MOSEBACH, Martin
Scrittore tedesco, nato a Francoforte sul Meno il 31 luglio 1951. Ha ricevuto, per la sua opera, molti riconoscimenti come il premio Heimito von Doderer (1999), il premio Kleist (2002), il Premio di letteratura della Bayerische Akademie der Schönen Künste (2006), il prestigioso premio Georg Büchner (2007) e, nel 2013, il premio letterario della Konrad-Adenauer-Stiftung.
M. ha studiato giurisprudenza a Francoforte e a Bonn, ma contemporaneamente ha avviato la sua attività di scrittura. La sua vasta produzione sconfina, ben oltre i romanzi, anche nel campo delle sceneggiature, dei libretti d’opera, dei reportage, dei testi per la radio, dei saggi letterari e dei racconti. Il suo stile letterario si contraddistingue per l’umorismo e la sottile ironia.
Tra i suoi primi romanzi si segnalano: Das Bett (1983), Blaubart. Drama giocoso (1985), Westend (1992); poi il dramma Rotkäppchen und der Wolf (1988) e i saggi Schermuly. Gegenstände - Ölbilder 1948-1989 (1989) e Schermuly.Abstrakte Strukturen eines neuen Realismus (1991).
Nel 1995 ha pubblicato Stilleben mit wildem Tier. Erzählungen, e l’anno successivo i racconti raccolti sotto il titolo Das Grab der Pulcinellen. Gli scenari d’Italia – Paese che M. ama molto – sono stati indagati nello scritto in prosa Die schöne Gewohnheit zu leben. Eine italienische Reise (1997), e anche nel più recente Die Gärten von Capri(2007). Questi scritti, insieme ai romanzi Die Türkin (1999) e Das Beben (2005), costituiscono un’eccezione rispetto alla zona di Francoforte, che solitamente fa da sfondo ai suoi romanzi. Se al centro di Die Türkin vi sono un viaggio in Turchia e un’immersione negli usi e costumi degli abitanti locali, Das Beben restituisce il ritratto toccante di un re che si è ritirato dall’Inghilterra e che viaggia in India. Ancora il mondo indiano è protagonista di Stadt der wilden Hunde. Nachrichten aus dem alltäglichen Indien (2008). Oltre a queste opere, M. ha scritto i romanzi Eine lange Nacht (2000), Der Nebelfürst (2001), Der Mond und das Mädchen (2007) e Was davon geschah (2010); significative sono anche le raccolte di saggi Du sollst dir ein Bild machen (2005), Das Rot des Apfels (2011) e Als das Reisen noch geholfen hat (2011). L’ultimo suo romanzo, del 2014, dal titolo Das Blutbuchenfest, è ambientato a Francoforte, ma racconta di una signora delle pulizie bosniaca allo scoppio della guerra, ripercorrendone pensieri e riflessioni.
Come saggista M. ha dato alle stampe nel 2006 il volume Schöne Literatur, in cui indaga le connessioni tra teologia e letteratura, ma è tuttavia conosciuto soprattutto come l’autore della raccolta di saggi dal titolo Häresie der Formlosigkeit. Die römische Liturgie und ihr Feind. Il testo è stato pubblicato nel 2002 per una piccola casa editrice, ma ha subito riscosso un enorme successo, tanto da essere acquistato dalla prestigiosa casa editrice Hanser e da venire subito tradotto in inglese e in francese (in Italia il volume è uscito nel 2009, con il titolo L’eresia dell’informe. La liturgia romana e il suo nemico). Si tratta di una raccolta di interventi in ambito liturgico fortemente provocatori, che hanno suscitato critiche per la loro presa di posizione di stampo conservatore. In alcuni passi del saggio M. critica infatti i risultati del Concilio Vaticano II e propone un ritorno alla messa tridentina.
Bibliografia: B. Eilert, Gesellschaftsroman - aber wie?, «Neue Rundschau», 1993, 3, pp. 59-68; S. Kaul, F. Apel, Martin Mosebach, in Kritisches Lexikon zur deutschsprachigen Gegenwartsliteratur, München 1999; L. Jäger, Martin Mosebach, in Eigensinn und Bindung. Katholische deutsche Intellektuelle im 20. Jahrhundert, hrsg. H.-R. Schwab, Kevelaer 2009, pp. 697-709; M. Lorenz, Schleier und Bogen. Zur Poetik M. Mosebachs, Würzbug 2013.