MALACRIDA, Marzio
Nacque nella seconda metà del secolo XVI a San Vito al Tagliamento - presso Pordenone - da Gaspare, podestà cittadino nel 1565. Apparteneva al ramo di una nobile e antica famiglia di origine lombarda, insediatasi in Friuli nel 1274 al seguito di Raimondo Della Torre, vescovo di Como, promosso l'anno precedente al patriarcato di Aquileia. Ebbe un solo fratello, Antonio, provveditore di San Vito nel 1610.
Compì studi giuridici e letterari, probabilmente a Padova: conseguì il titolo di iuris doctor e acquisì la capacità di padroneggiare perfettamente la lingua latina. Intrapresa la carriera ecclesiastica si trasferì a Roma, fu quindi assunto come segretario dall'arcivescovo di Napoli Annibale Di Capua, che accompagnò, nel 1586, nella sua nunziatura in Polonia.
Nominato il 6 settembre, il Di Capua partì da Napoli e si fermò a Roma, dove il 15 novembre ricevette le istruzioni e le lettere credenziali. Ripartì da Roma ai primi di dicembre in compagnia del padre gesuita A. Possevino, dal quale si separò a Venezia. Portava con sé una cospicua sovvenzione pecuniaria destinata al re polacco Stefano I Báthory per favorire la conquista della Moscovia e la formazione di una lega di sovrani cattolici contro i Turchi. A Venzone, a nord di Udine, il nunzio fu raggiunto, il 1 genn. 1587, dalla notizia della morte di Stefano I (12 dic. 1586), che non lasciava discendenti. Il papa Sisto V gli ordinò di proseguire ugualmente il viaggio e di adoperarsi per l'elezione al trono di un principe cattolico che si opponesse alla diffusione delle idee protestanti. I candidati più accreditati erano entrambi cattolici: l'arciduca Massimiliano d'Asburgo, fratello dell'imperatore Rodolfo II, sostenuto da una parte della nobiltà polacca e dal papa che sperava di coinvolgere Polonia, Austria e Spagna in una lega antiturca, e il principe Sigismondo Vasa, figlio di Giovanni III, re di Svezia, e di Caterina Jagellone, appoggiato dalla maggioranza della nobiltà che vedeva nell'elezione di Massimiliano il rischio per la Polonia di cadere sotto la sfera d'influenza asburgica. Le due fazioni contrapposte dei nobili elettori non trovarono l'accordo e, poco dopo la metà di agosto 1587, elessero ciascuna il proprio candidato. La scelta romana di sostenere Massimiliano ben si armonizzava con i sentimenti filospagnoli di Annibale Di Capua.
Il 24 agosto questi inviò il M. a Praga, alla corte imperiale, per riferire a voce ad Antonio Puteo, nunzio pontificio presso l'imperatore, i recenti sviluppi della successione polacca e per informarsi sull'atteggiamento che avrebbe assunto la corte imperiale sulla questione. Ai primi di settembre il M. incontrò Puteo, fu quindi ricevuto in udienza dall'imperatore e, il 23 settembre, ripartì da Praga diretto a Vienna - dove avrebbe incontrato l'arciduca Ernesto d'Asburgo - per poi tornare in Polonia. Massimiliano decise di risolvere il conflitto con un'azione militare ma fu sconfitto e imprigionato. Il 27 dic. 1587 il giovane Vasa fu incoronato re di Polonia col nome di Sigismondo III.
Il rapporto tra Di Capua e il suo segretario si interruppe probabilmente nei primi mesi del 1588. Sembra provarlo una lettera del 27 maggio del Di Capua a Guglielmo di San Clemente, ambasciatore spagnolo in Austria, in cui si parla del "Malacrida che fu mio segretario. Il quale [(] aveva molte pratiche, per cui giudicai necessario levarmelo di casa". Il M. rimase comunque all'estero e tornò a Roma solo nell'ottobre 1589. Durante questo periodo riuscì, con i suoi servigi, a conquistare la stima di numerosi principi e alti prelati, tra i quali lo stesso Sigismondo III, l'imperatore Rodolfo II, l'arciduca Ernesto d'Asburgo, l'infanta di Spagna Isabella Clara Eugenia, il cardinale Andrea Báthory, ma soprattutto il cardinale Giorgio Radziwill, al cui servizio entrò, come segretario, nell'ottobre 1590. In quella veste lo seguì nella legazione in Polonia nel 1592.
