3405; Notarile antecosimiano, 17258, cc. 271v, 287v, 304, 335; 17272, cc. 72, 141, 221; 14484, cc. 69v, 135v; Mediceo del principato, 21, c. 30; 332, c. 133; 345, cc. 20, 45, 250; 354, c. 129; 357, c. 421; 358, c. 358; 360, cc. 465, 473 s., 516, 521, 544; 466, c. 79; 473, c. 291; 483bis, c. 697; 485, c. 276; 486A, c. 785 (sulle condizioni di salute del M. a Marsico nell’estate del 1560); 486 bis, c. 745; 491, cc. 226, 554; 495 bis, c. 1220; 497 bis, cc. 1411, 1616; 503, c. 66; 510, c. 496; 515 bis, c. 885; 599, c. 329; 660, c. 238; 1171, cc. 2, 4 s., 15 (a proposito dei ritratti della famiglia de’ Medici eseguiti dal Bronzino), 18, 20-22, 28, 93, 95, 171, 243 s., 266, 286 (sulle lezioni di Andrea Vesalio a Pisa), 333, 337, 354, 370; Depositeria generale, parte antica, 391, c. 1; 392, c. 1; 393, c. 1; 1514, c. 1; 1515 c. 1; Manoscritti, 321, cc. 39v, 51, 55, 101, 106v, 110v, 125; 397, ins. 37; G.V. Coppi, Annali, memorie ed huomini illustri di Sangimignano, Firenze 1695, p. 83; Notizie letterarie dell’Acc. Fiorentina, Firenze 1700, p. 68; P. Farulli, Annali, ovvero Notizie istoriche dell’antica, nobile e valorosa città di Arezzo in Toscana, dal suo principio fino al presente anno 1717, Foligno s.d. [ma 1717], p. 430; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, VII, Venetiis 1721, coll. 519 s.; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, p. 402; L. Pecori, Storia della Terra di San Gimignano, Firenze 1853, p. 375; S. Servanzi Collio, Serie dei vescovi delle chiese cattedrali di Potenza e di Marsico Nuovo nella Basilicata, Roma 1867, p. 30; G. Racioppi, Fonti della storia basilicatese al Medioevo. L’agiografia di s. Saverio del 1162, Roma 1881, p. 91; G. Tassini, Curiosità veneziane ovvero Origini delle denominazioni stradali di Venezia, Venezia 1887 (s.v. s. Geremia); A. Lapini, Diario fiorentino, a cura di G.O. Corazzino, Firenze 1900, p. 140; H. Jedin, La politica conciliare di Cosimo I, in Riv. stor. italiana, LXII (1950), p. 367; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del Principato (1537-1737), Roma 1953, p. 148; G. Pansini, Le Segreterie nel Principato mediceo, in Carteggio universale di Cosimo I de’ Medici, I, a cura di A. Bellinazzi - C. Lamioni, Firenze 1982, p. XXIII; G.A. Colangelo, La diocesi di Marsico nei secoli XVI-XVIII, Roma 1978, pp. 24, 27; J.J. Barcia Goyanes, El mito de Vesalio, Valencia 1994, p. 236; M. Cassese, Girolamo Seripando e i vescovi meridionali, Napoli 2002, pp. 125 s., 149, 151, 226 s.; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, XLIII, p. 144; P.B. Gams, Series episcoporum Ecclesiae catholicae, p. 894; Hierarchia catholica, III, p. 236.