Mészáros, Márta
Regista cinematografica ungherese, nata a Kispest il 19 settembre 1931. Con il suo stile limpido e profondo, basato su dialoghi ridotti al minimo e su un uso ardito delle ellissi narrative, ha sostanziato il punto di vista femminile, incoraggiando la presa di coscienza delle donne sulla loro condizione e sostenendone il diritto alla parità nella società socialista, in cui i rapporti familiari erano ancora legati a valori feudali. Per molti anni ha avuto problemi nel suo Paese proprio a causa dei suoi personaggi femminili, considerati troppo aggressivi, e dell'immagine critica che ha dato della realtà ungherese. All'estero è stata invece apprezzata e premiata: Orso d'oro a Berlino per Örökbefogadás, noto anche come Adoption (1975), Gran premio speciale della giuria a Cannes nel 1984 per Napló gyermekeimnek (Diario per i miei figli, girato nel 1982, ma bloccato dalla censura fino al 1984), primo capitolo della tetralogia dei 'diari', un'opera inconsueta che inserisce elementi autobiografici in un ampio affresco storico. Il padre László, scultore, per sfuggire al regime autoritario del suo Paese nel 1936 emigrò in Unione Sovietica con la famiglia, ma fu giustiziato durante le purghe staliniane. Tornata a Budapest nel 1946, dopo la scuola secondaria M. studiò poi al VGIK, l'Istituto di Cinematografia di Mosca, e tra il 1954 e il 1971 realizzò in Ungheria e in Romania circa trentacinque documentari di divulgazione artistica e scientifica. L'esordio nel lungometraggio avvenne con Eltávozott nap (1968; La ragazza), un film sulla disgregazione della famiglia; con esso ebbe inizio la galleria di personaggi femminili che per almeno un decennio avrebbe offerto uno specchio della società socialista, del disagio di vivere delle donne in un contesto che restava autoritario nonostante la dichiarata parità tra i sessi. Seguirono, tra gli altri, Holdudvar (1968, Alone lunare), su una donna che, schiava per anni del marito, lo diviene poi del figlio; Szabad lélegzet (1973; Senza legami), sulle differenze di classe nel rapporto tra un'operaia e uno studente; Örökbefogadás, su un'operaia quarantenne che decide di adottare il figlio di una giovane da lei ospitata. Alla solitudine delle donne dei suoi primi film M. sostituì poi l'autonomia delle protagoniste delle opere successive, come in Kilenc hónap (1976, Nove mesi), su una studentessa che decide di avere un figlio contro la volontà del partner, dove per la prima volta si riprende in diretta un parto in una scena di forte valenza drammatica. Ők ketten (1977, Loro due) è invece la storia della solidarietà tra due donne di età diverse afflitte da insicurezze e problemi coniugali. Alla fine degli anni Settanta l'apertura dell'Ungheria ai rapporti commerciali con l'Occidente ha avuto come effetto in campo cinematografico l'avvio di coproduzioni, spesso con la Francia: così la M. ha potuto realizzare Örökség (1980; Les héritières ‒ Due donne un erede), ambientato negli anni Trenta, in cui per ottenere un'eredità una signora della borghesia dapprima convince una ragazza ebrea a concepire un figlio con il marito, poi invece denuncia entrambi provocando l'arresto dell'uomo e la deportazione della ragazza.
L'avvio dei 'diari' ha costituito un vero e proprio evento cinematografico, riepilogo non solo di una biografia ma anche di nodi cruciali della storia del comunismo. Napló gyermekeimnek racconta dell'adolescente Juli (alter ego della regista) che, tornata a Budapest dall'Unione Sovietica, viene adottata da una funzionaria del partito comunista, ma trova una figura paterna in Janós, comunista critico ed ex compagno della madre adottiva. In Napló szerelmeimnek (1987; Diario per i miei amori) Juli va in Unione Sovietica con una borsa di studio e durante il suo soggiorno l'euforia esplosa in patria dopo la morte di Stalin sfocia nella rivoluzione del 1956. In Napló apámnak, anyámnak (1990; Diario per mio padre e mia madre) Juli torna in Ungheria quando l'insurrezione è ormai repressa e Janos sarà giustiziato. In Kisvilma: az utolsó napló (2000, La piccola Vilma: l'ultimo diario), il prequel della serie, la M. torna all'epoca dell'infanzia raccontando il rapporto con la madre e la lotta per la sopravvivenza della sua famiglia nella Repubblica del Kirghizistan. Nell'intera serie dei 'diari' dunque l'elemento personale e quello politico si intrecciano, applicando con rara chiarezza e complessità una chiave di lettura elaborata dal movimento femminista.
La stessa prospettiva analitica è rintracciabile negli altri film realizzati nel frattempo. La coproduzione La settima stanza (1995) è una riflessione di grande sobrietà sulla ricerca di sé ma anche sulla tragedia della Shoah: la protagonista è suor Teresa della Croce, nata Edith Stein, suora e filosofa ebrea convertita al cattolicesimo, che condivise il destino del suo popolo morendo ad Auschwitz. A szerencse lányai (1998, Ragazze fortunate) descrive i cambiamenti avvenuti all'Est dopo la caduta del comunismo: ambientato al confine tra Russia e Polonia, illustra come il nuovo assetto europeo vi assuma le forme violente della prostituzione e del traffico di droga in mano a potenti gruppi criminali. Coerente con le idee e la poetica dell'autrice è il cortometraggio musicale A csodálatos mandarin (2000, Il mandarino miracoloso) da B. Bártok nella messa in scena della coreografa ungherese Y. Bozsik, in cui la protagonista femminile, che in tutti gli allestimenti precedenti è una marionetta, diventa qui una donna vera.
Szabad lélegzet (Respiro libero) di Márta Mészáros, Quaderno informativo della 9a Mostra internazionale del nuovo cinema di Pesaro, 1973, 55; Marta Mészáros, a cura di M. d'Arcangelo, catalogo del Festival Il cinema delle donne, Firenze 1977; C. Portuges, Screen memories: the Hungarian cinema of Márta Mészáros, Bloomington (IN) 1993.