GIGLI, Martino
Nacque a Lucca il 27 luglio 1511 da Giovan Paolo di ser Nicolao e da Susanna di Stefano Liena. Due componimenti poetici dedicatigli nel 1523 dal suo maestro e congiunto Gherardo Sergiusti, storico e umanista lucchese di simpatie erasmiane, testimoniano la precoce vocazione del G. per le lettere, condivisa del resto da molti membri della famiglia, che era destinata a "conservarsi con l'aiuto delle entrate ecclesiastiche, non avendo ventura nelle cose della mercatura" (Lucca, Biblioteca statale, ms. 1008, Descrizione della famiglia dei Gigli, c. 13r).
Ancora fanciullo, doveva essere ben introdotto nei circoli letterari napoletani, se, nel 1525, il lucchese Giovanni Guidiccioni, vescovo di Fossombrone e letterato, chiedeva al G., che si trovava allora a Napoli, di esprimere a Vittoria Colonna la propria ammirazione. A Napoli il G. si trovava pure nel 1530 per far pratica di commercio sotto la guida del concittadino Francesco Cenami, mercante e cultore di lettere. La protezione del Cenami e l'amicizia del segretario di Vittoria Colonna, Giuseppe Giova, pure lucchese, offrirono al G. vaste opportunità di conversazioni e di incontri, che rafforzarono in lui gli interessi erasmiani ed evangelici già recepiti precocemente sotto la guida del Sergiusti. Nel 1535 il G. incontrò vicino a Lucca, nella villa Buonvisi a Forci, Ortensio Lando, letterato milanese di inclinazioni erasmiane e già filoprotestante.
Nelle Forcianae quaestiones, breve scritto allora composto dal Lando e pubblicato a Napoli nello stesso anno, il letterato affida al G. un ruolo da protagonista in un dibattito sull'eguaglianza dei sessi, tema caro, fra altri, a Erasmo da Rotterdam e a H.C. Agrippa di Nettesheim. Il dialogo, moderato dagli interventi di G. Guidiccioni, si svolge in presenza di quel gruppo di gentildonne e mercanti lucchesi, legato da vincoli parentali e societari, nonché da legami spirituali e religiosi di stampo erasmiano, definito da Caponetto (p. 81) "trafila erasmiana".
L'incontro con Lando ampliò i rapporti del G. con i circoli erasmiani e filoriformati d'Italia e, in particolare, con quelli di Bologna, nei quali Lando era ben introdotto. In questa città, nel corso del 1536 il G., insieme con altri lucchesi, seguì il Sergiusti, chiamato a insegnare nello Studio. Nell'aprile 1538 il G. venne designato dalla Repubblica, insieme con Nicolao Liena, suo congiunto e membro influente della "trafila erasmiana", a porgere il benvenuto a Vittoria Colonna, giunta a Lucca per assistere, insieme con Caterina Cibo, alle prediche di Bernardino Ochino, allora generale dei cappuccini. Alcuni indizi testimoniano in questi anni il crescente interesse del G. per la vita religiosa cittadina.
In seguito alla predicazione dell'Ochino, nel 1538, per esempio, si adoperò con lo zio Matteo affinché il decanato di S. Michele, del quale entrambi erano patroni, offrisse ai cappuccini un terreno per edificarvi un convento. Poco dopo il G. era presente, insieme con lo stesso Matteo e altri familiari delle monache di S. Giovannetto, nel "colloquio" durante il quale si presero provvedimenti per evitare il rinnovarsi di scandalose promiscuità delle suore con i frati di S. Frediano.
Nel 1539, come testimonia Annibal Caro, il G. si trovava nuovamente a Napoli, dove aveva accesso, grazie a Bernardo Tasso e a Vincenzo Martelli, alla corte del principe di Salerno Ferrante Sanseverino e poteva ascoltare le prediche dell'Ochino e quelle di Pietro Martire Vermigli. Nel 1540 Lando lo annovera perciò, insieme con Ludovico Buonvisi, fra i più convinti erasmiani d'Italia e afferma che i due lucchesi, avendo imparato a memoria intere opere di Erasmo, desideravano farle tradurre in volgare a loro spese. Fra queste, La moglie, traduzione italiana a opera dello stesso Lando del colloquio erasmiano Uxor, sive Coniugium, è probabilmente l'unico frammento sopravvissuto o addirittura realizzato di questo ampio progetto. Il nome del G. ricorre frequentemente anche in successive opere del Lando (Sette libri de' cathaloghi, Oracoli de' moderni ingegni).
