MARTYRION (ματρύριον, memoria)
I termini martyrion, memoria nell'ambito della chiesa antica, indicarono i luoghi di Terrasanta riferibili a fatti della Bibbia e della vita di Cristo. Più frequentemente però gli stessi termini furono usati per i luoghi che nei cimiteri fuori città avevano raccolto le spoglie mortali dei martiri.
Pare che il m. abbia avuto origine con il culto stesso dei martiri, derivato a sua volta dal culto comune dei morti, allorché alla preghiera per il martire si aggiunse la preghiera per ottenerne l'intercessione (v. Llipsanotica). Presso il m. fu celebrata l'eucaristia, non in occasione dei regolari servizi domenicali, ma nelle ricorrenze anniversarie e in altre occasioni particolari. Per tale ragione i martyria più antichi si distinsero dai normali luoghi di culto e formarono un gruppo particolare di luoghi di culto dedicati a Cristo, sempre più importanti a causa della crescente devozione. La memoria degli apostoli Pietro e Paolo sulla via Appia antica, databile intorno alla metà del III sec., è l'unico m. precostantiniano sicuramente identificato. Eretto su di una precedente area cimiteriale, la memoria sull'Appia antica si componeva principalmente di un cortile e di un portico, quest'ultimo forse destinato al culto. Finora, tuttavia, non è stato possibile stabilire se l'anzidetta memoria sia sorta in quel luogo per ricordare una temporanea deposizione delle spoglie dei due apostoli, o il luogo ove avrebbero soggiornato da vivi.
L'età costantiniana segna la prima grande fioritura di fondazioni memoriali: molte di esse, specialmente a Roma e in Terrasanta, hanno come fondatore lo stesso Costantino o sua madre Elena, oppure altri membri della famiglia imperiale. Pare che tali martyria siano stati i primi edifici monumentali di questo genere; essi comunque costituirono il punto di partenza per gli ulteriori sviluppi.
A Roma si costituirono basiliche accanto ad alcune catacombe in cui erano stati deposti i corpi dei martiri Pietro e Marcellino, Lorenzo, Agnese; rispettivamente ai cimiteri al Vaticano e lungo la via Ostiense le tombe sub divo degli apostoli Pietro e Paolo divennero il centro degli edifici a loro dedicati. Sulla memoria Apostolorum alla via Appia sorse una basilica simile a quella dedicata ai SS. Marcellino e Pietro, senza un legame preciso con il santuario precedente.
Tutti questi martyria non avevano un altare sopra la tomba e forse in essi non esisteva ancora un altare fisso. Ben presto fra i fedeli si diffuse il desiderio di essere sepolti ad sanctos, cioè nelle immediate vicinanze delle tombe. Ciò forse indusse lo stesso Costantino a costruire accanto alla memoria di Pietro e Marcellino il grande mausoleo nel quale fu sepolta sua madre Elena (v.), e sua figlia Costanza ad erigere per sé il mausoleo accanto alla chiesa di S. Agnese (v. roma). La dinastia teodosiana volle il suo mausoleo accanto a S. Pietro. In Terrasanta i martyra di Cristo furono parte di un complesso più vasto di edifici: così a Betlemme e a Gerusalemme, per esempio, il vero m. è un edificio centrale; per la celebrazione dell'eucaristia, in ambedue i casi, si costruì accanto una basilica a cinque navate.
Da quanto s'è detto, risulta chiaro che il m. dei primi tempi ebbe sempre origine dalla venerazione di una tomba o di un luogo di memorie. Senonché sin dall'epoca costantiniana cominciò ad affermarsi un nuovo tipo di m.: quello, cioè, sorto non in corrispondenza di una tomba o di un luogo memoriale, ma per raccogliere le reliquie di un martire. Il primo esempio di questo tipo di edificio memoriale pare che sia stato la chiesa degli apostoli a Costantinopoli, fatta erigere da Costantino o da Costanzo II, per accogliere i corpi degli apostoli Andrea e Luca e del discepolo Timoteo. Il nuovo tipo di m. in breve volger di tempo prevalse e si diffuse in tutto il mondo cristiano.
È nota la traslazione, effettuata a Milano da Ambrogio, vescovo della città, verso la fine del V sec., dei corpi dei martiri Nazario e Celso, Gervasio e Protasio, deposti in due chiese di recente costruzione, le quali divennero così memoriae. Lo stesso procedimento fu forse seguito con il corpo del martire Babila ad Antiochia. Il fiorire dappertutto del culto dei martiri, moltiplicò il sorgere dei martyria. A Roma papa Damaso (366-384) fu il promotore della fondazione di numerosi martyria presso le tombe dei martiri rinvenute in gran parte da lui stesso. Alcuni dei più famosi martyria sorsero a cavallo tra il IV e il V sec., per esempio, il santuario di S. Menas presso Alessandria e quello di S. Eufemia a Calcedonia.
