MARTINENGO
. Nobile famiglia comitale bresciana, conosciuta sotto varî predicati, e tuttora esistente nei rami M. Cesaresco e M. Villagana.
L'origine leggendaria si fa risalire a un conte Tebaldo, cui l'imperatore Ottone I nel 969 avrebbe infeudato vasti possessi nel Bergamasco e nel Bresciano: senza tener conto, naturalmente, di quelle pseudogenealogie che fanno risalire le origini della famiglia ai primi anni dell'era volgare o addirittura al 400 a. C. Con molta verosimiglianza si possono riallacciare i M. alla famiglia longobarda dei conti di Bergamo, come altre famiglie nobili, quali, ad es., quella dei Caleppio; ma in seguito si trasferirono nel Bresciano, formando una nobile consorteria rurale, mentre forse un altro ramo si mantenne nell'ossequio dei vescovi di Bergamo, alcuni dei quali, anzi, appartengono a questa famiglia. Si è pure affacciata l'ipotesi (Guerrini) che gli antichi comites de Martinengo del secolo XI e del principio del sec. XII rimasti bergamaschi, siano diversi da quei de Martinengo (discendenti di Pietro e Lanfranco maiores) che si trovano in territorio bresciano nel sec. XII e seguenti e che divennero poi i potentissimi nobili, suddivisi in numerosi rami: si tratta, con molta probabilità, di rami cadetti che abbandonarono la primitiva sede per divenire - come il ramo bergamasco - vassalli del vescovo di Brescia acquistando vasti possedimenti nella Franciacorta, nella bassa bresciana occidentale e nel Cremonese.
La loro posizione di vassalli vescovili, benché abbastanza autonomi in grazia dei vasti possessi allodiali, ne indica anche la corrente politica, costantemente guelfa, talché alcuni membri ebbero l'alta carica di vicedomini nella feudalità vescovile, di consoli e podestà nella vita politica del comune: l'affermazione di tale famiglia come nobile feudale vescovile si ha precisamente con l'investitura feudale del 2 gennaio 1158, per opera del vescovo di Brescia, Raimondo. Passata Brescia in potere della signoria viscontea, quelli dei Martinengo che si dettero alla professione delle armi, seguirono lo stendardo di Milano, talvolta giungendo a posti di alto comando, di poi furono condottieri per la repubblica veneta e mecenati illuminati: il massimo splendore di questa famiglia ricorre fra la metà del sec. XV e la fine del sec. XVI.
Con la fine del sec. XIV cominciano a individuarsi varî rami che prendono predicati diversi sia dai feudi in proprietà sia da soprannomi divenuti poi ufficiali: essi sono: M. da Barco (creati conti con ducale 15 agosto 1487 in capo a Gian Francesco, capitano e fondatore del castello); M. delle Palle (così detti per esser sorto il loro palazzo sull'area del Campo delle Palle, primitivo stadio di Brescia, creati conti con ducale 20 marzo 1522 in testa a Leonardo III, giureconsulto); M. di Padernello o dalla Fabbrica; M. della Pallata (per aver il loro palazzo, già di Bartolomeo Colleoni, in vicinanza della torre di detto nome); M. conti Palatini (così detti dopo la nomina a tale grado dei tre fratelli Annibale Carlo ed Ercole nel 1497, ramo tuttora continuantesi nella discendenza del sen. Giovanni Francesco); M. Colleoni (conti dal 1535, ereditarono il secondo cognome dal grande condottiero Bartolomeo Colleoni, le cui tre figlie avevano sposato tre Martinengo [Gerardo Martinengo Colleoni, Gaspare Martinengo della Pallata, Giacomo Martinengo della Mottella]: di questo ramo Giovan Francesco (1548-1621), cavaliere della SS. Annunziata, fu sempre al servizio di casa Savoia, e i suoi discendenti per quasi un secolo furono marchesi di Pianezza); M. di Cadivilla (conti dal 1707); M. Cesaresco (detti così dal capostipite Cesare I, nonno del mecenate e guerriero Cesare II il Magnifico, tipico rappresentante del Rinascimento, conti di Orzivecchi dal 1433: si suddivise in diversi rami: dei Camilli, dell'Aquilone Dobla [vivente], del Novarino I e II [vivente], dei Silla); M. di Villachiara (già conti nel sec. XV); M. di Villagana (nel 1670 successero al ramo estinto di Villachiara; un secolo dopo, estinguendosi il ramo di Villagana, ogni predicato passò ai Martinengo Palatini: ma è rimasto d'uso il predicato M.-Villagana); M. della Mottella (già conti nel sec. XV, e suddivisi poi in più rami); M. di Erbusco (il cui attacco al ramo principale è ancora dubbio).
Come ingegneri militari si illustrarono i seguenti membri della nobile famiglia bresciana:
Gerolamo, nato al principio del sec. XVI, morto a Zante il 7 aprile 1570; nel 1550 innalzò baluardi a Corfù, dove era governatore, poi, inviato a Candia, vi costruì il bastione Martinengo. Nel 1559 lavorava alle fortificazioni di Bergamo e nel 1566 a quelle di Udine. Nel 1570 era a Zante a capo di 2000 uomini.
Nestore, figlio di Alessandro conte di Barco, cugino del precedente, nato a Brescia nel 1548, morto verso il 1630. Fu a Cipro come ingegnere e alla presa di Famagosta cadde prigione; non liberato, nonostante il pagamento del riscatto, fuggì in una barchetta giungendo a Tripoli di Barberia, di dove, raccolto da una nave francese, fu portato a Candia: di qui rientrò a Venezia.
Marcantonio, del ramo di Villachiara, nel 1567 era con Emanuele Filiberto, nel 1570 con Carlo IX di Francia, prese parte alla battaglia di Lepanto, comandò le truppe pontificie di Avignone fino al 1577, quando ritornò al servizio dei Francesi. Nel 1582 era con la repubblica veneta, lavorando alle fortezze di Bergamo e di Padova; nel 1593 soprintendeva agl'ingegneri che costruivano Palmanova. Morì nel 1595 a Padova. Ci rimangono alcune sue relazioni su fortezze dello stato veneto.
Bibl.: P. Guerrini, I conti di Martinengo, Brescia 1930.