Nel 1541 il G., insieme con altri cittadini lucchesi amanti delle lettere e sensibili all'insegnamento di Erasmo, aveva convinto Sergiusti a lasciare la cattedra milanese e a riprendere l'insegnamento a Lucca. Dopo la morte del Sergiusti, il G. fece parte della magistratura, presieduta dal gonfaloniere Francesco Burlamacchi, preposta alla conduzione delle scuole. In questa veste, il 28 luglio 1546 contribuì ad assumere l'umanista erasmiano e filoprotestante Aonio Paleario quale primo lettore e sovrintendente del sistema scolastico cittadino. Il rapporto spirituale del Paleario con il G., da lui definito "iuvenem studiosum omnium liberalium artium" (Epistolarum libri IV, p. 242), si rafforzò negli anni successivi e tramite il G. il Paleario conobbe il letterato fiorentino Vincenzo Martelli, allora segretario del principe di Salerno. Non sorprende quindi che il G., negli stessi anni, fosse anche attivo esponente di quella che è stata definita "ecclesia Lucensis", un'adunanza laicale di deciso stampo filoriformato.
Il sodalizio religioso, negli anni 1546-49, si riuniva sia in casa di Vincenzo Castrucci, marito di una sorella del G., sia in quella di Francesco Cattani, coinvolti entrambi nell'estate 1542 nel tentativo di fuga di Girolamo da Pluvio, vicario del convento di S. Agostino, accusato di eresia. Il G., secondo la testimonianza di Rinaldo da Verona, un soldato che frequentava assiduamente le riunioni della conventicola, non avrebbe però mai negato il valore sacramentale della messa e la presenza reale di Cristo nell'eucarestia. Anzi, nel 1548 o 1549, avrebbe condiviso l'opinione che "se si levassino li abusi della Chiesa non ci sarà contrasto alcuno" (Lucca, Arch. arcivescovile, …, Raynaldi Veronensis processus, costituto del 3 genn. 1555, c. 7r).
Dall'agosto 1544 il G. era divenuto titolare, con il fratello Girolamo e lo zio Matteo, della ragione di commercio di Giovanni Buonvisi, in precedenza da essi amministrata. La nuova società, retta da Giuseppe e Simone Turchi, fallì nel 1551, dopo l'assassinio, da parte di quest'ultimo, di Girolamo Diodati, travolta probabilmente anche dalla crisi che investì in quell'anno la mercatura lucchese. Basti dire che, insieme con Girolamo, il G. si era allora indebitato per una cifra di poco superiore agli 8000 scudi con Giovan Girolamo Rossi, vescovo di Pavia e governatore di Roma.
Anche i rapporti d'affari mettono in luce le propensioni del G. per la Riforma. Con i Gigli, per un breve periodo, aveva collaborato ad Anversa anche Vincenzo Castrucci, che nel 1542 era fuggito da Lucca, dove era stato condannato a morte in contumacia per eresia. Il 20 sett. 1550 il G., a Lione, insieme con altri mercanti della nazione lucchese, aveva presenziato alla stesura del testamento olografo, di netta impronta filoriformata, redatto da Francesco di Bonaventura Micheli.
Il G. morì a Lucca nel dicembre 1552.
Aveva sposato in prime nozze Maria Caterina di Martino Bernardini e in seconde Margherita di Michele Guinigi, che gli portò una dote di 1750 scudi. Il Lando, nei Sette libri de' cathaloghi, portava il loro matrimonio a esempio di felicità coniugale. Da lei il G. ebbe tre figli maschi: Giovan Paolo, poi decano di S. Michele, Nicolao e Carlo; e tre figlie: Virginia, Olimpia e Lucia.
