martirio (martiro; martire: cfr. Parodi, Lingua 245)
L'accezione fondamentale di " pena ", " sofferenza ", propria del sostantivo, ha solo in alcuni casi valore generico, alludendo per lo più a un tormento ben determinato. Così il generico alcuno martirio che si manifesta attraverso uno colore purpureo intorno agli occhi (Vn XXXIX 4; " Altri pensa che il vocabolo... alluda a qualche forma di supplizio o tormento fisico ", Sapegno) si precisa nella corona di martiri (immagine analoga, ghirlanda di martiri, in Rime dubbie II 10) con cui Amore / ...'ncerchia gli occhi di D. afflitto per la perdita di Beatrice (sono gli stessi martiri di cui quella pietosa [la Donna gentile] / ... si turbava: XXXIX 9 8 e XXXVIII 10 14).
Ancora legato a Beatrice, come sostiene il Barbi (cfr. Barbi-Maggini, Rime 244 ss.) è 'l martiro che addolora il poeta non meno della pietà che egli sente per sé stesso (Rime LXVII 3): la parola viene così a indicare la pena amorosa che D. stesso soffre, mista a dolcezza - tanto Amor m'avvezza / con un martiro e con una dolcezza, / quanto..., XCI 77; e cfr. anche C 64 se 'l martiro è dolce..., sempre con riferimento alla guerra d'amore -, o quella che altri hanno sofferto e che lo turba profondamente: Francesca, i tuoi martiri / a lagrimar mi fanno tristo e pio (If V 116; cfr. anche Rime dubbie XII 10). In Fiore CLXXIX 14 con martire la Vecchia allude al fatto di essere rimasta spesso scornata, priva del compenso che si attendeva, per il suo ‛ servizio ', dall'amante occasionale.
Nell'Inferno e nel Purgatorio il termine sintetizza le sofferenze cui sono soggetti i dannati e i penitenti. Anche in questi casi, si ha talvolta un riferimento puramente generico, talaltra l'allusione più precisa a una pena determinata: di duol sanza martiri soffrono le anime del Limbo (If IV 28; l'espressione ritorna in Pg VII 28, nella valletta dei principi: Luogo è là giù non tristo di martìri); A quel martiro / venite voi che scendete la costa? (If XII 61; e cfr. anche XIV 65); ma la pioggia de l'aspro martiro è il foco che saetta i sodomiti (If XVI 6; così ancora XVIII 95 e XXVIII 54). In due occorrenze m. indica, per sineddoche, il luogo in cui si sconta la pena: passammo tra i martìri [" tra le tombe che martirizzano i dannati ", Porena] e li alti spaldi (IX 133; ripetuto all'inizio del canto seguente [v. 2], la ripresa ne accentua la stretta connessione a questo). E nel Purgatorio: non mi lascerebbe ire a' martìri / l'angel di Dio (IV 128); m'ha condotto / a ber lo dolce assenzo d'i martìri [la pena dei golosi] / la Nella mia (XXIII 86; v. anche X 109).
Il m. cui, secondo Caifas, convenia / porre un uom per lo popolo (If XXIII 117) è la crocifissione.
In altri casi, per lo più nel Paradiso, il termine allude, più o meno precisamente, al " martirio " vero e proprio, cioè al sacrificio della vita per testimoniare la cristiana (cfr. ‛ martirare ', in Pg XV 108). Così per la sete del martiro s. Francesco andò in Oriente a predicare Cristo e li altri che 'l seguiro (Pd XI 100); il templo / che si murò di segni e di martìri (XVIII 123) è la Chiesa " edificata e consolidata... con miracoli e martirii " (Scartazzini-Vandelli). Cfr. anche Lombardi, Andreoli, Sapegno; il Mattalia chiosa: m. " sarà: tormenti, supplizi sofferti per la Fede, a meno che il vocabolo non sia usato nel suo primo significato (testimonianza). ‛ Martires - spiega Isidoro, Etym. VII, 11 - graeca lingua, testes latine dicuntur... quia propter testimonium Christi passiones sustinuerunt... ' "). Analogamente, Cacciaguida afferma di esser venuto dal martiro a questa pace (XV 148), " de la morte, la quale sostenni come martire, a la pace di vita eterna... E così si dimostra che chi combatte per la fede e muore è martire " (Buti, e così altri, anche fra i moderni; ma il Lana intende " dalla prima vita, ch'è martiro a respetto quella paxe che non aspetta mai guerra né remore ", e il Venturi osserva che D. " così lo canonizza per eccesso di pietà "). L'efficace accostamento ritorna a proposito di Boezio, la cui anima da martiro / e da essilio venne a questa pace (X 128): ma qui, pur se il Torraca afferma che " Boezio fu considerato come un martire della fede " (e cfr. anche Rossi-Frascino), il termine allude alla " morte violenta " del filosofo.
Uno dei rilievi della cornice dei superbi mostrava come in rotta si fuggiro / li Assiri, poi che fu morto Oloferne, / e anche le reliquie del martiro (Pg XII 60: cfr. Iudith. 8 ss.), " scilicet, occisiones militum suorum, et laceram fugam " (Benvenuto; così Lana, Vellutello, Daniello e altri; Torraca); ma " è probabile che martiro sia qui un gallicismo nel senso di ‛ uccisione '... e tutta la frase significherà: ‛ i resti di Oloferne ucciso ', e cioè il suo cadavere... decapitato " (Sapegno; così Casini-Barbi, Scartazzini-Vandelli, Porena e altri; cfr. anche Parodi, Lingua 373-374); oppure: " io capo d'Oloferne in su l'asta portato da Iudei " (Buti e Anonimo, ripreso dal Mattalia; senonché, come osserva il Grabher - e con lui il Porena -, " il capo fu portato a Betulia da Giuditta "). Comunque, il termine è qui strettamente connesso all'idea della " decapitazione ", cui c'è un riferimento preciso del vocabolo là dove si allude alla morte di s. Giovanni, colui... / che per salti fu tratto al martiro (Pd XVIII 135 e XXXII 32; cfr. Matt. 14, 10 ss. [Erode] " decollavit Ioannem in carcere. Et allatum est caput eius in disco et datum est puellae ", ecc.).