Marziano da Tortona
Letterato e miniatore, nato a Sant'Alosio, frazione di Castellania, presso Tortona (ma detto ‛ dertonensis ' da Pier Candido Decembrio), verso la fine del sec. XIV, morto dopo il 1422. Appartenne probabilmente alla famiglia Rampini.
Le fonti della biografia di M., a parte i documenti della cancelleria viscontea che testimoniano la sua qualità e attività di segretario ducale, si riducono ad alcuni accenni contenuti nella vita di Filippo Maria Visconti del Decembrio e all'elogio funebre dettato da Gasparino Barzizza. Studiò a Tortona, poi a Pavia, a Padova, a Firenze. Conseguito il grado dottorale, esercitò l'insegnamento della filosofia (ma il Barzizza non dice in quale degli studi citati). Probabilmente a Firenze apprese, o perfezionò, l'arte del minio (di cui diede mirabile prova in un celebratissimo mazzo di tarocchi) e s'iniziò allo studio di D.; dopo un periodo incerto e travagliato, fu dal 1406 a Roma presso Gregorio XII, per passare, forse nel 1409, alla corte viscontea, ove è probabile che prima delle funzioni di segretario abbia, con Giovanni Tiene, assolto quelle di precettore del principe giovinetto. Certo è che alla corte milanese - forse primo - M. lesse Dante. Il Decembrio che, pure segretario visconteo e contemporaneo del tortonese, è fonte attendibilissima, afferma che Filippo Maria " audivit et Martianum dertonensem summa attentione explicantem vulgares libros quos Dantis appellant " (Vita Philippi Mariae tertii Ligurum Ducis, p. 330). E afferma anche che il principe " eruditus est praecipue ex Petrarcae sonitiis confectis materno carmine " (p. 329), pur non precisando chi fosse il lettore. Alle lezioni dantesche di M. non accenna invece il Barzizza, che però insiste, oltre che sul suo senno e sulla sua prudenza, sulla sua eloquenza e dottrina nel campo delle lettere.
L'attività letteraria di M. non ha lasciato per altro che echi, e così pure il suo culto per Dante. Se, com'è possibile credere, spetta a M. il vanto di avere alimentato in Filippo Maria Visconti ancor giovinetto l'amore per D. (d'altronde amato anche dai suoi ascendenti: da Bernabò, che fece copiare e commentare un esemplare della Commedia tenuto in conto di cosa preziosa, al Conte di Virtù, di cui era nota la predilezione per la poesia volgare), risale indirettamente a lui il merito dei successivi sviluppi del culto di D. e, in generale, dei poeti toscani alla corte milanese: chi incaricò Guiniforte Barzizza di leggere e commentare la Commedia e il Filelfo d'interpretare il Petrarca fu appunto l'antico alunno del tortonese, l'ultimo duca visconteo. M., con i suoi interessi danteschi, va così inserito nell'interessante e suggestivo sfondo costituito dalla varia operosità letteraria in atto presso la corte viscontea e di poi sforzesca, nella quale si delinea e si afferma sempre più una predilezione per il volgare, che pur non disattendendo l'ufficialità del latino, si manifesta come tratto caratterizzante e sintomatico, e trova un corrispettivo nel progressivo uso del volgare nell'uso pratico della cancelleria ducale.
Bibl.- M. da Tortona, in " Bollettino della Società per gli Studi di Storia, Economia, Arte nel Tortonese " IV (1904) 27-47 (in appendice, l'ediz. dell'orazione funebre di G. Barzizza, pp. 48-50); L.C. Bollea, L'Abbazia di S. Pietro di Precipiano nel sec. XV, in " Julia Dertona " XXXIII (1912) 17-20; P.C. Decembrio, Vita Philippi Mariae tertii Ligurum Ducis, a c. di F. Fossati, in Rer. Ital. Script.² XX 1, Bologna 1952, 329-330 (importante, su M., la nota del Fossati a pp. 324-325, con numerosi rinvii ai documenti nei quali il nome del tortonese ricorre); M. Vitale, La lingua volgare della Cancelleria visconteo-sforzesca nel Quattrocento, Milano-Varese 1953, 35 e passim.