Di ritorno nella sua diocesi di Cracovia dopo il conclave che elesse Clemente VIII, Radziwill fu nominato dal nuovo pontefice, nel primo concistoro del 14 febbr. 1592, legato a latere presso Sigismondo III con il compito di celebrarne le nozze con l'arciduchessa Anna della linea stiriana degli Asburgo. Il 19 febbraio il M. ricevette dal segretario pontificio della cifra, Matteo Argenti, il cifrario per il cardinale. La partenza da Roma - secondo il racconto che ne fece il maestro delle cerimonie pontificie Paolo Alaleone, anch'egli al seguito di Radziwill come adiutore - avvenne il 22 febbraio. Il 24 marzo, a San Vito al Tagliamento, il nunzio e il suo seguito furono ospitati nella casa del Malacrida; il 15 aprile resero omaggio alla promessa sposa nella sua città, Graz, e il 25 giunsero a Vienna, dove, il 5 maggio, il cardinale celebrò le nozze, alle quali Sigismondo III fu rappresentato da due suoi ambasciatori che avrebbero accompagnato la sposa in Polonia. Il 24 maggio la spedizione giunse a Cracovia, dove si svolsero solenni cerimonie e festeggiamenti nuziali e dove, il 30 maggio, la regina fu incoronata. La legazione di Radziwill si concluse il 14 giugno, ed egli rimase nella sua diocesi.
Il M. si trattenne in Polonia fino all'inizio del 1593 e giunse a Roma nel marzo seguente, incaricato da Sigismondo III di illustrare a Clemente VIII la difficile situazione determinatasi in Svezia dopo la morte del re Giovanni III Vasa (17 nov. 1592) per l'opposizione della nobiltà - in larga maggioranza protestante - capeggiata da Carlo Vasa, duca di Sudermania e fratello del re defunto, alla successione dello stesso Sigismondo, cattolico e già re di Polonia. Il M. portò a termine l'incarico in modo soddisfacente per il re che, in una lettera da Danzica del 5 sett. 1593 a lui indirizzata, lo ringraziò per l'abilità dimostrata.
Dopo essere stato nominato, nel giugno 1594, canonico della basilica romana di S. Maria in Trastevere succedendo al polacco Tomasz Treter, verso la fine del 1595, il M. si accinse al suo terzo viaggio in Polonia - di cui poteva vantare ormai una notevole conoscenza -, questa volta come nunzio straordinario. Egli doveva preparare il terreno alla successiva missione del cardinale Enrico Caetani che, in qualità di legato a latere, avrebbe dovuto concludere le trattative per una lega antiturca tra Polonia, Transilvania e Impero. Il M. doveva tentare di appianare le diffidenze esistenti tra i sovrani, spesso attenti a salvaguardare interessi dinastici e territoriali in competizione, e soprattutto doveva adoperarsi per rappacificare Sigismondo Báthory, principe di Transilvania e il cardinale Andrea Báthory, suo cugino.
Li dividevano profonde rivalità familiari - Sigismondo aveva fatto decapitare il fratello di Andrea, Baldassarre - e un diverso atteggiamento nei confronti della lega antiturca. Il 25 ottobre il M. ricevette le lettere credenziali e il 12 genn. 1596 giunse a Cracovia, dove incontrò il nunzio ordinario in Polonia Germanico Malaspina. Si recò quindi presso il principe Sigismondo e presso il cardinale Báthory, che il papa invitava a recarsi a Roma affinché, lontano dal suo paese, non fosse di intralcio alle trattative per la lega antiturca.
La legazione del Caetani, che si svolse tra il 25 apr. 1596 e l'aprile del 1597, non conseguì risultati apprezzabili poiché il contrasto di interessi tra i sovrani si dimostrò insormontabile. In particolare la mancata rinuncia dell'arciduca Massimiliano alle sue pretese sul trono polacco, nonostante gli accordi della conferenza di Bytom-Bêdzin (1588-89), presieduta dal cardinale Ippolito Aldobrandini (il futuro Clemente VIII), e la designazione di Massimiliano a capo dell'esercito della costituenda lega suscitavano la diffidenza di Sigismondo III e della nobiltà polacca timorosi di ritrovarsi sul proprio territorio un esercito comandato proprio da chi si era militarmente opposto a Sigismondo Vasa.
Il M. partì da Varsavia dopo il 10 ott. 1596 e giunse a Roma prima della fine di dicembre. Nonostante l'insuccesso della missione, il re di Polonia scrisse al cardinale Francesco Mantica una lettera di encomio per il suo operato.