Il G., dal 1536 nominato regolarmente in Consiglio, oltre alla carica di conservatore delle lettere e a molte altre cariche minori, ricoprì quella di segretario (1549) e di anziano e fu gonfaloniere nel bimestre gennaio-febbraio 1547. Nel 1539 fu inviato, insieme con Vincenzo Guinigi, come ambasciatore da Cosimo de' Medici per congratularsi delle sue nozze e ribadire le ragioni dei Lucchesi in una vertenza sul commercio delle sete. Nel 1545 fu ambasciatore a Piacenza.
Oltre a possedere una metà della domus magna di famiglia a Lucca, in contrada S. Giusto, il G. fu proprietario di due ville ai Bagni di Corsena e di vari appezzamenti di terreno nel territorio lucchese delle Seimiglia e nella vicaria di Camaiore.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 407, cc. 239r-240r; Ginevra, Archives du Crest, testamento olografo di Francesco di Bonaventura Micheli, Lione, 20 sett. 1550, p. 1; Arch. di Stato di Lucca, Anziani al tempo della libertà, 547, c. 11r; Colloqui, 7, 29 ag. 1538, c. 476; 20 ott. 1538, cc. 486 s.; Cause delegate, 13, costituto di Francesco di Lunardo Baroncini, 14 aprile 1558, cc. 1130-1133; Lucca, Arch. arcivescovile, Tribunale ecclesiastico, Raynaldi Veronensis processus, costituto del 3 genn. 1555, cc. 4v, 7r; Ibid., Biblioteca statale, Mss., 1008: Descrizione della famiglia dei Gigli copiata da una fatta da me Martino di Niccolò di Martino Gigli il 1618, cc. 13r, 32; 1113: G.V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi, cc. 468v-497; G. Sergiusti, Progymnasmaton libellus, Lucae 1523, cc. Kiii, Lv; O. Lando, In Desiderii Erasmi Roterodami funus, Basileae 1540, c. B5v; Erasmo da Rotterdam, La moglie… Tradotta per Andronico Collodio di latino in vulgare, Venezia 1542; O. Lando, Lettere di molte valorose donne, Venezia 1548, p. 73; Id., Oracoli de' moderni ingegni, Venezia 1550, p. 44; Id., Sette libri de' cathaloghi a varie cose appartenenti, Venezia 1552, pp. 292 s.; A. Paleario, Epistolarum libri IV, Orationes XII, De animorum immortalitate libri III, Basileae s.d., pp. 170 s., 242; A. Caro, Lettere familiari, a cura di A. Greco, I, Firenze 1957, pp. 132 s.; G. Guidiccioni, Le lettere, a cura di M.T. Graziosi, I, Roma 1979, pp. 151, 161 n.; G. Sergiusti, Sommario de' successi della città di Lucca, a cura di R. Ambrosini - A. Belegni, Pisa 1997, pp. 136, 141, 143; C. Sardi, Dei mecenati lucchesi del secolo XVI, in Atti dell'Accademia lucchese di scienze, lettere e arti, XXI (1892), p. 65 dell'estratto; G. Sforza, Ortensio Lando e gli usi e costumi d'Italia nella prima metà del Cinquecento, in Memorie della R. Accademia delle scienze di Torino, LXIV (1914), pp. 35-47, 40 s.; S. Seidel Menchi, Sulla fortuna di Erasmo in Italia. O. Lando e altri eterodossi della prima metà del Cinquecento, in Riv. stor. svizzera, XXIV (1974), pp. 581 s.; S. Caponetto, A. Paleario (1503-1570) e la Riforma protestante in Toscana, Torino 1979, pp. 81, 103, 187; R. Sabbatini, "Cercar esca". Mercanti lucchesi ad Anversa nel Cinquecento, Firenze 1985, pp. 35, 124; S. Seidel Menchi, Erasmo in Italia, 1520-1580, Torino 1987, pp. 146, 189; U. Bittins, Das Domkapitel von Lucca im 15. und 16. Jahrhundert, Frankfurt a. M. 1992, pp. 225-250; S. Adorni Braccesi, "Una città infetta". La Repubblica di Lucca nella crisi religiosa del Cinquecento, Firenze 1994, p. 50 e passim; M. Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino 1999, pp. 169, ad indicem.