Marta
Sorella di Maria e di Lazzaro di Betania. Nei tre episodi evangelici, in cui ricorre il suo nome, figura come una donna pratica, che sente la responsabilità per l'accoglienza da fare a Gesù, suo ospite (Luc. 10, 38-41; cfr. Ioann. 12, 2), oppure prende l'iniziativa di chiedere al medesimo un miracolo, la resurrezione del proprio fratello, o di consigliarlo a non aprire il sepolcro (Ioann. 11, 39). La confidenza con cui trattava il maestro traspare dal modo con cui ne implora l'intervento taumaturgico, e dal colloquio sulla resurrezione (Ioann. 11, 20-27). Del resto lo stesso evangelista rileva: " Diligebat... Iesus Martham et sororem eius Mariam et Lazarum " (11, 5; cfr. vv. 35 ss.). Di M. non si parla più nel Vangelo e neppure in altri scritti della Bibbia.
La letteratura cristiana (v. MARIA DI BETANIA) ben presto, nell'interpretazione allegorica, presentò la donna come simbolo della vita attiva, segnalando nella sorella quello della vita contemplativa o mistica. Anche se da vari indizi è lecito supporre la sua maggiore anzianità, M. nella leggenda seguì le orme della propria sorella, divenuta personaggio molto più interessante per la sua identificazione con una peccatrice e con Maria di Magdala. Tale posizione di secondo ordine risulta chiara nella Chiesa latina, che celebra la sua festa il 29 luglio (ottava della festa della Maddalena, che cade il 22 luglio); in Oriente le due sorelle sono festeggiate indipendentemente. Il culto di M. si diffuse, insieme con quello della sorella, specialmente in Francia. La sua presenza in Provenza e altrove è affermata nelle varie leggende su Maria Maddalena, tutte dipendenti da una pseudobiografia attribuita senza fondamento a Rabano Mauro. Nel sec. XII si diffonde anche una Vita sanctae Marthae attribuita a Marcella e Sintiche.
D. non conosce - o almeno non vi allude - la leggenda sulla venuta delle due sorelle in Francia. Egli (Cv IV XVII 10-12), citando l'episodio narrato in Luc. 7, 36-50, si limita a presentare M. come simbolo della vita attiva, seguendo un'antica tradizione esegetica. Non accenna neppure a una falsa spiegazione del nome (dall'ebraico mārā', " afflitta ", " amara "; cfr. Ruth 1, 20), quale si legge in autori antichi per accentuare la differenza fra le due vite, una piena di affanni e l'altra beata (in realtà il nome è aramaico e vuol dire " signora ").