MARTINO IV papa
Simone di Brie, nato forse nella Turenna, studiò all'università di Parigi, fu sacerdote della chiesa di Rouen, canonico e tesoriere di quella di Tours, cancelliere di Francia (1260), cardinale (1261). Più volte legato in Francia, conchiuse l'accordo con Carlo d'Angiò (1264), predicò la crociata contro i Hohenstaufen e più tardi (1274) quella contro gl'infedeli, attese con risolutezza e prudenza alla riforma della chiesa francese (1276). Alla morte di Niccolò III, dopo sei mesi di vacanza, fu eletto papa a Viterbo, sotto la pressione di Carlo d'Angiò presente in città (22 febbraio 1281), e coronato in Orvieto (23 marzo), perché i Romani non lo vollero accogliere. Apparve presto come uno strumento in mano del re: gli eonferì infatti l'ufficio di senatore di Roma (29 aprile), diede ai Francesi i massimi uffici dello stato papale, cercò d'impadronirsi, con l'aiuto del re, della Romagna, a cui Rodolfo d'Asburgo aveva rinunziato. Per volere del re, scomunicò Michele Paleologo (18 novembre 1281), dando l'ultimo colpo alle trattative, del resto poco sincere, dell'imperatore per la riunione delle due Chiese, e fornì aiuti a Carlo per la guerra contro l'Oriente. Alla crociata contro gl'infedeli aveva pensato da prima; poi, distratto dalle brighe politiche, se ne distolse. Dopo la rivoluzione dei Vespri, rifiutò l'offerta di sudditanza della Comunità di Sicilia, anzi colpì di gravi censure chiunque vi partecipasse, o le desse favore (7 maggio 1282), e pure vietando il duello tra Carlo d'Angiò e Pietro III d'Aragona, scomunicò questo (18 novembre 1282), lo dichiarò spogliato del regno (21 marzo 1283) e trasfetì la corona a un figliuolo del re di Francia. La morte gl'impedì di vedere l'insuccesso di questa "crociata d'Aragona"; vide però disfatti i Francesi a Forlì 11 maggio 1282) e Roma ribellata a Carlo. E, quantunque riuscisse qui a comporsi con i cittadini, ristabilendo il governo dei due senatori, visse sempre fuori della città, a Orvieto, a Montefiascone, a Città della Pieve, a Perugia: quivi morì il 28 marzo 1285 e fu sepolto nella cattedrale. Uomo d'integra vita e di molta carità, protettore degli ordini mendicanti, fu debole, troppo dominato da interessi politici, troppo devoto a Francia e all'Angiò. Dante lo pone tra i golosi poiché troppo gli piacquero "l'anguille di Bolsena e la vernaccia" (Purg., XXIV, 20-24).
Bibl.: Manca un buon lavoro d'insieme. Registri fino al 1284, in Bibl. des Écoles françaises d'Athènes et de Rome, 2ª s., XVI (1901); inoltre A. Potthast, Reg. pontif. Roman., II, Berlino 1875, p. 1756 segg.; Liber pontificalis; ed. Duchesne, II, pp. 459-65; Tholomaei Lucensis, Annales. Mon. Germ. Hist., Script. rer. German., n. s., VIII (1930), pag. 193 segg.; F. Gregorovius, Storia della città di Roma, III, i, Torino 1926, p. 83 segg.; É. Amann, in Dict. de théol. cath., X (1928), col. 194 segg.