L'8 genn. 1599 il M. fu nominato segretario del S. Collegio per un anno e fu confermato nell'incarico il 7 genn. 1600. Nel settembre 1603 fu nominato segretario dei Brevi ai principi succedendo al cardinale Silvio Antoniano, morto il 16 agosto, e divenne uno stretto collaboratore di Erminio Valenti (creato cardinale nel 1604), segretario di Pietro Aldobrandini, uno dei due cardinali nipoti di Clemente VIII (l'altro cardinale nipote, Cinzio Aldobrandini Passeri, aveva come segretario l'abate Lanfranco Margotti). Detenne la carica fino al 22 apr. 1605, quando Leone XI, da poco asceso al pontificato, nominò al suo posto il fiorentino Pietro Strozzi.
L'elezione di Paolo V (16 maggio 1605) - che ritenne opportuno, almeno in una prima fase, avvalersi dell'esperienza di numerosi collaboratori di Clemente VIII e che il 26 maggio 1605 affidò la segreteria di Stato al solo Valenti - riportò dal 28 maggio il M. alla corte pontificia come stretto collaboratore del segretario di Stato. Per la conoscenza dei problemi dell'Europa centrosettentrionale, acquisita nelle sue missioni all'estero, gli fu affidata la corrispondenza con le nunziature di Graz, Colonia, Polonia, Praga, Savoia, Venezia e Vienna. Quando, alla fine di agosto, il Valenti fu sollevato dall'incarico e trasferito alla diocesi di Faenza e il suo posto fu preso, ma solo nominalmente, dal cardinale Scipione Borghese Caffarelli, nipote del pontefice, l'ufficio fu di nuovo sdoppiato e le due sezioni affidate ai nuovi segretari di Stato, il M. e Margotti. Nominati il 3 settembre, essi ebbero competenze separate: il M. si occupò delle nunziature di Fiandra, Graz, Colonia, Milano, Polonia, Praga, Svizzera e Vienna, Margotti di tutte le altre.
Verso la metà di luglio 1609, per motivi rimasti oscuri, il M. si licenziò dalla carica di segretario di Stato insieme con quasi tutti i suoi sostituti. Il 4 gennaio dello stesso anno aveva già rinunciato al canonicato di S. Maria in Trastevere. È plausibile, anche se non documentato, un collegamento tra questa decisione e la promozione cardinalizia (24 nov. 1608) di Margotti. Questa promozione - modificando il rapporto tra due personaggi che, pur avendo fatto parte di famiglie cardinalizie fieramente avverse, avevano condiviso per quasi quattro anni, con pari dignità, la direzione della segreteria di Stato - dovette ferire l'orgoglio del M., che si vide in una posizione subalterna, e far svanire in lui le speranze di promozione. In seguito alle dimissioni del M., il solo Margotti diresse, fino alla sua morte (30 nov. 1611), la segreteria di Stato.
Dopo il suo ritiro dalla corte di Roma, i rapporti del M. con i Borghese si raffreddarono, mantenendosi su un piano di deferenza cortigiana, come dimostrano le lettere del M. al cardinale Borghese da Siena (1610) e da Subiaco (1612). Altro tono hanno viceversa quelle indirizzate da Siena (1609) e da Roma (gennaio-febbraio 1614) al cardinale Pietro Aldobrandini, a cui il M. riconfermò la sua fedeltà e i suoi servigi, sollecitandogli inoltre la nomina a vicario della basilica romana di S. Maria in Trastevere - di cui il cardinale era titolare -, che gli fu concessa nel febbraio 1614.
Il M. morì, probabilmente a Roma, certamente dopo l'avvento al pontificato di Urbano VIII (6 ag. 1623).
Si cimentò con la poesia latina e scrisse versi di carattere celebrativo, occasionale ed encomiastico, il cui modesto valore letterario ne ha affidato la memoria a qualche edizione ormai dimenticata o alle carte d'archivio.
A stampa sono: Divus Raymundus, Romae 1601, carme di 742 versi dedicato al re di Spagna Filippo III; De tacitis quae sit potior, epigramma encomiastico dedicato al cardinale Francesco Mantica, in F. Mantica, Vaticanae lucubrationes de tacitis et ambiguis conventionibus, I, Romae 1609, p. [8]; De sacro specu Sublacensi d. Benedicti, Romae 1612, carme di 52 versi.