Il collocamento dell'altare sulla memoria fu attuato, forse per la prima volta, nella chiesa della Moltiplicazione dei Pani presso il Lago di Tiberiade, verso la fine del IV secolo. L'espandersi del culto dei martiri nel V e VI sec. ebbe, molte volte, come conseguenza, l'ingrandimento di santuari più antichi o la costruzione ex novo di edifici più ampi. Si ricorda l'ampliamento dei martyria di S. Felice a Cimitile da parte di S. Paolino di Nola (v. nola) e la costruzione di una nuova chiesa a Marusinac presso Salona nella quale fu traslato il corpo del martire Anastasio, tumulato poi dietro l'altare (metà del V sec.).
Ma nel V e ancor più nel VI sec. divenne sempre più frequente la consuetudine di destinare a m. un piccolo edificio appositamente costruito in connessione con un più vasto edificio di culto. Nella maggior parte dei casi però non si trattò di veri e propri martyria, perché l'altare contenne solo particole di reliquie. Nella Siria settentrionale, dal principio del V sec. in poi, nelle chiese di culto normale è di regola destinare a m. il vano meridione dell'abside, che contiene molte volte alcuni sarcofagi con particole di reliquie. Ma anche il corpo di S. Sergio fu probabilmente tumulato in una tricora annessa al santuario della basilica a lui dedicata a Resafa. L'uso di collocare la mensa eucaristica immediatamente sopra la tomba del martire, praticato in Occidente già durante il V sec. in alcuni martyria dell'Africa settentrionale, divenne generale e quasi obbligatorio a partire dal VI secolo. Di conseguenza, alle vecchie basiliche costruite vicino alle catacombe romane se ne sostituirono nuove, costruite così che la mensa potesse collocarsi proprio sulla tomba del martire (per esempio S. Lorenzo, S. Agnese e forse anche SS. Nereo ed Achilleo a Domitilla); o si trasferirono i corpi dei martiri nelle vecchie chiese, dove ovviamente furono collocati sotto l'altare (s. Pancrazio).
A S. Pietro in Vaticano, sotto il pontificato di Gregorio Magno si collocò l'altare su un podio rialzato in una cripta costruita intorno al monumento sepolcrale dell'apostolo. Tale soluzione costituì il modello per le future chiese con cripta dell'alto Medioevo in Occidente. La derivazione del culto dei martiri dal culto comune dei morti, ha indotto alcuni studiosi a supporre che anche l'architettura memoriale derivasse dall'architettura sepolcrale (A. Grabar). Secondo tale ipotesi, i martyria a pianta centrale, in particolare, sarebbero derivati dal mausoleo. Altri ha avanzato l'ipotesi che il transetto delle basiliche avesse il suo modello nei santuarî degli eroi di epoca ellenistica (per esempio Kalydon, secondo E. Dyggve, v. monumento sepolcrale). Si è ritenuto infine che il m. a pianta centrale fosse tipico per l'Oriente, mentre quello a pianta basilicale con transetto fosse proprio dell'Occidente. Pare però più esatto credere che per i martyria siano stati adottati tutti i tipi architettonici in uso per i comuni edifici di culto: dalla basilica semplice a quella con transetto, dall'edificio a pianta centrale con e senza transetto, nella sua ricca varietà di forme alle semplici celle con e senza abside, quest'ultime generalmente annesse ad edifici di culto più ampî.
Bibl.: F. Wieland, Altar u. Altargrab der christlichen Kirchen im 4. Jh., Lpsia 1912; H. Leclercq, in Dict. Arch. Chrét. et de Litur., X, 2, Parigi 1932, col. 2512 ss.; E. Dyggve, Forschungen in Salona, III, 1935, p. 101 ss.; Atti IV Congr. Int. Arch. Crist., I, 1940, pp. 415 ss.; Zeitschr. f. Kirchengesch., 59, 1940, pp. 103 ss.; A. Grabar, Martyrium, I, II, Parigi 1946; F. W. Deichmann-A. Tschira, in Jahrbuch, LXXII, 1957, p. 44 ss.; R. Krautheimer, in Cahiers Arch., II, 1960.