Opere inedite: Domui Austriae deberi Regnum Poloniae dum de novo rege eligendo comitia habentur Varsaviae prima Augusti 1587 (Udine, Biblioteca comunale Joppi, Fondo principale, 73, c. 12) in cui prende posizione a favore degli Asburgo a proposito della successione al trono polacco; Cur Caesar in altiori Urbis parte habitet, epigramma (ibid., c. 1v); Damon, carme in cui esprime il compianto per la morte del cardinale Silvio Antoniano (ibid., 65, pp. 1-4); Eridanus, carme dedicato a Clemente VIII, Roma properans ad Ioannem Grimanum patriarcham (Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 2104, c. 622); Ad Ludovicum XIII Galliae et Navarrae regem Christianissimum, epigramma di 6 versi (ibid., 2079, c. 264r); De vento aulico, carme di 23 versi, e altri brevi componimenti dedicati a Urbano VIII (ibid., 2079, c. 242; 1955, c. 192; 2081, c. 105r); Ad Franciscum Barberinum cardinalem amplissimum, epigramma (ibid., 2104, c. 167r).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. stor. del Vicariato, Capitolo di S. Maria in Trastevere, 10, f. 17; Arch. segreto Vaticano, Borghese, s. III, 18G, c. 357v, 386r; 48G, c. 81; 89C, cc. 3r, 87, 91r, 112r, 184r; 91D, cc. 101v, 114v-115r; s. IV, 217, cc. 136-151; Fondo Pio, 52, c. 18; Segreteria dei brevi, 233, c. 183; Segreteria di Stato, Germania, 108, cc. 53v, 66r; Segreteria di Stato, Polonia, 25, cc. 114r, 317r; Arch. di Stato di Udine, Fondo Caimo, 91, b. 3, f. 24; Udine, Biblioteca Bartoliniana, Mss., 16, cc. 122-123r; Ibid., Biblioteca comunale Joppi, Fondo Principale, 65, pp. 1-4; 66; 73, cc. 1-12r; Fondo Joppi, 710/II, pp. n.n.; 716; Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 1955, cc. 19r, 48r; 2000, cc. 1-280; 2079, cc. 24r, 264; 2081, c. 105r; 2104, cc. 62r, 167r; 4592, c. 305r; 4810, p. 30; 5919; Chig., M.II.56, cc. 52v, 53v; Urb. lat., 1065, c. 1v; 1071, c. 496r; Vat. lat., 9286, p. 1052; 12294, c. 207r; Vetera monumenta Poloniae et Lithuaniae historiam illustrantia, a cura di A. Theiner, III, Romae 1863, p. 230; Nuntiaturberichte aus Deutschland 1585 (1584) - 1590, II, Die Nuntiatur am Kaiserhofe, II, a cura di J. Schweizer, Paderborn 1912, pp. XLI, 84, 100 s., 548 s.; Instructiones pontificum Romanorum: die Hauptinstruktionen Clemens' VIII. für die Nuntien und Legaten an den europäischen Fürstenhöfen 1592-1605, a cura di K. Jaitner, I, Tübingen 1984, ad ind.; Acta Nuntiaturae Polonae, I, a cura di H.D. Wojtyska, Romae 1990; XV, 1, a cura di L. Jarmiński, Cracoviae 2000; XVIII, 1, a cura di A. Tygielski, Romae 1990, ad indices; L. Allacci, Apes Urbanae, sive De viris illustribus, Romae 1633, pp. 189 s.; G. Liruti, Notizie delle vite ed opere scritte da letterati del Friuli, IV, Venezia 1830, pp. 409-412; A. Altan, Memorie storiche della terra di San Vito al Tagliamento, Venezia 1832, pp. 82 s.; J. Kolberg, Beiträge zur Geschichte des Kardinals und Bischofs von Ermland Andreas Báthory, Braunsberg 1910, pp. 100 s., 104-106, 114; L. von Pastor, Storia dei papi, XI, Roma 1958, p. 30; XII, ibid. 1962, pp. 47 s.; Documenta Polonica ex Archivio generali Hispaniae in Simancas, V, a cura di V. Meysztowicz, Romae 1966, pp. 23, 146; J. Semmler, Das päpstliche Staatssekretariat in den Pontifikaten Pauls V. und Gregors XV. 1605-1623, Rom-Freiburg i.B.-Wien 1969, ad ind.; J.W. Wos, Gli avvenimenti in Polonia dopo la morte di Stefano Báthory (1586) nel carteggio di Annibale Di Capua nunzio apostolico, in Arch. stor. per le provincie napoletane, XI (1973), pp. 325 s.; Id., Itinerario in Polonia del 1596 di Giovanni Paolo Mucante cerimoniere pontificio, I, Roma 1981, p. 111; B. Emich, Bürokratie und Nepotismus unter Paul V. (1605-1621), Stuttgart 2001, ad ind.; Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, XLIV, pp. 147, 149, 154; Hierarchia catholica, IV, p. 59.